Agorà

Lirica. Vienna sfida la Scala sulle note di «Macbeth»

Giacomo Gambassi, Vienna martedì 10 agosto 2021

Luca Salsi e Anna Netrebko nel “Macbeth” andato in scena all’Opera di Stato di Vienna

L’Opera di Stato di Vienna scippa alla Scala di Milano il Macbeth con la coppia Netrebko- Salsi. C’è chi parla di colpo di mano, ma senz’altro è un’esagerazione seppur qualcuno, con un filo d’ironia, rievochi le tensioni fra il Lombardo- veneto e il cuore dell’impero asburgico che si toccavano con mano mentre Giuseppe Verdi componeva la sua decima opera lirica. Scherzi del destino. Certo, il capolavoro del “cigno di Busseto” che il prossimo 7 dicembre inaugurerà la stagione lirica al Piermarini, con il ritorno del pubblico in sala a piena capienza, ha segnato nelle scorse settimane la riapertura della Staatoper dopo lo stop imposto dalla pandemia. E nella capitale austriaca è andato in scena con le stesse due star che saliranno sul palcoscenico ambrosiano: la “divina” russa Anna Netrebko e il “super” baritono italiano, fra più amati in questi anni, Luca Salsi.


A Vienna hanno presentato la scelta come un’intuizione del nuovo sovrintendente, il serbo Bogdan Roscic, entrato in carica nell’estate 2020. È il successore di Dominique Meyer, alla guida della Scala da poco più di un anno e “autore” dell’opzione Macbeth per il Sant’Ambrogio 2021. Una decisione presa d’intesa con il direttore musicale Riccardo Chailly che sarà sul podio e che così concluderà il trittico “giovane” di Verdi da lui diretto, iniziato con Giovanna d’Arco nel 2015 e proseguito con Attila nel 2018. A Milano i quattro atti saranno proposti nella seconda versione di Parigi del 1865 che ingloba i ballabili «concepiti come parte integrante dell’azione, oltre alla morte di Macbeth prima del coro finale», ha già annunciato Chailly.

“Macbeth” andato in scena all’Opera di Stato di Vienna - Avvenire

Non sicuramente la stessa partitura aperta sui leggii della Wiener Staatsoper dove in buca c’era Philippe Jordan che, dopo aver lasciato l’Opera di Parigi, è dal settembre scorso il nuovo timoniere musicale del maggiore teatro lirico austriaco. Allora, seppur con i dovuti distinguo per la direzione, il resto del cast e la regia (che a Vienna è firmata dell’australiano Barrie Kosky mentre nella metropoli lombarda sarà del collaudato Davide Livermore), la produzione austriaca diventa quasi un’anteprima del 7 dicembre scaligero. O meglio, una sorta di prova generale. Risultato? Gli applausi per “Donna” Anna e il coinvolgente Salsi sono calorosi e senza riserve. Ma la star russa non strega il pubblico e la critica. Vittima forse anche un po’ di stanchezza, la sua Lady Macbeth appare a tratti rigida e ruvida, seppur radiosamente potente. Ad ammaliare è, invece, Anna Pirozzi che sostituisce Netrebko nelle ultime recite. Ha preparato la partitura in modo certosino e già con la cavatina “Vieni! t’affretta” conquista gli spettatori. La sua voce cristallina, con un approccio naturale, accentua per certi versi il carattere inquietante e arcigno ma anche la fragilità della Lady “demoniaca” fino a raggiungere il culmine in “Una macchia è qui tuttora” e nella morte in preda al delirio. Salsi si cala in toto nella parte del generale caro a Shakespeare dove la sete di potere e il tormento traspaiono battuta dopo battuta tra un’impressionante declamazione e il timbro vigoroso: si prende diverse licenze, per due terzi dell’opera si risparmia abbastanza, ma il finale con l’aria “Pietà, rispetto, amore” è monumentale.

Anna Pirozzi e Luca Salsi nel “Macbeth” andato in scena all’Opera di Stato di Vienna - Michael Pöhn

Non ci sarà storia fra Francesco Meli che alla Scala sarà Macduff e il tenore italo-britannico Freddie De Tommaso che ha vestito gli stessi panni a Vienna: benché la sua prova sia convincente, non tocca le corde soprattutto nella celebre aria “O figli, o figli miei... Ah, la paterna mano”. È un Banco più che espressivo Roberto Tagliavini: alla Scala sarà interpretato da Ildar Abdrazakov che, per volontà di Chailly, è già stato Attila il 7 dicembre 2018. Non è, invece, così verdiana l’impostazione di Jordan. Sebbene sia ottima l’intesa con l’orchestra, preparata con accuratezza, e nonostante la sintonia che crea fra la buca e il palcoscenico, si ha come l’impressione di ascoltare un’esecuzione talvolta meccanica e in alcuni passaggi sopra le righe. Ciò che emerge con fatica è lo spettro oscuro dello spartito, quel clima di bramosia, vendetta e morte che segna la psicologia dei protagonisti e che Verdi ha scolpito nell’intero dramma musicale. Indubbiamente a segnare già da ora un punto (e che punto!) a favore di Milano è il coro della Scala. Quello della Wiener Staatsoper è sicuro ed energico: viene, però, penalizzato dalla scelta registica di farlo cantare in gran parte da dietro le quinte per non intaccare il buio della scena. E, se poi si ha ancora in mente “Patria oppressa!” intonata al Piermarini oppure le streghe meneghine in “Che faceste? dite su!” o “Tre volte miagola la gatta in fregola”, beh allora l’orecchio non può che sentenziare di stare dalla parte dell’Italia.

Luca Salsi e Anna Netrebko nel “Macbeth” andato in scena all’Opera di Stato di Vienna - Michael Pöhn

Ciò che si vede dovrebbe essere sinonimo di introspezione. Almeno stando alle intenzioni di Kosky che dalla prossima stagione metterà in scena a Vienna il ciclo Mozart-Da Ponte, a partire da Don Giovanni. In realtà, il suo Macbeth scivola nella monotonia. Domina il nero assoluto, rotto solo da quattro strisce luminose bianche che convergono verso il fondo ma che sembrano due piste d’atterraggio in una notte all’aeroporto. Le streghe sono mimi ermafroditi (forse ispirandosi alle parole di Banco “Dirvi donne vorrei, ma lo mi vieta quella sordida barba”); Lady Macbeth e il marito muoiono fra i corvi; la fuga del figlio di Banco, appena ucciso, è raccontata da una palla che scivola sul cadavere; e il banchetto del secondo atto è un susseguirsi di stelle filanti. Un po’ poco, a dire il vero. Soprattutto se fossimo stati alla prima della Scala.