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IL GRANDE CINEMA. La favola di Scorsese «Il mio regalo ai bimbi»

Alessandra De Luca venerdì 3 febbraio 2012
Una cosa è certa: non c’è film americano quest’anno che meriti l’Oscar più di Hugo Cabret, che ha collezionato 11 nomination. E tra tanti bravi registi candidati non c’è nessuno che abbia diritto alla preziosa statuetta più di Martin Scorsese. Siamo sicuri che, una volta visto il film, sarete d’accordo con noi. Accantonati, almeno per il momento, gangster e poliziotti, riposte le armi e asciugato il sangue, Scorsese la cui filmografia vanta un bel po’ di pellicole vietate ai minori, incastona nella sua ricca carriera un gioiello che lascia a bocca aperta. Un regalo per tutti i bambini, ma anche per quegli adulti disposti a ritrovare, seguendo le immagini del film, uno sguardo infantile sul mondo, ricco di stupore e meraviglia. Com’era quello dei primi spettatori testimoni degli albori di un’arte che più di ogni altra è capace di rendere visibili i sogni di tutti noi. Il film è tratto dalla stupenda graphic novel di Brian Selznick che il regista ha letto insieme alla figlioletta Francesca di dieci anni. Sembra che sia stato proprio il suo entusiasmo a convincere Scorsese. «Penso che qualunque adulto vedrà questo film – ha dichiarato il regista – vorrà assolutamente tornarci con un bambino. Più che i miei figli in questa storia rivedo me stesso, un bambino solo, tormentato dall’asma, che invece di giocare a pallone con i coetanei andava a rifugiarsi nel silenzio di una chiesa. In tutti i miei film c’è qualcosa che ho vissuto e qui ritrovate un po’ del piccolo Martin e delle sue ferite. Tutti hanno delle ferite da curare e spesso i film parlano di questo. E d’altra parte non mi sarei mai fatto sfuggire un film che esalta il potere della fantasia».Il film è la storia di un orfano che vive tra le mura di una stazione parigina – siamo negli anni Trenta – sfuggendo a una guardia che vorrebbe spedirlo in orfanatrofio, regolando orologi e cercando pezzi meccanici per far funzionare un misterioso automa che il padre stava riparando prima di morire in un incendio. Il destino gli farà incontrare uno scontroso giocattolaio, papa Georges, turbato dai disegni dell’uomo meccanico che Hugo porta con sé su un taccuino, e la figlia di lui, una dolce ragazzina che gli fa apprezzare la bellezza dei grandi classici della letteratura. Hugo invece la porterà al cinema, dove lei non è mai stata, e insieme scopriranno non solo la vera identità di papa Georges, ma anche il glorioso passato di un genio visionario e un grande tesoro di immagini forgiate da uno dei pionieri della settima arte e che si pensavano perdute.Scorsese, che si è divertito a rigirare anche alcune scene di celebri film muti, rende dunque omaggio al cinema delle origini ricordandoci che un film è sogno, magia, stupore, viaggio creati da un sapiente mix di tecnologia e cuore. E regalando alle immagini un respiro sul quale ogni spettatore, grande e piccolo, può regolare il proprio. Proprio come se fosse quel perfetto e misterioso meccanismo a orologeria che nel film prende vita. Merito anche di un 3D finalmente degno di rispetto (anche se il vero effetto speciale restano gli occhi blu di Asa Butterfield che interpreta il piccolo Hugo) e delle stupefacenti scenografie di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo (candidati all’Oscar) che ci consentono di entrare davvero nella stazione parigina e di conoscere tutti i bizzarri personaggi che la popolano.Spettacolare come un kolossal (la scena del deragliamento del treno che rievoca il celebre incidente alla stazione di Montparnasse nel 1895 ha richiesto quattro mesi di lavoro) Hugo Cabret emoziona fino alle lacrime e dimostra come sia ancora possibile guardare il grande schermo con occhi nuovi. Come se fosse la prima volta.