Attualità

Tra riforme e proteste. M5S, attacco ai Palazzi

Luca Mazza venerdì 31 gennaio 2014
Nella notte tra martedì e mercoledì, po­che ore dopo la rissa esplosa in Aula per il decreto Imu-Bankitalia, Beppe Grillo prende il telefono e chiama uno dei suoi uomi­ni di fiducia in Parlamento: «Questa non è una battaglia. È scoppiata una guerra e noi dobbia­mo vincerla - grida - . Nei prossimi giorni ci gio­chiamo tutto».Il leader è una furia. L’interlocutore ascolta e basta. Perché interrompere lo sfo­go è una missione impossibile: «Tenete duro. Andate avanti così. Ostacolate i lavori in Parla­mento. Ma arrivati a un certo punto fermatevi. Bisogna studiare un piano serio per porre fine a questa dittatura». La telefonata si chiude con u­na promessa: «Tra qualche ora sarò a Roma con voi, avverti gli altri». È iniziata così la lunga giornata dell’assalto alle istituzioni organizzata dal Movimento 5 Stelle. Impeachment nei confronti di Napolitano, com­missioni occupate, Aule bloccate, uffici della pre­sidenza della Camera sbarrati, spintoni e insul­ti con esponenti degli altri partiti. È un’escalation infinita di terrore che culmina con denunce e l’annuncio di un ricorso alla Corte costituzio­nale contro la presidente Boldrini. Siamo a Montecitorio, ma sembra di essere den­tro un enorme ring dove i grillini danno vita a u­no scontro totale. Grillo la chiama «la nuova Re­sistenza », in un post pubblicato in serata sul blog. In realtà è un clima ad alta tensione che si è respirato in ogni angolo di Montecitorio per ol­tre 12 ore. Il blitz è partito prima delle 8 del mattino. Il tem­po di un’assemblea rapida con circa 80 eletti al quinto piano della Camera e via al caos. Colui che accende la miccia esplosiva è il 26enne deputa­to grillino Vittorio Ferraresi. Entra nell’ufficio di presidenza della commissione Giustizia e lo oc­cupa mezz’ora prima che si riunisca.C’è anco­ra tensione per l’episodio tra Dambruoso (Sc) e Lupo (M5S). Lui si scusa ma i grillini non ci stan­no e chiedono le dimissioni sue e di Boldrini. «È la peggior presidente della Camera della storia», urla il giovane deputato Claudio Sibilia, «se ne deve andare». È solo l’antipasto di quello che accadrà nel giro di pochi minuti. Una ventina di grillini si dirigono in commissione Affari costituzionali per bloccare i lavori sulla legge elettorale. È in atto un’occu­pazione. Scoppia una vera e propria rissa. Spin­toni e minacce verbali costringono i commessi a intervenire. Il presidente Sisto (Fi), comunque, fa in tempo a indire la votazione. I 5 Stelle sembrano arrendersi e decidono di riu­nirsi di nuovo. Prima di pranzo si ritrovano al Senato per la conferenza in cui si presenta la ri­chiesta di messa in stato d’accusa per Napolita­no. Tra le accuse rivolte al capo dello Stato ci so­no il mancato rinvio alle Camere di leggi inco­stituzionali, l’abuso del potere di grazia, la «gra­ve interferenza nei procedimenti giudiziari re­lativi alla trattativa Stato-mafia». Quanto basta, secondo i pentastellati, «a giustificare l’ impea­chment per 'attentato alla Costituzione'». L’at­to viene depositato a Palazzo Madama. Dopo i fatti arrivano nuove bordate di Grillo dirette al­l’inquilino del Quirinale: «Noi rispettiamo quel­lo che abbiamo detto: devono andare a casa tut­ti, a iniziare da Giorgio Napolitano, che studia­va all’università in tempo di guerra. Uno che di­ceva che il fascismo bisognerebbe esportarlo in Unione Sovietica! È un uomo che dovrebbe es­sere a casa e invece sta spalleggiando questa leg­ge elettorale incostituzionale». Intanto a Montecitorio il clima diventa irrespi­rabile. Nel pomeriggio c’è una nuova conferen­za stampa organizzata dai 5 Stelle. Poi si accen­de uno scontro anche tra un giornalista parla­mentare e due deputati M5S che entrano in sa­la stampa e chiedono ai commessi (senza otte­nerlo) che si proceda con l’identificazione. Grillo continua a sparare bordate. L’accusa più dura è in un video in cui denuncia la «situazio­ne metafisica che sta vivendo il Paese», tra la leg­ge elettorale fatta da «un pluripregiudicato (Ver­dini) e un cartone animato (Renzi)», e una pre­sidente della Camera tacciata di incompeten­za ». Il via libera alla riforma per andare alla ur­ne non va giù al leader. Per lui la democrazia è diventata «una dittatura, come nel fascismo». L’Italicum, si diceva. È proprio sulla proposta nata dall’accordo tra Renzi e Berlusconi che si concentreranno le attenzioni dei 5 Stelle nella giornata di oggi. L’idea che sta prendendo cor­po è quella di organizzare un altro show in Au­la sulla legge elettorale. Più o meno come quel­lo di 48 ore fa. Magari chiedendo la collabora­zione e il sostegno ad alcuni parlamentari di pic­coli partiti di opposizione. L’invettiva non si fer­merà. È da stamattina ci sarà anche Grillo. Dice di venire per abbracciare «i suoi guerrieri». Ma il vero obiettivo è trasformare la battaglia in u­na guerra lampo. Contro tutti.