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Preistoria. Quelle uova giganti che sfamarono i primi australiani

Redazione Agorà giovedì 26 maggio 2022

Il deserto australiano

Ricercatori e ricercatrici di un team internazionale coordinato dall’Università di Torino sono riusciti ad ottenere il sequenziamento di proteine antiche preservate all’interno dei gusci delle uova di specie aviarie sfruttate dai primi abitanti dell’Australia, circa 50.000 anni fa. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) in collaborazione con l’Università di Cambridge ed altre istituzioni internazionali (Colorado Boulder, Copenhagen, Texas) ha dimostrato l’appartenenza delle uova alla specie gigante estinta Genyornis newtoni (dal peso di circa 200 kg).

I ricercatori sono giunti a questa conclusione ricostruendo antiche sequenze proteiche e confrontandole con 364 specie viventi di avifauna. Genyornis newtoni era un uccello alto più di due metri, pesava tra i 220 e i 240 kg, deponeva uova grandi come quelle degli struzzi, di circa 1,5 kg e apparteneva alla "mega-fauna" australiana scomparsa poche migliaia di anni dopo l'arrivo di Homo sapiens. Il record archeologico australiano ha restituito un’enorme quantità di gusci d’uovo di questa specie, molti caratterizzati dalla presenza di evidenti segni di bruciatura che dimostrerebbero lo sfruttamento delle uova da parte delle comunità umane. I gusci carbonizzati delle uova scompaiono dal record fossile circa 50.000 anni fa, ovvero pochi millenni dopo l’arrivo dei primi Homo sapiens in Australia, circa 65.000 anni fa; questo dato dimostrerebbe, quindi, il possibile ruolo delle prime comunità umane nell’estinzione di Genyornis newtoni e, più in generale, l’impatto antropico sull’ambiente naturale già durante il Pleistocene Superiore.

“L’identità della misteriosa specie aviaria che depose le uova", ha dichiarato Beatrice Demarchi, del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino e prima autrice dell’articolo, "è stata al centro di una lunga controversia, che ha visto schierati due gruppi di ricerca - il primo a favore dell’ipotesi “Genyornis”, il secondo invece a supporto dell’identificazione delle uova quali appartenenti ad una specie estinta di megapodide, un galliforme terricolo dalla taglia molto più contenuta (tra i 5 e i 7 kg) e abitudini diverse. Le proteine dei gusci d’uova ci hanno consentito di posizionare la specie sull’albero evolutivo degli uccelli, dimostrando come questa fosse distante dai megapodidi”. "Il tempo, la temperatura e le caratteristiche chimiche di un fossile determinano la quantità di informazioni che possiamo ricavare", ha spiegato Matthew Collins, del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Cambridge, co-autore dello studio. "I gusci d'uovo sono fatti di cristalli minerali che possono intrappolare strettamente alcune proteine, conservando questi dati biologici negli ambienti più difficili - potenzialmente per milioni di anni".

"Non ci sono prove di macellazione di Genyornis nel record archeologico. Tuttavia, frammenti di guscio d'uovo con tracce di bruciatura coerenti con l'attività umana sono stati trovati in diversi luoghi del continente", ha aggiunto il Prof. Gifford Miller dell'Università del Colorado co-autore della ricerca. “Questo implica che i primi esseri umani non hanno necessariamente cacciato questi enormi uccelli, ma hanno razziato i nidi e rubato le loro uova giganti per cibarsene. I gusci di uova racchiudono informazioni dettagliate sulla specie che le ha deposte, l’ambiente in cui è vissuta, e le relazioni con altri esseri viventi - incluse le popolazioni umane. Questi straordinari archivi bioarcheologici ci consentono di esplorare l’alimentazione nel passato, ma anche aspetti artistici, rituali e simbolici in ogni epoca della storia umana.”