Agorà

CINEMA. Samuel L.Jackson: «Il mio Luther King per i giovani d’oggi»

Angela Calvini mercoledì 12 ottobre 2011
«Io non ho paura, perché sono stato sulla cima della montagna, ho visto la Terra Promessa». Le parole dell’ultimo discorso di Martin Luther King prima di essere assassinato il 3 aprile 1968 riecheggiano sul palco del Bernard B Jacobs Theatre di Broadway. A dargli voce e corpo è un sorprendente Samuel L. Jackson, uno dei grandi divi di colore di Hollywood, che il 13 ottobre debutta per la prima volta nella culla del teatro, interpretando il suo eroe in The Mountaintop (il titolo, appunto, deriva dall’ultimo proclama del Reverendo). L’opera è stata scritta da una trentenne di Memphis, Katori Hall, e nel 2010 ha vinto come Miglior dramma agli Oliver Awards di Londra. Ora è diventato lo spettacolo del momento a New York, una produzione milionaria che vede sul palco un’altra star afroamericana del calibro di Angela Bassett (tra i suoi film la biografia di Tina Turner), il tutto accompagnato dalla regia di Kenny Leon (nominato a 10 Tony Awards) e dalle musiche originali di Branford Marsalis. Dal 22 settembre sono in scena con successo le cosiddette «preview» (anteprime di rodaggio), e si andrà avanti per 16 settimane (pare che Jackson guadagnerà 50mila dollari a settimana). Per l’attore interpretare Martin Luther King, comunque, è un privilegio speciale, perché il suo assassinio è legato alla sua storia personale. «Quando avevo 20 anni, nel 1968, fui uno degli usceri al funerale del reverendo ad Atalanta. Allora ero solo un timido ragazzo del Tennessee, abbandonato dal padre, che per vincere la balbuzie si era iscritto a un corso di recitazione della sua scuola». Trasferitosi a New York, le prime belle speranze, fra uno spot e una comparsata, erano naufragate nell’alcol e nella cocaina. L’occasione del riscatto arrivò dal regista Spike Lee: <+corsivo>Fa’ la cosa giusta<+tondo> (1989), Mo’ Better Blues (1990) e , Jungle Fever (1991). Poi, l’incontro con Tarantino che ne fece un’icona nel ruolo del killer-profeta in Pulp Fiction, e, infine, i trionfi al botteghino con blockbuster come Star Wars e Iron Man. «Voglio tornare sul palcoscenico per ricominciare una carriera, per ricaricare le mie batterie di quell’energia che non sono capace di ricevere dai film», dice Jackson, che pensa soprattutto alle nuove generazioni. «Vorrei che questa pièce illuminasse i giovani che davvero non sanno chi era Martin Luther King – spiega l’attore –. Lui era più di un solo discorso, più di un’idea: era un uomo che ha sacrificato la sua vita per un’ideale. Questo testo lo umanizza in un modo che non ho mai visto fare, ci aiuta a vederlo come un uomo, non come un’icona».L’azione si svolge la notte prima dell’assassinio del difensore dei diritti umani, ed è ambientata nella stanza 306 del Lorraine Motel di Memphis, subito dopo il celebre discorso. Il dramma inizia con l’ingresso di una cameriera di colore (Angela Bassett) che porta a King un caffè. Una donna, misteriosa con la quale inizia un dialogo che costringe l’uomo a mettersi a confronto col suo passato, con la sua missione e con la sua gente. «Il ruolo di Angela Bassett è inventato – spiega Jackson –. Lavoriamo bene insieme perché ci conosciamo da sempre. Abbiamo lavorato, insieme anche a Morgan Freeman, nella stessa compagnia degli Anni 80, la Negro Ensemble Company. Frequentiamo la stessa chiesa, i nostri figli sono amici». Per prepararsi al suo debutto a Broadway, Jackson ha ascoltato molti discorsi di King. «Ho speso moltissimo tempo a cercare interviste e semplici conversazioni con la gente, così da poter ascoltare la sua voce normale, perché il tono deve essere colloquiale: lui è in una stanza di hotel, non sta tenendo un discorso». L’attore, fervente sostenitore di Barak Obama, infatti vuole presentare un King inedito: «Ho cercato un tono di voce che aiutasse ad esplorare le sue paure e le sue speranze per la nazione e che ce lo rendesse ancor più familiare».