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IL CASO. Siria, a rischio il Crac dei Cavalieri

Giuseppe Caffulli mercoledì 2 gennaio 2013
​Secondo l’Unesco, che lo ha inserito nella lista dei siti Patrimonio mondiale dell’umanità nel 2006, si tratta di uno dei più fulgidi esempi di architettura militare crociata e può essere considerato «l’archetipo del castello medioevale» realizzato dai cosiddetti «monaci guerrieri», gli ordini religiosi cavallereschi, nati per difendere i Luoghi Santi e per assistere i pellegrini in viaggio verso Gerusalemme. Proprio ai Cavalieri dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme è legata la storia del Crac dei Cavalieri, il castello crociato più bello e meglio conservato del Vicino Oriente. Un monumento che, nel gorgo della tragedia siriana, rischia di finire stritolato dalla lotta tra le fazioni in campo. E di avere in sorte quella distruzione alla quale è scampato in mille anni di terremoti, rivolgimenti politici e di battaglie.Le notizie che arrivano dalla regione di Homs, una delle più martoriate della Siria, raccontano infatti che il castello, nelle mani degli insorti contro il regime di Assad, è al centro di aspri combattimenti. Da una parte l’esercito leale al rais di Damasco, che sferra attacchi contro la fortezza, dall’altro le fazioni ribelli, che dall’alto delle mura fortificate sparano senza sosta colpi di mortaio sui villaggi sottostanti: una quarantina di comunità, per un totale di oltre 150 mila abitanti. «Obiettivo dei ribelli - riferiva l’agenzia Fides qualche settimana fa - sono le barricate realizzate dall’esercito siriano». Ma a perire sono soprattutto civili, moltissimi dei quali cristiani, «in un cruento braccio di ferro dove le vittime non sono altro che "danni collaterali" di cui nessuno dei combattenti si preoccupa».Nella regione che collega la Siria interna al mare la conquista del Crac dei Cavalieri, oggi come nel Medioevo, sembra ancora poter spostare - così almeno credono le forze in campo - le sorti della battaglia. Edificato sulla collina di Kalakh nel 1031 dalle milizie curde dell’emiro di Aleppo, con il compito di difendere i territori interni dalle invasioni provenienti dal mare, la fortezza sorge in una posizione strategica. Anticamente era considerato l’invalicabile baluardo a sorveglianza del Passo di Homs, lo sbocco settentrionale della Beqaa, fra il Monte Libano e la catena montuosa dell’Antilibano, che collega la Siria interna con la città rivierasca di Tortosa (oggi Tartus).Le prime incursioni contro la Fortezza dei curdi da parte dei crociati risalgono alla prima crociata, nel 1099. Ma le fonti riportano la data della conquista del Crac (il nome deriva da un termine aramaico che significa "città") attorno al 1110. Il castello fu poi donato nel 1144 da Raimondo II di Tripoli ai Cavalieri dell’Ospedale che da allora lo presidiarono, per circa 127 anni, difendendolo dalle incursioni musulmane. Fino alla riconquista, nell’inverno del 1271, da parte del sultano mamelucco d’Egitto Malik al-Zahir Baybars, che assediò il maniero per oltre un mese fino alla resa dei monaci guerrieri.Il castello che l’umanità ora rischia di perdere, poteva ospitare fino a 2 mila tra soldati e cavalieri. Due le cinte murarie: quella esterna, con imponenti torri cilindriche, separata da un fossato: quella interna, che cinge la rocca vera e propria, a cui si accede da una porta fortificata che conduce al grande cortile interno. Vari gli ambienti al servizio degli antichi residente del castello: la Sala dei Pilastri, un ampio ambiente a volta sostenuto da grandi pilastri rettangolari, che fungeva da refettorio; la Loggia, con iscrizioni in francese e in latino sopra l’arco, che dava accesso alla sala capitolare dei monaci; la Cappella, trasformata in moschea dopo la conquista araba. La parte più affascinante è però quella superiore, dove sorge il possente maschio. Seguendo il camminamento sulle mura interne si arriva alla Ridotta, formata da tre possenti torrioni. Nella prima risiedeva il priore e venivano accolti gli ospiti. La seconda, chiamata Torre di Monfret, era la meglio difesa, l’ultimo baluardo in caso di attacco. Il terzo corpo, il più imponente, ospitava macchine da guerra come mangani e catapulte. Oggi, a dar credito alle notizie e alle immagini che giungono da quelle zone, nuvole di denso fumo nero si levano attorno alle mura. Nelle ore finali del 2012, quando Homs è squassata dai massacri, la vicina Aleppo continua ad essere teatro di battaglia (ribelli e lealisti combattono per il controllo dell’aeroporto militare) e il numero delle vittime, secondo alcune stime, sarebbe ormai di 100 mila, il Crac dei Cavalieri è ormai l’ennesimo simbolo di un conflitto che sta producendo solo macerie e che non rispetta né gli uomini né la storia.