Agorà

Intervista. Sciarelli a caccia della “verità” in Tv

Massimiliano Castellani venerdì 26 aprile 2019

Federica Sciarelli, dal 2004 conduttrice dello storico programma di Rai 3 “Chi l’ha visto?”

In un oceanico palinsesto, in cui si naviga un po’ tutti a vista come naufraghi diretti all’isola dei noiosi, c’è una sola trasmissione Rai (sul 3) che insiste e resiste: èChi l’ha visto?. Una resistenza civile (condivisa dal 93% degli utenti) che va avanti dai tempi di Angelo Guglielmi direttore di Rai3. La prima storica puntata di Chi l’ha visto? infatti andò in onda trent’anni fa: il 30 aprile 1989. In principio, alla conduzione c’era l’inedita coppia Donatella Raffai-Paolo Guzzanti, poi, tranne l’avvocato Luigi Di Majo, solo donne al comando: Giovanna Milella, Marcella De Palma, Daniela Poggi. E dal 13 settembre 2004, fu la prima volta sotto l’egida carismatica e pasionaria di Federica Sciarelli. Romana (classe 1958), ma di origini napoletane, che la rendono costantemente solare e combattiva. Giornalista d’assalto, «ero una “pierina” ai tempi del Tg3: unica donna della redazione politica, con la fortuna di avere Sandro Curzi direttore e grande maestro». Inviata di Samarcanda per Michele Santoro e poi da quindici anni a questa parte «non ha più mollato l’osso», come dicono i suoi più stretti collaboratori. L’osso è lo studio di via Teulada, quello delle ricerche a tappeto dei casi di persone scomparse, dei misteri insoluti in un Paese che si nutre di mistero.

Un «Romanzo popolare», cito Guglielmi, più che una trasmissione la sua. Ma come si spiega questo enorme successo che ha toccato l’apice nelle quindici stagioni “sciarelliane”?

Me lo spiego nel fatto che non siamo un programma di sola cronaca ma che nel tempo è stato capace di raccontare l’Italia reale a un pubblico che spesso riconosce nella vicenda trattata qualcosa che potrebbe riguardarlo o che riguarda il suo vicino. E quello che si vede a casa tutti i mercoledì, in prima serata fino a mezzanotte, è solo una parte del lavoro che, sette giorni su sette, con turni anche massacranti, portiamo avanti con una redazione (una ventina di persone tra interni e inviati) composta da professionisti e persone sensibili ad ogni singolo caso, ad ogni storia umana che scoviamo o che ci viene segnalata.

Ha detto «raccontiamo l’Italia», ma in questi anni quanto è cambiato il Paese?

Il nostro è un osservatorio molto attento. Quando sono arrivata a Chi l’ha visto? era un’Italia in piena crisi economica in cui scomparivano prevalentemente padri di famiglia, e nove volte su dieci si trattava di suicidi. Oggi abbiamo un caso di violenza quotidiana sulle donne, e a volte manca il tempo e il respiro in trasmissione che subito ne accade un altro... Siamo passati dalle scomparse a quelli che con il “caso Claps” abbiamo sdoganato come «omicidi con occultamento di cadavere». E io non mi stanco mai di ripetere ai telespettatori: guardate che le donne, le ragazze non se ne vanno mai via volontariamente di casa, che una mamma non lascia mai i suoi figli da soli per sparire nel nulla...

Ha citato l’omicidio della 16enne di Potenza Elisa Claps, il caso che forse ha fatto cambiare direzione al programma.

Vero. Ricordo Filomena Claps che si arrabbiò moltissimo quando la polizia mostrò l’identikit che simulava l’invecchiamento della figlia. “Elisa me l’ha uccisa Restivo!” gridava disperata. Io ho raccolto quel grido materno, mi sono letta tutti gli atti come faccio spesso anche alla domenica a casa da sola - e da madre e giornalista che si assume sempre le sue responsabilità ho attaccato duramente Danilo Restivo, avvertendo i miei dirigenti: se la trovano viva, allora io vado a casa e cambio mestiere... I resti della povera Elisa vennero ritrovati nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza. Fu uno strazio, mi consola la bellissima amicizia con la famiglia Claps, una delle tante famiglie delle vittime con cui si è stabilito un rapporto di reciproco affetto che va avanti ben oltre il video.

L’idea che si ha dal video del salotto di casa è che Chi l’ha visto? sia un po’ una “casafamiglia” alla quale rivolgersi per chiedere aiuto.

