Agorà

Festival. Rocco Hunt a Sanremo: l'impegno civile della Napoli-rap

Angela Calvini mercoledì 10 febbraio 2016
«Wake up, guagliò». Sveglia ragazzi, e sveglia Ariston. È già tormentone il ritornello lanciato con esuberanza dal ventenne Rocco Hunt, che col suo inno rap alla gioventù del Sud, ha fatto ballare il pubblico incravattato della platea. Denunciando, però, dietro al groove incalzante, disoccupazione e disillusione verso la politica. Perché quest’anno il rap è quello che le canta chiare al Festival di Sanremo. Quotati ultimi nella classifica del Festival dai bookmakers, in vetta invece a quella dei social, Rocco Hunt da Salerno e Clementino da Cimitile presso Nola, provincia di Napoli, che stasera porterà in gara la malinconia dei giovani emigranti in Quando sono lontano, intercettano e cantano il disagio del Sud e la sua voglia di rivincita. Perché Rocco e Clemente (che hanno spesso collaborato insieme) quella realtà l’anno vissuta sulla loro pelle e l’hanno riversata nel rap della periferia partenopea, dove c’è più calore e ironia (anche grazie al dialetto) del rap arrabbiato della suburbia di Los Angeles o New York. Uno stile diverso, per raccontare però problemi terribili, come il dramma della Terra dei fuochi nel brano Nu juorno bbuono che ha fatto vincere a Rocco Hunt nel 2014 Sanremo Giovani, o la delusione per dovere essere costretti ad andarsene da quella terra ammalata, cantata nella dolente O’ viento che ha lanciato Clementino.Ora i due portano al Festival quella voglia di legalità che nasce dalla base del Sud più sano. Un tema in controluce qui a Sanremo dove sino a domani si svolgerà il “Festival della legalità e delle idee” al Teatrino del Casino (ospiti Gherardo Colombo, Giuseppe Ayala, Livia Pomodoro, Giovanni Impastato) mentre ogni mattina continuano presso Casa Sanremo gli incontri con il Campus Polizia di Stato per i ragazzi delle scuole. Rocco Hunt, vero nome Rocco Pagliarulo, classe 1994, cresce nelle case popolari della zona orientale di Salerno. Papà operatore ecologico, mamma casalinga, sin da piccolo trova nella musica lo sfogo per i sogni di un ragazzino di periferia. Con non poca preoccupazione dei genitori. «Mio papà è un grande devoto di Padre Pio, mi ha affidato a lui fin da quando mi vedeva tentare di rappare da bambino – spiega sorridendo con tenerezza Rocco ad Avvenire –. Beh, il Santo ci ha aiutato eccome. Quando ho vinto Sanremo Giovani papà si è fatto un tatuaggio di Padre Pio grosso così». Ma poi aggiunge serio: «Se non avessi avuto una famiglia come la mia e la passione per la musica, probabilmente sarei finito in qualche brutto giro come tanti ragazzi delle mie zone, che vengono attratti dalle promesse di soldi facili». Il ragazzo cresce, scrive, canta e diventa una star del web: il successo a Sanremo lo fa conoscere al grande pubblico. «Appena vinto il Festival sono andato in chiesa da don Patriciello e gli ho chiesto “padre, come posso rendermi utile?” – svela –. E così abbiamo fatto un concerto benefico insieme nelle palazzine popolari a Caivano nel centro della Terra dei fuochi. È una lotta profonda difficile, un problema interrato nella nostra terra, una cosa irreparabile. Però è sbagliato cadere nei luoghi comuni. La Terra dei fuochi, purtroppo, è in tutto il mondo, dalla Pianura padana fino ai rifiuti tossici scoperti in Africa». L’importante è pensare positivo e così se in Wake up (che anticipa l’uscita il 4 marzo dell’edizione speciale dell’album SignorHunt contenente 8 inediti fra cui L’eco del mare dedicato alle morti nel Mediterraneo) Rocco a Sanremo rimprovera i politici: «voi parlate di futuro e intanto cade un’autostrada/e nei programmi il pomeriggio imbambolate l’Italia» e si rivolge ai suoi coetanei incitandoli: «Un giorno saremo felici, quel giorno io spero che non sia lontano,/non dimentico mai le mie radici, perché in questa terra c’è scritto chi siamo». «Wake up vuole essere un brano che risveglia le coscienze – ci spiega – che invita i miei coetanei a svegliarsi e impegnarsi, a darsi da fare contribuendo attivamente alla nostra società futura».Stasera invece tocca a Clementino, all’anagrafe Clemente Maccaro, classe 1982, di Cimitile vicino a Nola. «Vengo da quel triangolo della morte che ha come punte Acerra, Secondigliano e Nola. Cimitile sta nel mezzo, quindi sono un rapper radioattivo», scherza il cantante che non si è tirato indietro quando si è trattato di fare concerti di beneficenza per la Terra dei fuochi e proprio a Nola ha girato con Fabri Fibra il video La luce. Figlio di attori da cui eredita la passione per il teatro, Clementino si fa le ossa come campione di freestyle collaborando con i big del rap italico. A Sanremo in Quando sono lontano canta un retroterra difficile da cui scappare («quante notti oscurate, nocche spaccate, note stonate, quanti dei nostri a fare le cose sbagliate») e la forza quotidiana di «chi porta i figli a scuola tutti i giorni spera in un futuro migliore /E c’è chi guarda fuori e prega il Signore». Un brano, racconta, ispiratogli «dopo aver visto a un mio concerto a New York tanti giovani nuovi emigrati italiani dal Sud Italia, che ha fatto tanti sacrifici per cercare altrove un lavoro. Ma è dedicato anche a chi scappa dalla guerra in Siria». Non a caso, nell’ultimo album in uscita il 19 febbraio Miracolo! Secondo round è presente l’ultimo brano registrato da Pino Daniele e scritto da Clementino sulla guerra, Da che parte stai. Certo, Clementino a volte picchia duro col rap come in certi brani non condivisibili sulla legalizzazione della marijuana. Ma in molti pezzi l’impegno si alterna con sensibilità al divertimento. D’altronde «non puoi essere un rapper se non conosci il disagio», spiega Clementino che deve avere pestato i piedi a qualcuno a casa sua perché la sua auto è stata bruciata di recente. Lui ha scelto la strada della denuncia, non solo ai carabinieri, ma anche ai suoi fan, raccontando l’intimidazione sulle sue pagine Facebook. Nonostante tutto, lui continua ad abitare nella sua zona, anche se è sempre più difficile per questo ragazzo cresciuto nell’Azione Cattolica Ragazzi («mi hanno buttato fuori un paio di volte, ero un casinaro terribile», ride) ma che ha un sogno per i giovani della sua terra. «Con don Antonio Manganiello, che è una grandissima persona che sta lottando contro la criminalità avevamo intenzione di fare qualcosa per i ragazzi – spiega –. Io sono presidente onorario di una scuola calcio per bambini, la “Iena Soccer Academy” di Roccarainola (Napoli). Nella nostra zona le istituzioni dovrebbero organizzare più concerti, scuole di calcio, di teatro e di danza. Più locali dove si fa buona musica e meno discoteche dove ti spaccano la testa. Fate qualcosa al posto di costruire decine di locali per scommesse. E invece qui da noi non ci sta niente».