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Scenari. Accoto: «Siamo tutti avatar, figli della simulazione»

Simone Paliaga mercoledì 6 aprile 2022

Cosimo Accoto

«La nostra epoca fatica a prendere consapevolezza che non rischiamo solo l’apocalisse, dove nella catastrofe si salveranno solo gli eletti, ma l’estinzione in cui l’umano scompare in toto dal pianeta» racconta Cosimo Accoto, ricercatore al Mit di Boston, in occasione dell’uscita, per l’editore Egea, del suo nuovo libro, arricchito da una postfazione di Alex Portland, Il mondo in sintesi. Cinque brevi lezioni di filosofia della simulazione (pagine 186, euro 20) da oggi in libreria.

Che cosa intende per simulazione?

Sempre più oggi il nostro mondo nasce attraverso simulazioni computazionali. È il processo iterativo con cui i calcolatori, usando dati, algoritmi e modelli, duplicano e riproducono digitalmente, anche in 3D, il mondo. Oggi progettiamo sedie, molecole, oggetti, facce, organi, ambienti che, prima di essere reali, sono creati e simulati dentro una macchina. Forse, allora, non viviamo dentro una simulazione ma viviamo grazie alle molte simulazioni che gli ingegneri stanno predisponendo. Nel bene e nel male. Se costruite malignamente, tipo deep fake (per esempio, immagini di persone generate attraverso il computer che sembrano reali), le simulazioni erodono la fiducia e la verità nel mondo, ma se pensate benignamente possono intrattenere, curare ed educare.

Quale rapporto corre tra simulazione e sintesi?

Per la scienza, la simulazione computazionale è in grado di approssimare il mondo e la sua complessità più di altri strumenti come l’esperimento. Pensiamo alle simulazioni matematiche sempre più accurate delle previsioni meteo o alla capacità di simulare con l’intelligenza artificiale la struttura tridimensionale delle proteine per determinarne le funzioni. Ma questa spinta tecnica va oltre la semplice mimesi. L’ingegneria vuole anche ricostruire e rifabbricare sinteticamente il mondo: non è solo mimesi, ma nuova genesi. Simulare il meteo e poi sintetizzarlo per controllare l’atmosfera come intende fare la geoingegneria o simulare il vivente e biofabbricarlo per poi generare nuovi organismi come fa la bioingegneria. Così il modello del mondo diviene il mondo del modello. Non è necessariamente un male, ma occorre applicare più pensiero critico e bisogna aver cura dei valori a rischio.

Cos’è la computazione quantistica?

I computer in uso, da Turing in poi, seguono le leggi della fisica classica, mentre quelli che si stanno progettando, su un’idea di Feynman, sono macchine che simulano le leggi della meccanica quantistica. Questi impiegano le proprietà speciali delle particelle subatomiche e in particolare le loro proprietà, dette superposizioni, in uno stato indeterminato prima di essere misurate. Sfruttando questa qualità di calcolo, i simulatori quantistici potranno velocizzare il tempo, da secoli a poche giornate e ore, di risoluzione di problemi ardui. Questa nuova potenza computazionale viene e verrà impiegata sempre più per future simulazioni sulla mobilità efficiente, farmaci, nuovi materiali, ambienti virtuali.

Oggi ci troviamo in una nuova condizione mediale legata a tecnologie immersive…

Internet sta evolvendo. Dall’internet fisso dei computer e mobile degli smartphone, ci stiamo avviando verso un internet immersivo con interfacce nuove: occhiali, visori, guanti. Così non navigheremo tra i siti, ma abiteremo con avatar in maniera persistente ambienti aumentati e virtuali connessi a quelli fisici. Si prospetta una condizione nuova in cui la metafora più pertinente è l’immersione che satura spazi e vite. Sia che ciò avvenga con avatar calati dentro mondi virtuali sia che avvenga con i corpi reali aumentati da tecnologie immersive. Anche qui con opportunità e rischi.

In che senso la computazione è al tempo stesso umana e oltreumana?

Questa computazione che sempre più si immonda, cioè si incorpora nel mondo e che scala e si espande a livello planetario è sicuramente un prodotto dell’umano. Ma è anche una dimensione che scardina e forza l’umano a domandarsi nuovamente il senso di sé e del mondo. Così accade per l’intelligenza artificiale, che vorremmo ci rispecchiasse, ma che anche invece ci inquieta, per la biologia digitale, che auspichiamo curerà il vivente, ma che anche lo disarticola, per l’internet immersivo, che forse porterà benefici, ma di cui nessun umano può oggi garantire il buon esito). Così, questo farsi mondo della macchina è, allora, insieme umano e oltreumano.

Cos’è la terraformazione? Perché essa è diventata centrale nel mondo che si sta disegnando davanti ai nostri occhi?

Terraformare è ricreare le condizioni di abitabilità della Terra su altri pianeti. Ma non ci accorgiamo che, in realtà, ogni civiltà che storicamente si succede sul nostro pianeta deve anch’essa ricreare le condizioni della sua abitabilità. Ora sta accadendo nuovamente con la civiltà digitale, artificiale e sintetica che stiamo costruendo. Le simulazioni computazionali sono l’ultima delle nostre terraformazioni qui sulla Terra. Così, paradossalmente la futura realtà immersiva non è nuova fuga dal mondo ma una sorta di nuovo sbarco dell’umano nel nostro mondo. È un nuovo modo di abitare il pianeta tra promettenti opportunità e reali vulnerabilità.

La sostenibilità digitale richiede un cambio culturale?

Oggi, non discutiamo più del senso di una fine, ma della fine di ogni senso come ha scritto Moynihan. Una computazione che scala e cresce planetariamente rischia l’essere del mondo. Ma non è solo questione di sostenibilità ambientale, ma anche economica e sociale. Che discriminazioni nuove emergono dentro questa economia e società programmabili, automabili e simulabili?

Quali sono i rischi maggiori?

La trasformazione è epocale, non episodica. Ed è anche ontologica, riguarda la natura profonda del mondo. E antropologica, perché ci chiama in causa ed è spaesante. Le vulnerabilità sono molte. Dalla incapacità di costruire nuovi statuti di verità e di fiducia a causa dei fake, alla difficoltà di gestire gli impatti economici dell’automazione, al rischio di acuire le discriminazioni sociali con gli algoritmi o di generare nuove alienazioni nei mondi virtuali, di rendere rischiosamente irreversibili le manipolazioni genetiche, di generare regimi di sorveglianza e autoritarismo con l’IA, di scatenare guerre per strategie di supremazia tecnologica e di conquista e accaparramento delle sue risorse.

Quali sono le responsabilità dell’uomo al compiersi di questa nuova era e cosa stiamo diventando?

Con tutti questi nuovi surrogati (dai gemelli digitali dei pazienti usati per curarci ai nostri avatar che abiteranno i mondi virtuali), una prima domanda chiave deve essere: a chi deleghiamo, nuovamente, il potere di rappresentare il mondo? E quindi di conseguenza di prendersene cura? Se la simulazione computazionale è la risposta ai nostri attuali problemi noi abbiamo la responsabilità di molte risposte. Gli avatar nel metaverso aumenteranno le nostre creatività ed esperienze o ci alieneranno? Siamo chiamati a essere pionieri e demiurghi in terre incognite. A farci carico di questo nostro futuro col massimo grado possibile di sapienza, coscienza e cura.