Agorà

AI CONFINI DELLA SCIENZA. «Siamo arrivati vicini al Big Bang»

Franco Gàbici mercoledì 31 marzo 2010
Sorpresa più bella non potevano trovare gli addetti ai lavori del Cern di Ginevra dentro all’uovo di Pasqua. L’ormai "mitico" LHC (Large Hadron Collider), considerato l’acceleratore di particelle più potente mai costruito, dopo una lunga pausa è tornato ieri a far parlare di sé, perché all’interno del suo lungo anello, alle ore 13, sono stati fatti scontrare due fasci di protoni a una velocità molto prossima a quella della luce (300mila Km/sec) che, come prevede la Teoria della Relatività speciale, costituisce un limite oltre il quale i corpi materiali non possono viaggiare. Ma l’aspetto più spettacolare, che ha fatto esultare tutti i presenti all’esperimento, è la straordinaria quantità di energia liberata dalle collisioni, stimata in 7.000 miliardi di elettronvolt, un dato che diventa significativo anche per i profani, se si pensa che l’energia delle particelle generate da una esplosione nucleare può raggiungere i 3 milioni di elettronvolt. Ci troviamo di fronte, dunque, ad eventi energetici mai registrati prima d’ora e che si stanno avvicinando alle condizioni che caratterizzarono la nascita dell’universo. Per questo motivo, si va dicendo che le collisioni del LHC hanno quasi ricreato il Big Bang, la "grande esplosione" dalla quale è nato il nostro universo. Va anche ricordato che le collisioni hanno fatto registrare ai rivelatori di LHC miliardi di "eventi" ogni secondo, all’interno dei quali particelle si creavano e si trasformavano in grande quantità. Il tutto è stato registrato dai milioni di "canali" di cui è provvisto l’acceleratore e tutta questa straordinaria massa di dati dovrà essere opportunamente selezionata. Si pensi che nella prima fase del dopo esperimento il 95% dei segnali viene cancellato. E sull’1% che rimane alla fine si concentra il lavoro teso a scoprire il mistero della cosiddetta materia oscura (sembra che oggi sia conosciuto solo il 5% della materia presente nell’universo) e il famoso bosone di Higgs, una particella prevista dai modelli della fisica che sarebbe responsabile dell’esistenza delle masse delle particelle e che, non a caso, è definita "la particella di Dio". Se ha una massa abbastanza grande, si dice, già dall’esperimento di ieri si potrebbero avere sue tracce, altrimenti bisognerà aspettare collisioni maggiori. Se, invece, non si trovasse, bisognerebbe cambiare alcune teorie.L’esame dei dati viene effettuato in undici centri distribuiti in tutto il mondo e uno di questi si trova in Italia, presso il Cnaf dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Bologna. Durante la fase dell’analisi dei dati l’acceleratore verrà "spento", e riacceso fra un anno dopo essere stato sottoposto a lavori di manutenzione e di potenziamento. L’avventura di LHC è dunque solamente agli inizi, perché fra un anno si riprenderà con collisioni ancora più energetiche. Si passerà, infatti, ai 14mila miliardi di elettronvolt, il doppio dell’energia liberata dalle collisioni di questo ultimo esperimento.Il direttore generale del Cern, Rolf Heuer, e il direttore scientifico, Sergio Bertolucci, hanno detto che l’esperimento è «un lavoro incredibile» e hanno definito le collisioni «un evento estremamente significativo, un passo in avanti non solo per la fisica delle particelle e per la comprensione del microcosmo, ma per l’astrofisica e la comprensione dell’universo». Per Heuer, infine, l’esperimento di Ginevra assume un significato tutto particolare, perché non solo porterà la scienza a capire da dove veniamo, ma «sarà di aiuto nell’educare i giovani alla scienza e potrà convincere a investire di più nella scienza sia il mondo dei privati sia le istituzioni».L’esperimento di LHC apre la strada, dunque, a ulteriori ricerche e dimostra che nella scienza non esistono capolinea e che l’uomo non cesserà mai di affacciarsi sulla soglia del mistero.