Agorà

Intervista. Timm, gli orrori taciuti della scienza nazista

Daniela Pizzagalli domenica 17 marzo 2019

Alfred Ploetz, il medico del progetto eugenetico nazista - Charles Darwin, naturalista: teorizzò l’evoluzione della specie

«Un uomo di scienza non dovrebbe avere desideri, affezioni - nient’altro che un cuore di pietra». Questa frase di Darwin sta alla base del romanzo di Uwe Timm Un mondo migliore (Sellerio. Pagine 528. Euro 15,00). Libro presentato ieri a Milano a Book Pride e oggi alle 17 a Roma, a Libri Come. Lo scienziato dal cuore di pietra preconizzato da Darwin si incarnò in Germania in Alfred Ploetz, il medico genetista ideatore del progetto eugenetico nazista per la selezione della pura razza ariana.

Da tempo il settantottenne scrittore amburghese maturava l’idea di un romanzo che raccontasse come l’utopia di un mondo migliore potesse degenerare nel sistematico sterminio dei diversi, dei fuori-norma. «Alfred Ploetz era il nonno paterno di mia moglie Dagmar – spiega Uwe Timm – e mio suocero mi ha parlato a lungo di lui. Siamo sposati da cinquant’anni, dunque si può immaginare da quanto tempo m’interesso a questa vicenda, che segue un incredibile percorso perché Ploetz nella seconda metà dell’800 fu un seguace di Etienne Cabet e della sua utopia comunista Icaria, addirittura andò negli Stati Uniti, in Texas, dove era stata fondata una comunità icariana improntata all’uguaglianza e al pacifismo, e fu proprio il sostanziale fallimento di quell’utopia di fronte alla realtà quotidiana, a indurlo a una svolta “scientifica” che fece sfociare il suo razionalismo tecnologico in un’aberrazione selettiva di “igiene razziale”».

La storia di Ploetz e del suo progressivo delirio scientifico, che fra l’altro lo portò a un passo dal premio Nobel, viene rievocata nel romanzo attraverso la testimonianza di un suo vecchio amico, Karl Wagner, che nel 1945, alla fine della guerra, nella Germania devastata viene interrogato da un giovane ufficiale americano di famiglia tedesca, il quale vuole capire come si sia arrivati agli orrori perpetrati dal nazismo, di cui tutti i tedeschi sopravvissuti si dichiarano inconsapevoli. «Il personaggio di Wagner è di fantasia, ma mi è molto caro, perché rispecchia le mie idee, è un uomo di sinistra che è sopravvissuto alla guerra nascosto nella cantina di una libreria antiquaria, un luogo anche metaforico in cui i libri sono visti come oasi di salvezza». Eppure Wagner nel libro si domanda come mai una cultura così raffinata come quella tedesca, con scrittori pieni di umanità, come Goethe, Shiller, Kant, abbia potuto dar spazio a tanta efferatezza.

«È vero, la cultura non dà garanzie, c’erano nazisti musicofili, studiosi di classici. Diciamo che si può solo coltivare la speranza che i libri possano aiutare a sviluppare l’empatia, una percezione più acuta e aperta, ma forse è anche quella un’utopia». In alternanza a quello che potremmo chiamare “il romanzo di Wagner”, si svolge la storia del giovane americano, Michael Hansen, che da bambino è emigrato negli Stati Uniti con la famiglia e ora torna nei luoghi dell’infanzia cercando di reagire alla devastazione con propositi di ricostruzione: «Il Vecchio Mondo è il mio Nuovo Mondo», appunta sul suo diario. «Ho ideato il personaggio di Hansen basandomi sui miei ricordi di bambino: ho vissuto lo strazio del dopoguerra e il drastico cambiamento di mentalità che ha comportato per noi tedeschi. I nostri valori erano cupi, volti alla caduta e alla morte. È stato davvero un momento di rottura sotto tutti i punti di vista, e devo dire che i militari americani hanno contribuito a formare il nostro nuovo approccio alla realtà, è stato un influsso liberatorio, anche dal punto di vista culturale. Quelle biblioteche di libri americani, nel romanzo ideate da Hansen, sono state molto importanti per le nuove generazioni tedesche. Questo non vuol dire che io sia stato un ammiratore acritico degli americani: ho manifestato contro di loro ai tempi della guerra del Vietnam, però non si può negare che nel dopoguerra abbiano avuto un influsso positivo».

Nel 1945, la nuova Europa era tutta da inventare, viene da chiedersi quali sono stati gli errori che hanno impedito che davvero s’instaurasse, per parafrasare il titolo di Timm, “un mondo migliore?”. «L’errore madornale è stato l’instaurarsi della guerra fredda, ma è stata la dittatura stalinista a non lasciare alternative – spiega lo scrittore tedesco – . Come conseguenza c’è stata la rimilitarizzazione della Germania che ha comportato il reinserimento di vecchi nazisti nelle gerarchie. Addirittura è stato riammesso nell’apparato statale un mostro come Globke, che aveva dato dignità giuridica alle leggi razziali » Il giovane Hansen è sicuro che il mondo uscito dai disastri della guerra non cadrà negli stessi errori, ma Wagner lo ammonisce: «La libertà e la giustizia non sono date una volta per tutte, vanno costantemente difese».

«Infatti oggi stiamo assistendo a manipolazioni genetiche che ricordano la selettività eugenetica di Ploetz, si parla di eutanasia, di operazioni sui cromosomi, sul Dna. È un dibattito sempre attuale, che riguarda il rapporto tra scienza e morale. Non tutto quello che si può fare è legittimo dal punto di vista morale». Lo esprime molto bene il personaggio di Wagner, quando dice: «Ploetz mancava di umiltà davanti alla vita. La consapevolezza dell’esistenza nel nostro mondo porta con sé questa umiltà, che non deve per forza derivare dalla fede. Io vivo nell’oscurità, ma proprio in nome della vita come bene unico, che significa anche finitezza, quest’umiltà deve indurci a difenderla, la vita. È il legame che ci tiene uniti».