Agorà

L'anniversario. 9/10 luglio 1943, lo sbarco in Sicilia tra storia e memoria

Vincenzo Grienti giovedì 9 luglio 2020

La Mappa degli Alleati per il piano d'invasione della Sicilia

Storia e memoria camminano insieme lungo le strade della Sicilia sud orientale nel giorno che segna l'anniversario dello sbarco degli Alleati nell'isola tra il 9 e il 10 luglio 1943. Un capitolo determinante per le sorti della Seconda guerra mondiale scritto due mesi prima della firma dell'armistizio di Cassibile, in provincia di Siracusa. "Quannu trasieru i miricani noantri erumu scantati, ma puoi capiemmu ca erunu vinuti pi fari finiri a' guerra" dice in dialetto la signora Teresa, 95 anni e tanti ricordi. "I miricani" come li chiama lei erano in realtà i giovani soldati canadesi che parteciparono alla “missione” a fianco di inglesi e statunitensi. I canadesi risalirono dalle coste tra Porto Ulisse e Pozzallo percorrendo le trazzere polverose della vasta campagna modicana.

Alcuni bunker situati su Monte l'Apa a nord di Gela - Foto Salvatore Reale

La guerra non finì subito. Anzi, dopo lo sbarco il conflitto continuò per altri due lunghi anni concludendosi nel 1945 con la Liberazione. Date, nomi e avvenimenti che restano vivi ancora oggi nei diari dei reduci, nei ricordi dei figli e dei nipoti che hanno ascoltato padri e nonni, ma anche negli occhi degli ormai pochissimi anziani rimasti ancora in vita a raccontare un fatto che ha cambiato la storia d'Italia. Era la notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 quando gli americani della 45ª Divisione di fanteria della 7ª Armata, guidata dal generale George Patton, diedero il via a quella che in codice veniva chiamata “Operazione Husky". Gli anglo-americani sbarcarono verso le 3:45 su un fronte di 17 chilometri tra Punta Zafaglione e Punta Braccetto mentre la 1ª e la 3ª Divisione occupavano il tratto di spiaggia compreso tra Gela e Licata.

Le zone individuate per lo sbarco furono due: quella di competenza della 7ª Armata statunitense, da Licata a Scoglitti, un tratto di oltre ottanta chilometri nella curva naturale che compone il Golfo di Gela, e quella dell'8ª Armata britannica comandata dal generale Bernard Montgomery attestato sulla fascia costiera tra il Golfo di Noto, Pachino e a ovest di Portopalo di Capo Passero, a Punta Castelluzzo, lungo una zona di circa 50 chilometri.

Casamatta lungo la strada che da Vittoria conduce a Gela, in provincia di Ragusa - Foto Salvatore Reale

Era un'estate secca e torrida. Dopo mesi di pianificazione strategica e tattica il generale Harold Alexander, comandante delle forze terrestri, fece scattare l'ora X. La direzione delle operazioni venne affidata al generale Dwight David Eisenhower mentre il comando delle forze navali all'ammiraglio inglese Andrew Browne Cunningham, già protagonista della vittoria a Capo Matapan. Le forze aeree invece furono coordinate dal maresciallo dell'aria Arthur Tedder. Ma al di là di tatticismi e manovre militari l'impatto che lo sbarco ebbe sulla popolazione locale fu indimenticabile. I paesini e i piccoli centri siciliani che furono "invasi" dagli Alleati erano popolate per lo più da donne, bambini, anziani e inabili alla leva. Poi c'erano i soldati tedeschi e italiani posti a difesa dell'isola e soprattutto delle coste come testimoniano i bunker, i pillow e le casematte ben visibili al viaggiatore tra gli alberi di carrubbo e i "muri a secco" bianchi caratteristici della campagna iblea.

La lapide che commemora la battaglia di Gela sulla strada provinciale n. 8 per Butera - Foto Salvatore Reale

Tra le donne che assistettero allo sbarco anche Agnese Modica, morta pochi giorni fa a fine giugno 2020, all'età di cento anni. Agnese non mancava mai di ripercorrere la sua storia raccontandola a chi mostrava interesse nell’ascoltarla. Dal suo personale baule della memoria amava ricordare i giorni precedenti lo sbarco quando gli aerei Alleati sganciavano volantini per dire alla popolazione "allontanatevi dagli obiettivi militari" assicurando che ai civile non sarebbe accaduto nulla. Nonna Agnese a conclusione dei suoi racconti ribadiva che "la guerra è la cosa più brutta che un essere umano possa fare e possa vivere". Una raccomandazione comune a molti anziani che come la signora Modica videro mariti, fratelli e figli partire, molti dei quali non tornarono più o furono fatti prigionieri e deportati in Germania e in Polonia come IMI, sigla che sta per Internati militari italiani, cioè coloro che decisero di non restare a fianco degli ex alleati tedeschi nè di aderire alla Repubblica sociale italiana di Mussolini dopo l’8 settembre.

