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Ambiente. Sensori low-cost per un'aria più pulita

Silvia Camisasca domenica 16 dicembre 2018

L’ambiente in cui viviamo sta cambiando: da un lato, gli effetti dei mutamenti climatici stanno mostrando la vulnerabilità del territorio di fronte ai temuti eventi estremi, dall’altro, il rapido fenomeno dell’antropizzazione sta rendendo fragili gli ecosistemi, riducendone la resilienza, ovvero, la capacità di adattarsi ai mutamenti in corso. Ciò che ancora sfugge è che il deterioramento dell’ambiente, che costituisce un sistema in “non equilibrio”, come insegna la Fisica dei Sistemi Complessi, è un processo irreversibile. E, se la sensibilità dei cittadini verso la protezione del territorio va aumentando, anche a discapito di possibili sviluppi economici, parallelamente cresce anche la sfiducia verso istituzioni, autorità di controllo e politiche di intervento, latitanti di fronte ad interrogativi sempre più pressanti, spesso spinti dal canale dei social network.

Opportuno sarebbe un sistema di controllo ambientale, preposto alla raccolta dati in tempo reale su piccola scala spaziale, così da tener conto dell’enorme variabilità delle quantità da misurare. Duplice, dunque, è la sfida posta alla comunità scientifica: monitorare l’ambiente, introducendo i più innovativi strumenti tecnologici – in affiancamento ai tradizionali sistemi – e coinvolgere la popolazione. La questione “geotermia” e il relativo impatto ambientale in Toscana è un esempio paradigmatico di ciò: presentata quale possibile fonte di energia pulita, la geotermia si sta sviluppando nell’area del Monte Amiata e di Larderello nell’ambito del piano di riduzione di dipendenza energetica dagli idrocarburi. Il funzionamento di una centrale geotermica prevede, però, lo sfruttamento di calore dal sottosuolo – prelevando acqua calda a grandi profondità (nell’area dell’Amiata si raggiungono i 4000 metri) – poi rilasciato in atmosfera sotto forma di vapore acqueo, una volta prodotta l’energia.

Ora, con il vapore acqueo, le centrali geotermoelettriche liberano in aria anche i gas ad esso associati, contenenti acido solfidrico (responsabile di cattivi odori), ammoniaca, anidride carbonica e ossidi di azoto, oltre a velenosi metalli quali mercurio e arsenico che – depositandosi – inquinano l’ambiente con possibili gravi ricadute sulla salute dei cittadini. Così, ottenere energia geotermica “pulita” richiede sistemi di filtraggio per l’abbattimento degli inquinanti rilasciati in ambiente, con un sostanziale aggravio di costi da parte dei gestori delle centrali, e richiede la predisposizione di un sistema di controllo delle emissioni da parte di enti terzi (Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente), con tutta una rete di sofisticati – e costosi – sensori per il monitoraggio continuo su vasti territori. Di pari passo, la normativa sull’impatto ambientale deve essere aggiornata, allo scopo di quantificare i livelli di emissioni tollerabili per l’uomo. Si tratta, quindi, di attivare procedure di azione organiche e coordinate, anche perché la valutazione d’impatto su salute pubblica e ambiente richiede dati storici di lungo termine, attualmente non disponibili.

Come monitorare dunque in tempo reale il funzionamento dei sistemi di filtraggio, fortemente sensibili a fattori esterni quali ondate di calore, responsabili di picchi di emissioni di inquinanti? E come ricostruire – su piccola scala spaziale – la diffusione di inquinanti nel territorio, relativa alla specifica conformazione del territorio e soggetta alle locali condizioni meteorologiche? Infine, come introdurre un sistema di controllo terzo, strumento affidabile di comunicazione diretta delle istituzioni nei riguardi dell’opinione pubblica? Una possibile soluzione sembra provenire dallo sviluppo di nuove famiglie di sensori Mems (Micro electrical mechanical sensors) per inquinanti, a basso costo, che consentono di installare sul territorio un’intelligenza distribuita capace di processare le misure e trasmettere i dati ad un sistema di raccolta di semplice consultazione per la popolazione. Per l’installazione della rete di rilevamento occorrono sistemi di calcolo equivalenti a veri e propri computer a basso costo, idonei alla programmazione dei sensori Mems e alla gestione della trasmissione dati – in tempo reale – attraverso le reti di telefonia mobile o wi-fi: il tutto, con richieste di alimentazione così ridotte da essere soddisfatte da batterie caricate da pannelli solari.

Ancora da effettuare, invece, è uno studio in merito alla scelta dei sensori Mems più adatti alle misure di inquinanti (acido solfidrico, ammoniaca, anidride carbonica, ossidi di azoto, polveri sottili) nelle aree da geotermia. Infine, è necessario il progetto di un sistema in cloud per raccolta ed archiviazione dati in tempo reale, facilmente accessibile e consultabile, così da aprire un canale di interazione diretta con comunità e territorio. Già predisposto, su iniziativa del Comune di Arcidosso, l’avvio di un esperimento 'prototipo' nell’area dell’Amiata, avanzato alla regione Toscana a seguito della collaborazione -in corso da diversi anni- con l’Università di Bologna e la Scuola Normale Superiore: il piano prevede la possibilità di intervento dei cittadini anche nella gestione del sistema di sensori istallati presso le abitazioni.