Agorà

Salone del libro. Versi al femminile contro il fanatismo

Alessandro Zaccuri martedì 13 maggio 2014
«So di essere stata salvata / di essermi infranta e di essermi levata in alto / so che l’oro risplende da lontano / e la poesia che mi ha preceduta / lo stupore che mi ha superata / e gli specchi che scoprono la mia memoria / e il crisantemo solitario / e molto molto / e facile facile / spiccheranno un giorno il volo dal terrazzo della mia anima / come una piuma una piuma / incuranti di me…». Intorno c’è il solito frastuono del Salone, ma mentre Valentina Colombo legge la sua traduzione dei versi di Nada El Hage si crea una bolla di silenzio, che diventa ancora più consistente quando la poetessa libanese scandisce le stesse parole in arabo. È l’incontro fra due mondi, riuscito nonostante la diversità delle lingue.«La poesia è questione di musica - commenta l’autrice -, una musica che non ha nulla di forzato e nasce invece dall’intimo dell’esperienza». A Torino Nada El Hage è arrivata grazie alla pubblicazione di Veli di passione (Interlinea, pagine 128, euro 12, testo originale a fronte), la prima delle sue raccolte a essere presentata al pubblico italiano. Cristiana di Beirut e legatissima al padre, il poeta Ounsi El Hage, è considerata una delle voci più sensibili e ispirate della letteratura araba contemporanea. «Anche se - precisa - ho cominciato a scrivere in francese e solo in seguito sono passata all’arabo».Il Libano è sempre stato un Paese molto vicino all’Europa.«Sì, certo, ma ogni cammino è personale, specie per quanto riguarda la poesia. Quando mi chiedono se mio padre mi ha influenzato, rispondo che un’influenza c’è stata, ma non sul piano letterario. Mio padre è stato importante perché era una persona straordinaria e perché, con la sua umanità, mi ha insegnato a praticare la libertà e il rispetto».Sono i valori di cui il Medioriente di oggi avrebbe bisogno, non trova?«Il Libano è un osservatorio molto particolare. Siamo da sempre un mosaico di culture, una terra in cui diciotto diverse confessioni religiose hanno saputo convivere pacificamente fino a quando, negli anni Ottanta, questa differenza non è stata trasformata in elemento di conflitto. La guerra fu una ferita terribile, che il Paese è riuscito a superare anche grazie all’intervento di Giovanni Paolo II. "Il Libano non è un Paese, è un messaggio", amava ripetere papa Wojtyla. Oggi quel messaggio è tornato attuale, viviamo nuovamente insieme, abbiamo riconquistato libertà di pensiero e di azione, di espressione e di culto. Ma quello che è avvenuto con le cosiddette "primavere arabe" non può non preoccuparci».Perché?«Perché quelle grandi manifestazioni di piazza hanno avuto come effetto una ripresa di fanatismo e violenza. La politica ha impedito l’unica rivoluzione di cui ci sarebbe davvero bisogno, e cioè la conquista della libertà. In Libano, al momento, gli estremisti sono isolati e irrilevanti. Non così in altri Paesi, purtroppo».Adonis, il grande poeta siro-libanese, è persuaso che violenza e fanatismo siano caratteristiche tipiche dei monoteismi.«La mia convinzione è che l’uomo sia incline a fraintendere in modo catastrofico il suo rapporto con Dio. Siamo un’emanazione dell’amore divino e questo rende preziosa e intoccabile la vita di ciascuno. Anziché onorare la luce di cui è un riflesso, l’uomo cerca di sfruttare Dio per i propri scopi, deformandone l’immagine e stravolgendola. L’incomprensione della fede, non la fede, determina la violenza e induce al fanatismo».La sua è una poesia religiosa, a tratti mistica.«La mia storia personale e più ancora quella del mio Paese mi portano a prediligere la dimensione interiore della spiritualità. Non scrivo di Dio perché mi sento obbligata a farlo in quanto cristiana. Il punto è che, riconoscendo la fiamma d’Amore che splende in me, non posso non accorgermi che il medesimo fuoco arde in ogni altra persona. Allo stesso modo, so che nei miei versi agisce una componente femminile molto spiccata, ma non mi riconosco in un’idea femminista della poesia. Cantare la realtà materiale è una via per accedere al mistero dell’anima, e questo riguarda tutti, indistintamente. La poesia esprime sempre e soltanto quello che si vive».