Agorà

Cinema. Sean Penn racconta la tragica realtà della Sierra Leone

Alessandra De Luca venerdì 30 giugno 2017

L'attore e regista Sean Penn

Tutto è cominciato quando la scrittrice Erin Dignam, che ha vissuto a lungo in Africa Centrale per le sue ricerche adottando anche due bambini della Sierra Leone, ha offerto la sua sceneggiatura al produttore Marc Palmieri, che aveva già realizzato il film Darfur Now, sul genocidio in Sud Sudan, perché trovasse un regista adatto alla storia che aveva raccontato. E Palmieri ha scelto Sean Penn per il suo coinvolgimento politico umanitario nelle zone più turbolente del mondo, come il Sudan e Haiti: al World Summit of Nobel Peace Laureates del 2012 l’attore e regista è stato premiato con il prestigioso Peace Summit Award per gli sforzi compiuti per risollevare la popolazione dopo il disastro provocato dall’uragano Katrina. Il tuo ultimo sguardo, arrivato ieri nelle nostre sale, affronta uno dei temi più incandescenti del momento, le guerre e i flussi migratori da esse generati, coniugati all’impossibile storia d’amore tra i due protagonisti. Ci troviamo in Africa, tra la Liberia e la Sierra Leone, dove i massacri tra le popolazioni sono all’ordine del giorno, la violenza raggiunge inauditi livelli bagnando una terra crudele e disperata con lacrime e sangue. Due giovani dottori di Medici nel Mondo, Wren Petersen e Miguel Leon – interpretati da Charlize Theron e Javier Bardem – si conoscono, si innamorano e tentano di trovare spazi per i loro sentimenti tra bombardamenti e corpi straziati. Ma la situazione si fa sempre più tesa e uno dei due è troppo spaventato per rischiare la pelle ogni giorno. L’impossibile convivenza di amore e guerra, intimità e caos è dunque uno dei temi del film, i cui protagonisti si allontaneranno l’uno dall’altro a causa delle diverse opinioni su una possibile risoluzione del conflitto. Miguel non conosce altra vita se non quella al fronte, al servizio degli ultimi della terra che soffrono, e non nasconde il suo disprezzo per un Occidente indifferente alla carneficina, mentre Wren è convinta che solo sensibilizzando l’opinione pubblica attraverso i media sia possibile fermare quello strazio. Un tema appassionante, dunque, che ancora prima di Penn aveva conquistato Bardem, egli stesso attivista nella difesa dei rifugiati, interprete e coproduttore di Figli delle nuvole: l’ultima colonia, un film che documenta come la colonizzazione del Sahara Occidentale abbia costretto quasi 200mila persone a vivere nei campi profughi. Charlize Theron ha invece fondato una Ong che si occupa dei bambini rimasti orfani a causa dell’Aids in Sud Africa. Ma è stato proprio l’alto profilo del lavoro umanitario di Penn che ha permesso ai realizzatori di trovare aperte tutte le porte per poter mantenere l’autenticità della visione del regista. Le Nazioni Unite, il World Food Program, Medecins sans Frontieres, Medecins du Monde e altre ONG hanno infatti dato un supporto straordinario alla produzione. «Questa storia d’amore ambientata in un contesto di guerra, in situazioni di continua emergenza – dice Penn – mi ha profondamente toccato e spero che spinga il pubblico a una riflessione profonda su ciò che accade in quella parte del mondo. Oggi abbiamo completamente smarrito il senso della tragedia e dell’umanità, e cercare bellezza e purezza è un modo per porre rimedio a questa perdita. Avevo voglia di realizzare qualcosa di speciale, arricchendo la sceneggiatura con un bagaglio di esperienze personali che avevo accumulato proprio durante i miei viaggi, in particolare quello in Liberia. La speranza è che raccontando queste storie le cose possano cambiare e non ripetersi, ma come mostriamo anche nel film la frustrazione è un sentimento che chi fa un lavoro come quello dei protagonisti del film sperimenta ogni giorno». «Abbiamo lavorato con un’equipe di medici di emergenza – continua il regista – ma se li definissimo eroi, loro ci riderebbero in faccia. Sono convinti di fare solo ciò che è necessario per alleviare le sofferenze di tante persone. Invece il loro impegno è degno di grande rispetto e ammirazione». Ma a dispetto dell’enorme rilevanza dell’argomento trattato, il film era stato più fischiato che applaudito al Festival di Cannes dello scorso anno. Cosa non è piaciuto? Molti sostengono che raccontare una guerra così atroce attraverso la travagliata storia d’amore tra due bianchi non sarebbe una buona idea. La debolezza de Il tuo ultimo sguardo sta in realtà nell’incapacità di Penn di armonizzare le sequenze di guerra, durissime e sanguinose, girate in stile documentaristico, e quelle d’amore, estetizzanti e patinate, sottolineate da una voce fuori campo che le rende ulteriormente stucchevoli e “finte”. Ma ovviamente Penn non è d’accordo. «Il film si interroga sulla possibilità dell’amore in tempo di guerra, e sono io il primo a chiedermi se ci sia spazio per i sentimenti in un paese dilaniato dai conflitti. Ma ogni film che dirigo è un’opportunità per impegnarmi su un argomento diverso. Oggi basta guardarsi intorno per vedere come la crisi continui a fare vittime e come la povertà nel mondo sia aumentata. Il mondo sta attraversando uno dei suoi momenti peggiori, la gente soffre e questa è l’unica cosa di cui voglio preoccuparmi».