Agorà

Bioparchi. I ragazzi dello Zoom di Torino. Come apprendere il rispetto della natura

Massimiliano Castellani sabato 22 luglio 2017

La vasca con gli ippopotami allo Zoom

Cerchi un po’ d’Africa in giardino e la trovi - assieme a pezzi d’Asia - in quello zoologico di Cumiana. A venti minuti da Torino infatti si ha la possibilità di entrare nel meraviglioso mondo di Zoom. «È il primo bioparco immersivo italiano », dice orgoglioso Gian Luigi Casetta, l’illuminato patron e fondatore di questa straordinaria piana dell’eden che si estende, nella campagna torinese, su una superficie di 160 mila metri quadrati. Un sogno ad occhi aperti per i più piccoli e per gli adulti ai quali viene offerta la possibilità di un’esperienza unica, una giornata da trascorrere in completa armonia in mezzo alla natura più rara e affascinante che esista sul pianeta terra. Uno «Zoom ottico, appunto, per approfondire la conoscenza e far capire ai nostri visitatori, grandi e piccoli, che ciascuno di noi può fare qualcosa di concreto per il futuro della biodiversità».

È il pensiero forte dell’ingegner Casetta, che nei primi anni ’90, fresco di laurea, andò a lavorare in Kenya rimanendo ammaliato dall’immenso patrimonio naturalistico del paese africano. È da quell’esperienza umana e professionale, «molto forte», unita alla visita dei bioparchi avanguardistici americani che nacque l’idea di Zoom. Un progetto privato, «come tutti i giardini zoologici italiani e per questo molto meno sostenuti e quindi meno visitati rispetto a quelli europei», precisa il direttore zoologico, il galiziano Daniel Sanchez che ci accompagna alla scoperta degli oltre 400 animali appartenenti a 86 specie diverse ospitati e accuditi amorevolmente dai circa cinquanta dipendenti della struttura. Visite guidate con “20 talk” diretti dagli stessi operatori. Uno staff giovane e fresco (biologi, veterinari, specialisti in acquariologia, ingegneri, scenografi e botanici) come l’acqua dei pinguini che sguazzano giocosi nella loro baia attigua alla “Bolder Beach”. Una spiaggia da sogno, sabbia bianca su una “barriera corallina” perfettamente riprodotta, regala la sensazione esotica di un po’ di Sudafrica in giardino.

I bagnanti di questa estate sahariana trovano refrigerio e la compagnia dei simpatici bipedi sudafricani. Un tuffo, e poi si passa a un quasi cartoonistico spazio “Madascar”. Una passeggiata tra baobab e una colonia di lemuri che osservano con la stessa curiosità dei viandanti ecologisti. Perché allo Zoom non si è mai turisti per caso. E se lo si era all’ingresso, con l’approfondimento diretto dei vari habitat, la riproposizione dei microclimi e le storie delle singole specie animali e delle «oltre 100 specie vegetali» illustrate nell’area didattica, si cambia rapidamente prospettiva all’uscita. «Al nostro visitatore non viene concessa soltanto l’opportunità di un bel safari » tra le giraffe del “Serengeti Savana”, tra le tigri sonnolente del giardino mistico di “Sumatra” «ma impara attraverso il percorso a comprendere il grande patrimonio animale e vegetale di cui disponiamo e di cui noi uomini siamo la principale causa distruttiva: complici e colpevoli dell’urbanizzazione selvaggia, dell’inquinamento atmosferico e ambientale che sta portando gli animali e le foreste all’estinzione», è l’appello accorato del direttore Sanchez. Cattivi pensieri che vengono immediatamente spazzati via dalla nuova oasi, il “Malawi Beach”. Il lago africano (dalle profondità abissali, grande quanto Liguria e Lombardia messe insieme), patrimonio dell’Unesco, archetipo della biodiversità. «L’undicesima meraviglia del nostro bioparco», proclamano quelli di Zoom realizzato in una scala da “record” continentale: due piscine dove vivono 2mila pesci tropicali e sotto le grotte è possibile fare un incontro ravvicinato - il pubblico è diviso solo dalla vetrata - con gli ippopotami. Il tempo sembra scorrere lentamente nel primo bioparco europeo, come il passo sonnolento delle tre tartarughe delle Seychelles, le care vecchie Aldabra-Ursus (120 anni), Ercole (110) e la “giovane” Atlante, 70 anni. «Ai bambini consentiamo di pulire il carapace della tartaruga e di portargli le foglie di insalata per il pranzo», dice la biologa Valentina Isaja. La filosofia infatti è quella dell’esperienza diretta e al limite dello “sfioramento”, come nel caso dello splendido “spettacolo” dei rapaci all’ “Anfiteatro di Petra”. Scenario archeologico che rimanda alle suggestioni della “città scolpita” della Giordania. Vanta un’arena da 800 posti che ha ospitato il concerto della band del regista Emir Kusturica, e questa è il teatro naturale di aquile, avvoltoi, poiane e barbagianni allevati e monitorati dal falconiere Alessandro Godena.




L’incontro con i rapaci è uno dei momenti in cui la platea delle scolaresche va in delirio, al pari della comparsa del cucciolo di gibbone «battezzato Kiwi, per espresso referendum popolare». Il popolo di Zoom è in crescita del 30% rispetto al 2009, anno di inizio di questa fantastica avventura della grande famiglia allargata dei Casetta. Dall’apertura di marzo alla chiusura, in novembre, allo Zoomentrano circa 300 mila visitatori. «L’obiettivo è superare le 300mila presenze alla fine della stagione in corso. Numeri irrisori però, rispetto ai circa 3 milioni di biglietti che stacca ogni anno lo Zoo di Berlino o i quasi due milioni di presenze dei parchi di Barcellona e Madrid», sottolinea il direttore Sanchez che con il suo staff ogni giorno (dalle 10 alle 18, più le visite notturne) accoglie con il sorriso e con passione tutti quelli che hanno espresso il desiderio di trascorrere un po’ del loro tempo in “contemplazione” delle giraffe e del rarissimo asino somalo («In Eritrea, nelle aree desertiche da cui proviene ne sopravvivono 40-50 esemplari»), guidati dagli esperti keeper che istruiscono sulla preparazione dall’habitat al feeding. Qualcuno potrebbe obiettare che qui dentro si perde il senso della condizione dell’animale in cattività. Ma il direttore Sanchez, riunito in pausa pranzo con i tecnici dello Zoomin una delle sette aree ristoro, a tal proposito rassicura. «In natura molte specie sono a rischio di estinzione e almeno una quindicina sono quelle che abbiamo nel bioparco e che fanno parte del programma di conservazione. I rinnoceronti - ne stiamo cercando uno - ad esempio, sono tra le maggiori vittime dei bracconieri: ogni esemplare frutta anche 1 milione di euro dalla vendita del corno, perciò curarli e proteggerli, in realtà come le nostre, che hanno la possibilità di scambiarsi le varie specie da tutelare, è una grande risorsa. Il futuro, sarà nel grado di responsabilizzazione verso la natura che riusciremo a trasmettere alle nuove generazioni – conclude Sanchez – . I bambini che escono da Zoom imparano sicuramente ad amare gli animali, e questo è il primo passo verso quella cultura del rispetto che ognuno di noi deve al pianeta che ci ospita».