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IL FESTIVAL. Dietro al palco del Festival si consuma la guerra Siae

Angela Calvini venerdì 15 febbraio 2013
«Altroché Felicità. Gli autori delle canzoni italiane rischiano di morire: lanciamo un appello agli artisti di Sanremo perché alzino anche loro la loro voce». Popi Minellono, l’autore dei grandi successi del Sanremo anni 80 celebrato da Fazio (suoi sono i testi di Felicità di Al Bano e de L’italiano di Toto Cutugno), capitana la protesta contro lo statuto della Siae. Da mesi gli autori italiani si sono spaccati a metà: da una parte quelli che vedono una Società Autori ed Editori in mano alle multinazionali e, dall’altra quelli che invocano una alleanza con quest’ultime per difendersi meglio nell’era della rivoluzione digitale.Il braccio di ferro si inasprisce in vista delle elezioni degli organismi dirigenti della Siae il primo marzo. La Società che garantisce il diritto d’autore in Italia è commissariata dal 2010 quando si ritrovò con i conti in rosso per 18,6 milioni. Per il 2013 nel preventivo della Siae è prospettato un avanzo pari a 4,7 milioni nonostante il calo degli incassi complessivi (-60 milioni sul 2011) e dei ricavi (-18,4 milioni sul 2011). Gli incassi previsti per il 2013 sono 585mila euro: una cifra drammatica. Il dibattito si scatena sul nuovo statuto approvato sotto la gestione del commissario Gianluigi Rondi. Contro si schierano sigle come la Crea presieduta da Minellono (che raduna autori come Piovani, Conte, Morricone, Vasco, Zucchero, Curreri), dall’altra la Fem (Federazione editori musicali) presieduta da Filippo Sugar, e la Federazione Italiana Autori presieduta da Gino Paoli e di cui fanno parte Lavezzi, Mogol, e nelle cui liste si presentano Zero, Antonacci e Jovanotti. Due giorni fa anche soci Siae appartenenti alle liste minori Acep, Arci, Audiocoop sono scesi in piazza a Roma. Le nuove norme, denunciano, «attribuiscono, in maniera pressoché esclusiva, la governance della società agli associati più ricchi ovvero a quelli che beneficiano delle somme maggiori in sede di riparto dei diritti d’autore. Secondo il nuovo statuto, infatti, ogni associato ha diritto in assemblea a un voto più un voto per ogni euro incassato». «Questo sistema di votazione – spiega Alessandro Archisano, vicepresidente Acep – è antidemocratico e ingiusto, perché su 100 mila associati 98 mila sono piccoli e medi». In ballo c’è pure un ricorso al Tar. E come se non bastasse è stato congelato pure il fondo di solidarietà che garantiva 600 euro di pensione a ogni autore, chiamato a versare il 4% dei suoi proventi nelle casse comuni.Lo stesso Mauro Pagani, consulente artistico del Festival, si dice preoccupato del futuro degli autori italiani, «anche se sono neutrale: so solo che la Siae va riformata perché non funziona. I locali e le radio pagano un forfait: tutto finisce in un calderone ripartito non nominalmente ma chissà come». Non è d’accordo Mario Lavezzi per il quale «solo l’unione fa la forza. La discografia è crollata del 74% in un anno, sorpassata dal digitale. Quindi è necessario allearsi con le major, che sono le uniche che possono avere il peso di contrattare con i portali. Il censo? Gli autori che guadagnano di più sono quelli che producono anche di più: su quasi 100mila associati, solo 1500 guadagnano più di 10.000 euro all’anno».Ragiona in termini manageriali Filippo Sugar, presidente della Fem Cda. che con la Sugar Music a Sanremo porta Gualazzi e Malika. «Il primo punto è garantire la governabilità, che oggi non c’è. La Siae di domani deve essere efficiente, autorevole e avere una rappresentanza adeguata fatta da professionisti: questo a vantaggio di grandi e piccoli. La Siae, inoltre non avrà più il monopolio della raccolta dei diritti: bisogna renderla forte per battere nuove società private all’orizzonte. Siamo a una svolta epocale a causa della musica digitale: solo le multinazionali sono in grado di contrattare con Google e iTunes per raccogliere i diritti d’autore. Basta ragionare con i personalismi. Siamo tutti interessati alla tutela del patrimonio culturale italiano».