Noi ci occupiamo di quei casi che per la mole di lavoro che hanno carabinieri e polizia a volte non ce la fanno a seguire più di una settimana e quindi simpaticamente le stesse forze dell’ordine dicono ai famigliari: “rivolgetevi alla Sciarelli”. Sul lungo periodo è normale che si crei un rapporto di tutela con chi ha bisogno di essere ascoltato. Non dimenticherò mai la lettera scritta a mano che mi inviò il papà del calciatore Denis Bergamini che si chiudeva con un tenero e disperato: “Chi può, se non voi, interessarsi alla morte di mio figlio?”.

Bergamini, passato per il “calciatore suicidato”, grazie anche a voi si è scoperto essere un omicidio ancora irrisolto, anche per colpa dei tanti depistaggi. E quelli, non mancano mai, a cominciare dall’assassinio di Ilaria Alpi, forse una delle maggiori “vittorie” della trasmissione.

Per Ilaria Alpi abbiamo sperimentato con successo il “metodo Chi l’ha visto?” che parte dal mio principio cardine: meglio morire sparato che in ospedale... Perciò chiesi a Chiara Cazzaniga, giornalista che conosce perfettamente la lingua araba di prendersi tutto il tempo ma di trovare un somalo “buono” che parlasse e in grado di scagionare quel povero Hashi Hassan che si è fatto 17 anni di carcere da innocente. Quando a Londra Chiara scovò Gelle che confermò l’innocenza di Ashi è stato un momento liberatorio, come l’abbraccio con Adriana Alpi, la mamma di Ilaria, che per me è stata più di un’amica.

Una rivincita contro i depistatori di professione con i quali lei si scaglia coraggiosamente contro, anche in diretta.

Beh - sorride - ho rimesso al suo posto anche l’attentatore di papa Wojtyla, Ali Agca, quando si intromise con le sue bugie sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Stando a stretto contatto con le famiglie come la Orlandi o quelle della piccola Denise Pipitone che da anni rivendicano il “corpo” delle loro figlie non posso tollerare che qualcuno, in maniera criminale, sparga menzogne riaccendendo le speranze di chi soffre già tanto per una verità che non arriva...

«Verità», sembra la parola guida nell’esercizio della sua professione di giornalista.

Sì, la verità prima di tutto. A volte mi rendo conto di essere particolarmente passionale ma come faccio a non scaldarmi quando mi trovo di fronte all’omicidio del bambino di Cardito. Ma come è possibile mamma... se tuo figlio viene picchiato come fai a non metterti in mezzo e a gettarti nel fuoco per lui? Parto da casa e arrivo alla scuola, perché non accada più che un insegnante non denunci se vede arrivare in classe un bambino pieno di lividi come accadeva al piccolo Giuseppe che è morto per le botte che gli dava il patrigno, e la sua sorellina è ancora viva per miracolo.

Avvertiamo forte la sua emozione quando si occupa di bambini, le è mai capitato di piangere in diretta?

Cerco di tenere botta, ma non è facile trattenere le lacrime quando ripenso alla fine di Tommaso Onofri: il giorno prima del ritrovamento del suo corpicino ero stato a trovare la mamma a Parma... È dura quando affronti in diretta drammi come quello di Sarah Scazzi o dei fratellini di Gravina, Ciccio e Tore, che sono morti laggiù, in fondo a un pozzo. Per difendere i diritti dei più piccoli abbiamo subito anche l’assalto di quelli di Casa Pound che in una manifestazione picchiavano dei ragazzini.

In questi quindici anni, ha mai pensato di gettare la spugna?

No, perché il seguito e il calore del pubblico mi dà energia e così mi riprendo dal prosciugamento settimanale. Poi scarico tutte le tensioni accumulate facendo sport, footing, palestra, pattinaggio artistico. Il poco tempo libero che ho dal lavoro, lo passo con mio figlio, Giovanni Maria. Farà il giornalista? È iscritto a Scienze Politiche, spesso mi sorprende con delle informazioni che gli arrivano molto prima... Ha un grande senso della notizia e poi è cresciuto a pane e tv, da piccolo quando mi vedeva leggere il Tg pensava parlassi a lui e diceva: “Oh, ma mamma ma non mi rispondi?”.

Quando ha capito che la Sciarelli è diventata un icona pop.

Forse quando sono andata ospite a Sanremo. Dietro le quinte volevo farmi dei selfie con i miei cantanti preferiti e con grande sorpresa ho scoperto che invece erano loro che chiedevano di fotografarsi con me. Ron mi è venuto incontro e mi fa: “Sei il mio mito. Ma lo sai che tutti i mercoledì sera mi siedo sul divano e vedo Chi l’ha visto? con la mia mamma...