Agorà

Dulcis in fundo. Moretti? Quel suo Papa è poetico

Fabio Colagrande - giornalista di Radio Vaticana giovedì 21 aprile 2011
Caro direttore, Nanni Moretti ha presentato il suo 'Habemus Papam' come una commedia. Ma quando, in apertura del film, pochi istanti prima di affacciarsi dalla loggia centrale di San Pietro, Michel Piccoli, nei panni del Papa appena eletto, prorompe in un urlo di angoscia, si capisce subito che ci sarà poco da ridere. Da qui in poi sullo schermo si dipana il dramma esistenziale di un Papa, o meglio di un uomo, che non sa affrontare la realtà. «Non ce la faccio, aiutatemi». Il bravissimo Piccoli ripete con disarmante semplicità queste parole, dando loro un significato universale. Sullo sfondo Moretti costruisce con garbo una cornice leggera, in cui lui stesso organizza tornei di pallavolo per i porporati, ma si capisce che il cuore del film è altrove, in quel Papa spaventato che vaga per Roma.Un’originale metafora dell’uomo di oggi, confuso, inadeguato ad affrontare la realtà, che vorrebbe 'scomparire' di fronte a un mondo che lo sfida all’impegno, al rinnovamento. Qui non si parla della Chiesa, ma dell’uomo del duemila. E questo pontefice un po’ Pinocchio, che fugge le responsabilità per rifugiarsi nelle malinconie di Cechov, è una figura poetica indimenticabile. E commuove, mentre sussurra vergognoso al portavoce vaticano il suo desiderio inconfessabile, che prima o poi è stato il nostro, «Non si può fare che io scompaio?».Sembra dunque che a Moretti non interessi discettare sulla fede dei cardinali o del Papa, ma descrivere uno stato d’animo che sente vivo e attuale. E da regista laico, non vuole affatto 'scherzare' con la Chiesa, ma racconta i fatti vaticani con eleganza, rispetto, qualche trattenuta ironia, quasi affettuosa. Anzi, più ci mostra l’angoscia e la confusione di un pontefice appena eletto, più sottolinea, indirettamente, la grande responsabilità che ha oggi la Chiesa. E il suo papa cinematografico, così incapace, fa risaltare per contrasto la fede e la forza del Papa della nostra storia. 'Habemus Papam' fa riflettere, credenti e no, sulla forza che dona l’umiltà di abbandonarsi con fiducia nelle braccia di Dio, come ha fatto Benedetto XVI..Viene da pensare che solo un regista non­credente, incapace sia di lusingare quanto di attaccare la Chiesa, potesse ritrarre il Vaticano in modo così umano e restituirci un Papa immaginario non retorico, così autentico e nobile nella sua fragilità da suscitare partecipazione.