Attualità

L'INAUGURAZIONE. A Onna le prime case: «Promesse mantenute»

mercoledì 16 settembre 2009
Laggiù c’è il paese 'graffiato' dal ter­remoto: ancora macerie, ancora ca­se crollate, impalcature, cantieri... Più in là c’è però l’altra Onna: quella che ha ripreso a vivere e a sperare. C’è il vil­laggetto antisismico, le casette in legno con i fiori alle finestre, il nuovo asilo... «E­ra una promessa ardita e lo sapevamo, ma grazie a Dio è stata mantenuta», sus­surra Silvio Berlusconi arrivato qui per consegnare le prime case ai terremotati. Qui, stati d’animo diversi si accavallano. C’è gioia e c’è rabbia. C’è fiducia e c’è di­sillusione. «Dove andremo a settembre? No alla deportazione», c’è scritto su un lenzuolo che i cittadini di Tempera, una frazione di Paganica, alzano davanti gli occhi del premier. Il terremoto ha indu­rito i cuori, ha rubato la fiducia e anche il premier capisce le contestazioni inevita­bili. «Le proteste? Sono solo di quei pae­si dove non siamo intervenuti... Ci vuole tempo, ma daremo a tutti una risposta, a tutti una casa...», ripete a bassa voce Ber­lusconi. Più in là Guido Bertolaso, il capo della Protezione civile rinnova la pro­messa: «Entro la fine del mese saranno smontate tutte le tendopoli sotto le qua­li vivono ancora 11 mila persone ed en­tro la fine dell’anno tutti gli sfollati sa­ranno sistemati in nuove abitazioni». Ber­lusconi annuisce: anche lui è certo che per dicembre si potranno ospitare nelle case di legno e in quelle antisismiche 25­30 mila persone. Oggi sono ancora pochi a sorridere, ma è un passo concreto verso il traguardo. È il giorno delle consegna di 93 nuove case. Piccoli fabbricati in legno. Rifiniti, acco­glienti. Le telecamere riprendono mo­menti toccanti della cerimonia. Le mani di Berlusconi che stringono le chiavi. Quelle della signora Giancola (solo lunedì sera era stata estratta a sorte ed era corsa a firmare il contratto di comodato d’uso della casetta numero 39) che le afferrano quasi tremando. C’è emozione. «C’è dav­vero tutto in queste piccole abitazioni. C’è anche il sapone, i bicchieri, gli asciu­gamani, le coperte... Persino il frigorifero è pieno di ogni ben di Dio». Nella cucina vicino alle buste di risotto precotto e alle zuppe in barattolo c’è anche un biglietto di auguri firmato da Berlusconi. La don­na ha gli occhi lucidi. Guarda la nuova ca­sa. Berlusconi sorride leggero e promet­te: «È solo una situazione provvisoria... Vedrete, questa situazione non durerà a lungo, presto Onna sarà ricostruita». È un giorno di promesse e di ricordi. Di speranze e di certezze. «Il 21 settembre riapriranno le scuole e sarà un altro suc­cesso straordinario», ripete con orgoglio il capo del governo. Qualcuno non ci cre­de. Qualcuno contesta ancora. E gli stri­scioni polemici si mischiano ancora a ca­lore ed entusiasmo. «Belle le case di On­na, ma gli altri?», si legge su uno di que­sti. Berlusconi lo guarda e sussurra: «Quel­lo che abbiamo fatti per Onna lo faremo per tutti». È un giorno segnato dai senti­menti. Le telecamere si fermano sul pre­mier che depone una corona di fiori da­vanti alla lapide che ricorda le vittime del terremoto. Indugiano sugli occhi tristi di Giustino Parisse, il giornalista che nel ter­remoto ha perso i due figli e il padre e che si 'aggrappa' al premier per trovare nuo­va speranza: «Abbiamo bisogno di voi». Inquadrano l’Arcivescovo dell’Aquila, monsignor Giuseppe Molinari, che si fa interprete delle speranze della gente d’­A­L bruzzo: «A loro non interessano le chiac­chiere sterili della politica, ma il lavoro, u­na giustizia che funzioni, una più equa redistribuzione delle ricchezze, meno bu­rocrazia e uno Stato che funzioni...». Il premier annuisce, il presule va avanti: «Il Vangelo condanna chi chiacchiera e non fa fatti, ma premia chi agisce corretta­mente... Presidente carissimo le auguro di poter continuare a fare del bene come ha fatto non solo a noi ma a tutta la nostra nazione». Mille mani cercano il premier. Mille bocche lo chiamano. Ma oggi nien­te siparietti. C’è l’inaugurazione dell’asi­lo intitolato a Giulia Carnevale, la giova­ne architetta che aveva ideato e disegna­to il nuovo edificio, ma che il terremoto ha ucciso quel tragico 6 aprile sotto le ma­cerie della casa dello studente dell’Aqui­la. E c’è la corsa al cantiere di Bazzano do­ve sono in costruzione gli appartamenti del progetto «Case». Prima l’unico sipa­rietto della giornata: Giuseppe Mancini, un cinquantenne di un paesino della pro­vincia, abbraccia Berlusconi e lo solleva da terra gridando «Grande Presidente, grazie per quello che ha fatto credendo nella ricostruzione». Poi, sollevando le braccia in alto ad un premier divertito ag­giunge: «Sono 50 anni che lotto contro il comunismo».