Agorà

Calcio. Riparte il Campionato. È caccia alla Juve

Italo Cucci giovedì 17 agosto 2017

Paulo Dybala

Mezza Italia All Colors, formata da napoletani, milanesi e romani (l’altra metà è bianconera) si augura che l’amaro esordio della Juve in Supercoppa preluda alla fine della copiosa raccolta di scudetti della Signora. I disperati sperano come un anno fa, quando la Juve tornò dal Qatar sconfitta dal Milan; eppoi vinse il sesto tricolore consecutivo. È vero, la Lazio può anche aver vinto la Coppa per una momentanea débacle dei piemontardi e tuttavia – non me ne vogliano gli juventini – il risultato ha in realtà contorni logici indiscutibili. E diventa il vero motivo che introduce il campionato in partenza sabato proprio con Juventus-Cagliari e con Verona-Napoli. E mentre nella Torino bianconera è arrivato ieri dal Paris Saint-Germain il rinforzo per il centrocampo Blaise Matuidi, domenica scorsa abbiamo registrato i primi effetti del dopo Bonucci, il clamoroso “tradimento” – in realtà allontanamento, e Allegri ne sa qualcosa – che in Casa Juve hanno cercato di banalizzare mentre dal primo istante mi è parso come il primo grande errore commesso da uno staff abilissimo che ha saputo liberarsi senza danno – cito tre casi esemplari – di Tevez, Morata e Pogba. Non per la mia vocazione difensivista (con giudizio) ho immaginato subito che la Juve avrebbe sofferto la mancanza non solo del più forte difensore europeo (così come aveva ceduto serenamente per un sacco di soldi il valentissimo Pogba senza patirne l’assenza) ma dell’anima della squadra, l’uomo che Allegri aveva in mente di far capitano, riconoscendogli il ruolo di leader del gruppo e non quello – fatto intendere da Torino – di agitatore dello spogliatoio, naturalmente in senso negativo; al contrario, contro la Lazio s’è visto che mancava proprio un agitatore di uomini: i bianconeri sono parsi distratti, abulici, se han saputo rimontare fino a un insperato pareggio lo devono solo a Dybala, inteso a onorare il mitico 10 di Sivori, Capello, Platini, Baggio e Del Piero. Un fuoriclasse senza squadra, proprio mentre Simone Inzaghi esaltava il rendimento di una squadra raccolta con passione, intelligenza e spirito di sacrificio intorno a Immobile, il ragazzo che non sarà mai improvvido solista ma prezioso esecutore del lavoro di gruppo dal quale è uscito il bizzoso divetto Keita per lasciar posto al ventunenne Alessandro Murgia, sorgente stella d’agosto (è nato il 9, ha firmato una sacrosanta vittoria il 13) pupillo del mister. Che fortuna, per Lotito, aver dovuto… ripiegare su Inzaghi quando il “loco” Bielsa l’ha piantato in asso.

La sua impresa – che sottolineo pur riconoscendole connotati agostani – mi fa pensare che il prossimo campionato sarà deciso soprattutto dai condottieri, almeno quelli che hanno a disposizione giocatori di valore. Di Allegri ho già detto, criticandolo pur senza sottovalutarne le ampiamente provate capacità; la gran parte dei critici gli oppone Sarri, maestro di calcio portatore di novità tattiche importanti convalidate da Mertens – reinventato centravanti vero, non finto – e Insigne, l’italianuzzo che ha trovato chi l’ha portato dall’esame di maturità, passato a pieni voti, all’Università dei campioni. Sarri ha voluto mantenere la squadra che ha dato spettacolo (purtroppo senza un sostanzioso ricavo) senza pretendere importanti rinforzi: nel calcio di un tempo questa era la forza dei grandi allenatori come Bernardini, Herrera, Rocco – e non a caso si mandavano a memoria le loro squadre –; è singolare che sulle loro tracce si sia messo il tecnico più progressista e rivoluzionario.

Mentre è atteso a una conferma – che non vuol dire scudetto – Gasperini, costruttore di una macchina quasi perfetta come l’Atalanta alla quale han portato via troppi pezzi, minandone il meccanismo, è al centro dell’attenzione Montella: ai più sembra troppo giovane, forse privo dell’esperienza necessaria non tanto a un ispiratore di gioco qual è ma a un assemblatore: la straordinaria e dispendiosa campagna del Milan è accompagnata da una giusta sobrietà nell’annunciare i possibili traguardi; Fassone ha ancora un gruzzolo da spendere, Mirabelli insegue il sogno Aubameyang da quando l’ha “scoperto” nelle file del St.Etienne, ma se c’è un gruppo che deve lavorare tanto per diventare squadra è indubbiamente quello rossonero. Sarà di grande aiuto a Montella – come fosse un allenatore in campo – proprio Bonucci. Ispirato dalla conoscenza del tecnico – eccellente – e dell’uomo – contraddittorio – sono convinto che un grande ruolo in commedia lo reciterà Spalletti, il miglior acquisto dell’Inter che alla nota bravura sta accompagnando anche una discreta fortuna: porterà bene a lui e al suo instancabile lavoro la presenza in squadra di Borja Valero, mente di campo; porterà bene a Icardi la fiducia finalmente accordatagli dal tecnico dell’Argentina Sampaoli e non solo da Wanda; porterà bene all’Inter la fuga di Kondogbia e di eventuali altri scansafatiche esibitisi in maglia nerazzurra nelle ultime stagioni.

L’Inter ha superato a pieni voti gli esami estivi che in genere valgono lo spesso inutile scudetto d’agosto, eppure vale la pena sottolineare che anche certe vittorie in partite amichevoli offrono un’immagine positiva di gruppo – forse di squadra – fino a poco tempo fa inesistente. Se è vero che circolano pronostici di scudetto favorevoli all’ennesima sfida del Napoli alla Juventus, portata avanti senza fortuna già da Mazzarri e Benitez, oso immaginare che i due superclub dovranno fare i conti con l’Inter di Spalletti. Ma mi piace anche sperare che le grandi dovranno guardarsi anche dagli entusiasmi degli ultimi arrivati, Spal e Benevento, soprattutto se nella bella provincia del calcio avrà fatto scuola l’impresa del Crotone, vero animatore del gran finale dello scorso campionato. Mi restano pochi interrogativi e una speranza: i primi riguardano l’inserimento nella Juve del Bernardeschi che Allegri ha seminascosto nel match di Supercoppa; la Roma che Di Francesco ha ereditato da Spalletti ma subito smembrata dal mercato; la Fiorentina bartalianamente tutta da rifare; l’amato Bologna perduto e spento nell’estate di fuoco e la Var che potrebbe ridicolizzare il gioco più bello del mondo. La speranza? Rivedere in ogni partita i volti adorabili dei tanti bimbi presenti all’Olimpico di Roma domenica sera.