Agorà

Slovenia. L’uomo che inventò la stazione spaziale

Leonardo Servadio lunedì 10 marzo 2014
Poggia leggero sul prato, come un oggetto alieno. Un grande disco nato da un insieme di anelli disposti su piani diversi, con diversa inclinazione. E si stacca come se stesse per decollare, in un dinamismo ove la spinta lineare si somma alla suggestione del moto circolare. Si chiama Centro culturale delle tecnologie spaziali europee (Kulturno Središce Evropskih Vesoljskih Tehnologij, Ksevt) ed è una via di mezzo tra un monumento e un museo, firmato dai più giovani e quotati studi di architettura sloveni: Oifs, Sadar Vuga, Bevk Perovic e Dekleva Gregoric.Il villaggio di Vitanje, nel Nord della Slovenia, dove si trova l’avveniristico Centro, ha la chiesetta col campanile aguzzo, prati verdissimi e sulle vicine colline campeggiano ciuffi di bosco. Ma chi ci viene, più che il panorama idilliaco desidera osservare il Ksevt: e arrivano dalla Nasa e dall’Esa, scienziati, tecnici, astronauti. Perché questo è un po’ un tempio dell’esplorazione spaziale.A Vitanje crebbe Hermann Noordung (nom de plume di Herman Potocnik, 1892-1929). Un nome che dice qualcosa solo a pochissimi al mondo, e tuttavia un grande sloveno, uno dei pionieri dell’astronautica: l’inventore della stazione orbitale. Tanto che quando alla fine degli anni Novanta si costruì la stazione spaziale internazionale, si discusse se non intitolarla proprio a Noordung. Il fatto che fosse sconosciuto ai più portò alla decisione di chiamarla con la sigla Iss, International Space Station. Il museo è una specie di copia architettonica del progetto di Noordung: la sua stazione orbitale reinterpretata in muratura.Morì giovane, Noordung; da figlio di militare e militare lui stesso, visse l’agonia dell’Impero austro-ungarico. Ingegnere, si specializzò a Vienna nella tecnologia nascente del volo che guarda alle stelle. Si era alle origini, l’epoca in cui il tedesco Hermann Oberth, il russo Konstantin Ciolkovskij, l’americano Robert Goddard cominciavano i primi esperimenti con la propulsione a razzo, sognando un giorno di mandare un uomo sulla Luna. Ricerca scientifica e aspirazioni ideali erano strettamente unite. Fu Oberth che nel 1929 guidò il regista Fritz Lang nella stesura del film Una donna nella luna, uno tra i primi di fantascienza spaziale: accurato poiché precisi e realistici erano i calcoli di Oberth e del suo giovane collaboratore Wernher von Braun (il quale sarebbe poi diventato il padre del Progetto Apollo, che veramente portò alla conquista della Luna esattamente quarant’anni più tardi). Guardati come personaggi strampalati dal mondo della cultura loro contemporanea, questi primi scienziati del cosmo posero le basi di quel che oggi è un fatto acquisito: abitare lo spazio è possibile. Goddard cominciò a interessarsi di ricerca spaziale dopo aver letto La guerra dei mondi di H. G. Wells e oggi il principale centro di ricerca della Nasa è a lui intitolato. Ciolkovskij fu il maggior teorico del volo spaziale e – oltre a essere stato il primo a parlare di orbita geostazionaria – fu anche il primo che studiò come compiere un viaggio tra la Terra e Marte. Tutti scrissero molto. Noordung nella sua breve vita ebbe tempo di pubblicare un solo libro, Il problema del volo spaziale. Il motore a razzo, stampato a Berlino poco prima della sua morte, nel 1928. Vi affrontò numerose questioni che hanno a che fare con la colonizzazione dello spazio: tra queste, la più significativa riguarda l’utilizzo dell’orbita geostazionaria. A 35.786 chilometri di distanza dalla Terra, tale spazio orbitale consente a un satellite di restare fermo a perpendicolo su un punto specifico del nostro pianeta, ruotando in sincrono con esso, come se vi fosse collegato da un invisibile filo. Oggi usatissimo per collocarvi gli strumenti adatti alle telecomunicazioni, ai suoi tempi Noordung lo immaginò come il luogo ideale per vivere in permanenza fuori dall’atmosfera e per questo dedicò la maggior parte del suo scritto a tratteggiare l’architettura di una “casa spaziale” che fosse veramente abitabile. Tra le invenzioni di cui corredò il suo progetto, spicca quella della rotazione su un asse centrale: la forza centrifuga così generata avrebbe riprodotto la forza gravitazionale e consentito agli abitanti di non fluttuare nelle condizioni di microgravità tipiche dello spazio extraterrestre.Forse che a qualcuno questa idea risulti familiare? La fece propria Arthur C. Clarke, scrittore di fantascienza del secondo dopoguerra e si popolarizzò nel 1968 grazie al film di Stanley Kubrick 2001: odissea nello spazio, basato su un soggetto dello stesso Clarke. L’assenza di gravità è uno dei maggiori problemi che l’essere umano deve affrontare nei viaggi spaziali: il nostro organismo è fatto per vivere immerso nella gravità e, mancando questa, si generano scompensi che nel giro di qualche mese possono provocare effetti molto negativi.Il progetto di Noordung non è fantascientifico: è fantasioso e scientifico, e costituisce la prima architettura studiata per lo spazio. La Slovenia è un Paese piccolo e giovane. Ha da poco compiuto vent’anni. È importante che il mondo apprezzi i contributi che ha dato alla storia della civiltà, ancor prima di costituirsi come Stato indipendente. Ed è tempo che si dia il dovuto risalto all’opera del grande scienziato Hermann Noordung, il primo architetto dello spazio.