Agorà

Tokyo 2020. Skateboard, l'oro a 13 anni delle bambine con le rotelle

Alberto Caprotti inviato a Tokyo martedì 27 luglio 2021

Momiji Nishiya, 13 anni, medaglia d'oro nello skateboard a Tokyo 2020

Si chiamano Momiji e Rayssa, nomi da cartone animato. Sono bambine con le rotelle, e le medaglie che si mettono al collo quasi sfiorano l’asfalto come le maniche di Cucciolo. Chissà se e quando capiranno quello che hanno fatto ieri mattina all’Ariake Urban Sport Park saltando con la loro tavola sulla ringhiera di una scala, restando in equilibrio il tempo di capire che no, questa volta non si sbucceranno le ginocchia. E atterrando senza cadere. Chissà se lo sanno adesso che da ieri lo sport mondiale è cambiato per sempre.

Perché Momiji Nishiya, giapponese di Osaka, e Rayssa Leal, brasiliana, hanno 26 anni in due. E hanno vinto la medaglia d’oro e d’argento alle Olimpiadi di Tokyo nello skateboard, specialità Street. Un gioco da ragazzi, un simbolo di libertà che adesso fa quasi paura. Momiji non è la più giovane della storia, per 64 giorni appena Marjorie Gestring, tuffatrice americana, ai Giochi di Berlino nel 1936 conquistò l’oro facendo prima di lei. Ma era un altro mondo, non c’era la sensazione forte di adesso, quella di essere entrati in un’altra dimensione.

Non è solo per l’età, per quelle facce pre-brufoli, i pantaloni rimboccati, le movenze di chi è abituato ad abitare la strada. E neppure per quello che fanno, che per qualcuno non è sport ma solo evoluzione, performance e ribellione. Il fatto è che Momiji e Raissa sono figlie di una generazione piatta che sfreccia in equilibrio, sale e scende, si piega e non si spezza. Cadono e si rialzano, infilano le cuffie nelle orecchie, mettono a palla la colonna sonora della loro vita. Che è sempre un salto, un atterraggio, una curva su due piedi. Vanno scuola, tornano a casa sfrecciando con un piede sopra e l’altro che mulina, si allenano, studiano i movimenti, affilano i tempi. Poi vanno ai Giochi e vincono, battendo la terza classificata, 16 anni lei, un’anziana. Sono divette mondiali adulte, indipendenti, che non hanno bisogno di altro. Sembrano normali ma non lo sono. O forse non lo eravamo noi alla loro età perché ci interessavano solo le figurine dei calciatori e i trucchi per gli occhi alle femmine, e a fare lo sport ci portavano mamma o papà in macchina: judo, calcio, basket o danza, nulla di sovversivo a rotelle ovviamente.

Niente bambole invece qui, Momiji e Rayssa sono professioniste bambine, sotto contratto per milioni di dollari con le multinazionali dell'abbigliamento sportivo, già idoli globali dei teenagers. Le invitavano già prima di Tokyo nei programmi tivù, vantano tra 800 mila e 1,3 milioni di followers a testa su Instagram, decine di milioni di visualizzazioni su YouTube, da cui scaricano i video per studiare evoluzioni e avversarie. "Tutto vero, certo - ha detto Momiji – ma sono cose che mi interessano poco. Io faccio solo ciò che amo, per vincere ogni giorno una sfida con me stessa. Tutte le ragazze adesso sanno che anche loro possono osare. L'importante è che la società giapponese la smetta di discriminare e di trattare come teppista chi sale sulla tavola".

Anche Rayssa, dopo l'argento non ha rinunciato a lanciare un messaggio, subito rimbalzato su Facebook. "Negli skate park ci sono quasi solo maschi - ha detto - noi femmine abbiamo paura di essere prese in giro e di non essere all'altezza. Per questo spesso rinunciamo a fare ciò che sogniamo. Spero che in tutto il mondo ora molte adolescenti osino fare ciò che vogliono".

Libertà vanno cercando, sognano gli skatepark di Venice Beach in California, ma con un orso di peluche in mano, come quello che Rayssa si è portata nel borsone ieri mattina. Era già diventata grande, ma non lo sapeva, è arrivata seconda dietro a Momiji che a 13 anni ha già raggiunto il sogno più alto che uno sportivo possa immaginare. Cosa le resta ora, sarà un traguardo difficile da inventare. Tornando indietro magari, e riavvolgendo le rotelle sotto una tavola. Auguri bambine, ne avete bisogno.