Allo sbarco degli Alleati in Sicilia sono stati dedicati film, l'ultimo dei quali In guerra per amore con Pif, ma anche saggi, libri e studi storici che trattano sotto diverse angolature lo sbarco in Sicilia. Tra questi il giornalista e reporter Franco Bandini, ormai scomparso, che fece una lettura molto originale e ben documentata sui preparativi, ma anche sui punti in sospeso, che ruotavano attorno all'invasione alleata, primo tra tutte il ruolo avuto dalla mafia e, in particolare, da Lucky Luciano. Fabrizio Carloni in Gela 1943. Le verità nascoste dello sbarco americano in Sicilia (Mursia, 2011) approfondisce episodi drammatici e tragedie dimenticate dal tempo come l'uccisione di numerosi civili, ma anche fatti come quelli accaduti in località Passo di Piazza dove alcuni Carabinieri Reali che si erano arresi dopo una breve ma valorosa resistenza furono fucilati da elementi della 82ª Divisione Usa aviotrasportata. Fatti ed eventi nascosti tra le pieghe della storia a cui si aggiunge l'atto eroico della Divisione motorizzata Livorno che per tre giorni, diversamente da quanto si legge nei libri di scuola, fermò l'avanzata statunitense.

Una circostanza che viene narrata da Pier Luigi Villari, L'onore dimenticato (IBN Edizioni, 2013). Ancora più dettagliata è la descrizione che viene fatta invece nel volume appena dato alle stampe Tre giorni vissuti da eroi. Le voci dei protagonisti. Gela 10-12 luglio 1943 di Salvatore Reale e Giovanni Iacono, pubblicato con il patrocinio dello Stato Maggiore dell'Esercito.

“Fino a pochi anni fa la Campagna di Sicilia in generale e la battaglia di Gela e delle zone limitrofe in particolare erano state dimenticate dalla storiografie ufficiale che si rifaceva in larga parte a quella di origine anglosassone la quale rappresentava lo sbarco in Sicilia come un’operazione poco cruenta, senza nessuna o scarsa resistenza da parte delle truppe dell’Asse e che si svolse quasi come una festante avanzata nell’isola tra due ali di folla ansiosa di essere liberata" scrivono gli autori nell’introduzione al volume in uscita nel giorno dell'anniversario dello sbarco.

Reale e Iacono, entrambi studiosi di storia militare, seppur non accademici, hanno ricostruito gli aspetti meno conosciuti che riguardano i combattimenti avvenuti nel sudest della Penisola. Sono andati alla ricerca di documenti, carte, fotografie presso l’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito avendo cura delle fonti per rileggere chi la storia l’aveva vissuta in prima persona. Tutto questo è stato incrociato con le ricerche sul campo. Reale e Iacono hanno setacciato palmo per palmo i luoghi descritti nelle relazioni “per meglio comprendere la dinamica degli scontri o intervistando gente del posto che aveva assistito agli scontri o che aveva conosciuto i soldati che lì avevano combattuto ed erano morti”.

“Come militari professionisti ci prepariamo al meglio per quello che speriamo non debba mai succedere e nonostante questo capita di trovarsi in condizioni di inferiorità con il nemico – scrive il colonnello Livio Ciancarella, Capo dell’Ufficio Storico dell’Esercito, che firma la premessa al volume di Reale e Iacono -. Quello che è successo e succede ancora è una scintilla, un motore interno che contro la logica e l’istinto ti spinge a fare lo stesso il tuo dovere, anche sapendo quello che succederà, anche contro le speranze. Si chiama valore".

In quella estate del 1943 accaddero molte cose, spesso controverse e oggetto di studi e analisi di storici ed esperti, divulgatori e giornalisti. Restano come testimoni del tempo quelle piccole e grandi fortificazioni in pietra o in cemento, ancora oggi visibili al viaggiatore che incuriosito vorrà approfondire la storia dell'ennesima invasione dell'Isola che di dominatori ne ha visti tanti nel corso dei secoli.