Agorà

Inchiesta. Tv locali a rischio. Cosa fa il governo?

Giacomo Gambassi lunedì 8 dicembre 2014
«Il governo deve decidere se vuole ancora le tv locali». La scritta appare a tutto schermo sul televisore e chiude lo spot che sta andando in onda sulle emittenti di tutta Italia. Il video denuncia il rischio di una dissolvenza a nero per le tv del territorio, piegate dal caos dell’etere, dalla guerra del telecomando e dai canoni di concessione balzati alle stelle. Per 144 stazioni la fine delle trasmissioni è dietro l’angolo: devono restituire le frequenze che lo Stato aveva assegnato loro due anni fa e che creano interferenze con le reti degli Stati vicini. «L’emittenza locale non aveva mai attraversato un momento critico come quello attuale», afferma Marco Rossignoli, coordinatore dell’Aeranti-Corallo, l’associazione che raccoglie mille imprese radiotelevisive. La sua amarezza è legata a un emendamento alla legge di Stabilità che l’esecutivo ha fatto approvare alla Camera: nelle intenzioni del Governo, doveva sostenere le tv locali; secondo gli editori, potrebbe affossarle in modo definitivo. «Non si tratta di una difesa aprioristica, ma di consentire a un settore fondamentale per il pluralismo di continuare a esistere», sottolinea Luigi Bardelli, presidente della Corallo.Da qui la mobilitazione delle emittenti che chiedono ai gruppi parlamentari del Senato, dove arriverà la legge di Stabilità, di intervenire. Sul tavolo una serie di emendamenti che le tv locali hanno messo a punto. Il primo prevede una proroga per la liberazione delle frequenze che entro il 31 dicembre le 144 stazioni devono restituire per sanare la posizione internazionale dell’Italia. «Serve un anno di tempo per affrontare una situazione così complessa», dichiara Rossignoli che prospetta come termine la fine del 2015. Poi c’è l’ipotesi del Governo di assegnare alle tv le frequenze rimaste libere, vale a dire quelle dell’ex beauty contest che sono ancora nelle mani dello Stato dopo le aste andate deserte (una sola è finita a Cairo) oppure che non sono mai state messe a bando. «Chiedevamo da tempo che si imboccasse questa strada – chiarisce il coordinatore –. Ma l’esecutivo ha fatto un errore: non le ha riservate alle tv locali. Ha previsto una gara gratuita a cui possono partecipare anche i network nazionali o i proprietari delle torri di trasmissioni». Che sono di gran lunga favoriti. E sarebbe l’ennesima beffa per le piccole reti.Altro nodo scoperto è quello degli indennizzi economici da dare alle emittenti che scelgono di dismettere in maniera volontaria le frequenze sotto accusa. «Il Governo ha alzato lo stanziamento a 51 milioni di euro – spiega Rossignoli – ma occorre arrivare ad almeno 90 milioni perché la compensazione sia equa. Soltanto così chi ha più di un canale può essere incentivato a lasciato». Secondo l’Aeranti-Corallo, le risorse potrebbero arrivare dai 700 milioni di euro previsti come introito per la vendita di un’ulteriore fetta di banda alle compagnie di telefonia mobile. «Certo – aggiunge Rossignoli – va evitato che un operatore tv possa cedere una sua frequenza ricevendo un indennizzo e poi se ne veda attribuire una gratis nella ripartizione di quelle libere».Come se non bastasse, torna sulla ribalta il telecomando di casa con i numeri che ogni emittente ha nei televisori. Sono stati indicati nuovi criteri per definire le cifre da digitare sul telecomando quando si cerca una stazione. «Se la numerazione venisse rivista – dichiara il coordinatore – le emittenti scomparirebbero dallo schermo e tutti i decoder dovrebbero essere risintonizzati. Serve lasciare tutto com’è oggi». Infine ci sono i canoni che le tv pagano allo Stato: le reti nazionali se li vedranno abbassare, quelle locali lievitare a dismisura. «Ecco la stangata finale su un comparto che è vitale nel panorama informativo e assicura migliaia di posti di lavori», conclude preoccupato Rossignoli.