Agorà

REPORTAGE. Tra i monti azzurri delle Madonie

Alessandra Turrisi venerdì 28 settembre 2012
​Associano il loro nome all’arte rinascimentale e barocca, alla storia più antica, alla maestosità di alberi secolari e paesaggi naturalistici ricchi di biodiversità, alla sapiente tradizione culinaria che in alcune località raggiunge qualità rinomata in tutto il mondo. Le Madonie non sono solo la celebre catena montuosa del Palermitano chiamata anche "gli Appennini di Sicilia", ma collegano una serie di comuni uniti da arte, cultura e tradizioni, da cui hanno spiccato il volo uomini di cultura, come Giuseppe Antonio Borgese, artisti come Fra’ Umile da Petralia e lo Zoppo di Gangi, giornalisti, imprenditori come i fratelli Fiasconaro, leader nella produzione dei panettoni.Il nome sembra avere origine dalla voce greca Maron e dalla punica Marom, che indicano il medesimo significato: «luogo eccelso». E, in effetti, agli occhi dei visitatori le Madonie offrono paesaggi diversi per geomorfologia, versanti e vicende storiche. Dall’incantevole fascia costiera di Cefalù si passa alle alte vette di Petralia e Gangi. Le cime più elevate raggiungono i duemila metri di altezza. Il Parco delle Madonie, istituito nel 1989 dalla Regione siciliana, abbraccia 15 incantevoli borghi che invitano a un viaggio tra natura, arte e tradizioni, centri medievali sorti per lo più durante il periodo arabo-normanno, con notevoli tracce di castelli e fortificazioni, disposti a corona sulla sommità delle colline. Un percorso di curve e tornanti mozzafiato, diventato celebre per la storica competizione automobilistica Targa Florio. Così scrive l’autore di Rubè: «Il paesaggio si slarga, dando adito alla vista fin sulle montagne azzurre del Mezzogiorno… E dopo… la strada costeggia la catena delle Madonie, nome classicamente sonoro di montagne belle come gli Appennini abruzzesi, ombroso di faggi, ricovero di falchi, canore d’acque croscianti e di nomi eroici come il piano della Battaglia, che parecchie volte ricorre in memoria dell’ostinata resistenza musulmana alle armi crociate del conte Ruggero».Luoghi che parlano di storia e di preistoria. Fu la grande scoperta del magistrato-archeologo Antonio Collisani, appena venticinquenne nel maggio 1936, a svelare al mondo scientifico l’esistenza della grotta del Vecchiuzzo, nel territorio di Petralia Sottana, custode dei segreti del passato di quel territorio. È, infatti, la prima e più antica testimonianza del popolamento preistorico nel territorio petralese e risale a un periodo compreso tra il neolitico finale e la prima età del bronzo. Secondo alcune leggende popolari, era un luogo di misteriose sparizioni. In realtà, gli studi successivi alla data del ritrovamento dimostrerebbero una sua destinazione abitativa. In questo sito si è trovata una varietà di ceramica molto particolare, caratterizzata da linee di triangoli, quasi fossero dei merletti, come è possibile notare su alcuni reperti esposti a Petralia, che ha dedicato il museo civico proprio alle collezioni di Collisani.La ricchezza culturale e artistica attraversa i paesi madoniti e li nutre di entusiasmo e attrattività. Gangi, ad esempio, è una terra d’arte che ha dato i natali a moltissimi esponenti di rilievo della cultura siciliana: basta entrare nella Chiesa Madre, per ammirare il Giudizio Universale, capolavoro di Giuseppe Salerno (uno dei due Zoppo di Gangi, l’altro Gaspare Vazzano, autore per esempio della Madonna fra gli Angeli nella Chiesa Madre di Petralia Soprana) e varie statue dello scultore gangitano Filippo Quattrocchi. Polizzi Generosa, per Diodoro Siculo la piccola Atene di Sicilia, diede i natali non solo a Borgese, ma anche al cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, segretario di Stato di Leone XIII. Nella Chiesa Madre lavorarono, tra gli altri, gli scultori della famiglia Gagini. Nel presbiterio si trova un trittico fiammingo, ritenuto uno dei maggiori capolavori dell’arte fiamminga mondiale, per molto tempo considerato opera di un ignoto «Maestro dei fogliami ricamati», mentre Crispino Valenziano in uno studio del 2001 lo attribuisce certamente a Rogier Van der Weyden. Castelbuono è luogo di attrazione turistica per eccellenza, con lo splendido e ben conservato Castello dei Ventimiglia, il museo naturalistico Minà Palumbo e la tradizione culinaria legata alla lavorazione dei funghi.Ma è la natura a dare vero spettacolo in questa fetta di Sicilia settentrionale baciata dal sole e dalla neve. La manna non cade dal cielo, ma è il liquido prodotto dall’albero del frassino, utilizzato come dolcificante naturale, divenuto presidio Slow Food. Il Vallone Madonna degli Angeli conserva la relitta popolazione dell’Abete delle Madonie (Abies Nebrodensis), con i suoi ventinove unici esemplari esistenti in tutto il mondo, considerati in via di estinzione. Salendo verso Piano Pomo, a 1.400 metri d’altezza, al confine dei territori di Petralia Sottana e Castelbuono, emerge per la sua monumentalità il boschetto degli Agrifogli giganti, al cui interno filtra pochissima luce. Alcuni degli esemplari di oltre trecento anni di età, superano i quattordici metri di altezza e i quattro di circonferenza. E, tra i numerosi edifici religiosi sparsi su tutto il territorio, tra i più noti è il santuario della Madonna dell’Alto, del Trecento, a 1.800 metri d’altezza, una finestra da cui è possibile affacciarsi su quasi tutta la Sicilia.