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Il fenomeno. Serie tv e romanzi, quale legame oltre il business

Eugenio Giannetta venerdì 31 maggio 2019

Luca Zingaretti è “Il commissario Montalbano”, storica fiction di Rai 1

Guardando alle ultime serie tv di successo, risulta piuttosto evidente: i prodotti televisivi seriali più riusciti, sia in termini di share, che di numeri e investimenti, sono spesso tratti dai libri. La connessione tra il mondo del cinema e quello dei libri è solido da sempre, con trasposizioni che hanno spesso fatto discutere se fosse meglio l’uno o l’altro, ma l’attuale meccanismo messo in moto dalla serialità e l’avvento di nuove piattaforme per fruirne, stanno decisamente cambiando il modo di fare tv e – più in generale – il meccanismo narrativo che ne consegue. Il recente successo del Nome della rosa, ad esempio, ne è la dimostrazione, con un’imponente produzione e un cast con nomi del calibro di Rupert Everett e John Turturro. La serie tv tratta dal celebre romanzo di Umberto Eco è andata in onda con otto episodi suddivisi in quattro prime serate: una coproduzione importante nell’investimento (26 milioni) e venduta in tutto il mondo, che ha provato ad adattare al piccolo schermo la complessità di un libro che ha già di suo avuto negli anni un successo planetario, con milioni di copie vendute e numerose traduzioni estere, oltre a una precedente trasposizione cinematografica, con protagonista Sean Connery. Prima del recente clamore del Nome della rosa si era assistito a un altro successo: quello della trasposizione dell’Amica geniale, firmata Elena Ferrante, la cui seconda stagione è già stata confermata. A questi nomi, poi, si aggiungono serie ormai consolidate all’interno del panorama della tv italiana e tratte sempre da libri, come il Commissario Montalbano, dalla serie di romanzi di Andrea Camilleri, Romanzo criminale, Suburra e Gomorra, ispirato al best seller di Roberto Saviano. A chiudere un cerchio sempre più ampio, alcuni recenti annunci di libri che diventeranno serie tv: Il Gattopardo, diritti acquisiti da Indiana Production, Fedeltà di Marco Missiroli e Tre metri sopra il cielo, per Netflix. Anche guardando a produzioni estere, non mancano nomi importanti: Il Trono di Spade, dalla penna di George R. R. Martin, La verità sul caso Harry Quebert, a partire dal romanzo di Joël Dicker, oppure The Man in the High Castle, dal romanzo di Philip K. Dick, ma anche House of Cards e Tredici, Ragazze elettriche di Naomi Alderman per Amazon Prime, oppure Catch-22 con George Clooney, dal romanzo di Joseph Heller.

A far parlare nell’ultimo periodo, il tam-tam prodotto dall’annuncio secondo cui Netflix realizzerà una serie tv in lingua spagnola tratta da Cent’anni di solitudine, capolavoro dello scrittore Premio Nobel colombiano Gabriel Garcìa Màrquez. Questo sarebbe il primo “Cent’anni di solitudine” adattamento prodotto per il romanzo del 1967, che racconta le vicende della famiglia Buendìa a Macondo. I figli del romanziere Rodrigo García e Gonzalo saranno i due produttori esecutivi, convinti anche dalla qualità delle recenti produzioni in lingua spagnola; il successo diRomaagli Oscar ha dato un input importante in questo senso. Secondo alcune indiscrezioni riportate da diversi media, l’adattamento di Cent’anni di solitudine potrebbe arrivare su Netflix già dal 2020. L’importanza dei libri per le produzioni televisive non è casuale, ma un fenomeno da analizzare con una lente di ingrandimento. All’ultimo Salone del Libro è stata infatti presentata un’indagine, a cura dell’Aie, in collaborazione con Informazioni Editoriali, che ha osservato e disegnato l’identikit di chi guarda le serie tv. Il profilo è quello del lettore abituale, e le serie tv sono a tutti gli effetti un driver di vendita importante per i libri, arrivando in alcuni casi a raddoppiare e persino centuplicare l’effetto vendita dei titoli.

Chi segue le serie tv legge in genere più della media nazionale (il 65,2% rispetto al 57% della media) ed è un lettore abituale, che legge tra gli 1 e i 6 libri all’anno. Solo il 32% delle persone che seguono serie tv si dichiara non lettore di libri. Dai dati presi in esame, quando una serie tv va in onda, crescono le vendite dei libri, ma questa fase, per ora, è solo una fase di integrazione tra diverse prospettive narrative e diverse tecnologie, in cui le storie si espandono e trasformano. Al di là di questi numeri, poi, il passaggio ulteriore da analizzare nel prossimo futuro, sarà capire quanto la serialità possa togliere spazio alla lettura; evidenza per ora non riscontrata, ma che coinvolge una riflessione sul tempo a disposizione e sulle strategie narrative. Tra gli otto titoli presi in esame nell’indagine, la crescita è stata lampante, con alcuni esempi su tutti per la prima stagione, con il 100 come valore corrispondente la maggior vendita tra il 2009 e il 2019: Gomorra da 3,34 a 12,81, il Trono di spade da 5,29 a 70,62, L’amica geniale da 25,02 a 100, Il nome della rosa da 40,62 a 100. Altro elemento, inoltre, è la persistenza delle vendite nei bimestri successivi.

Questo modo di fare tv rappresenta un cambiamento principalmente perché la televisione – da sempre – è crocevia del linguaggio; basti pensare ad esempio a Gomorra o all’Amica geniale, con l’utilizzo del dialetto, ben spiegato in un approfondito articolo de Il Libraio; in secondo luogo, per il meccanismo di comunità che – tramite partecipazione sui social network – queste serie evento trasmettono. Una partecipazione delle persone che non solo è attiva, ma anche indice di un vero e proprio cambiamento dei connotati del dibattito, che si trasferisce in un costante commento live su scene, interpretazioni, profondità dei personaggi, simpatie, antipatie, somiglianze o meno con il libro. C’è poi un altro aspetto: le nuove piattaforme permettono di seguire anche narrazioni molto lunghe, diluite in un tempo che viene gestito in maniera più fluida: come, quando e quanto riunite in un unico spazio, senza obblighi e spesso liberi da pause pubblicitarie. Si può scegliere di interrompere in qualsiasi momento, oppure guardare tutto e subito, senza interruzioni, in un unico e lungo flusso narrativo, che di fatto dà nuova dimensione e respiro alla caratterizzazione dei personaggi: da qui l’esigenza di attori sempre più preparati e dal profilo sempre più alto. La diluizione del tempo, infine, dà anche più spessore a personaggi secondari, ambienti e approfondimenti, o diramazioni della trama secondaria – che resta per forza di cose meno sviluppata su carta – contribuendo così alla costruzione di nuovi ecosistemi narrativi, pronti a vivere di vita propria.