Agorà

LeBron James. Il basket è una scuola di vita

Antonio Giuliano venerdì 8 aprile 2022

Il 37enne fuoriclasse dei Los Angeles Lakers, LeBron James, in mezzo ai ragazzi di cui si prende cura la sua fondazione

Se i grandi si ricordassero di essere stati bambini, il mondo sarebbe senz’altro migliore, è la lezione del Piccolo Principe della letteratura. “King” James, il “re” del basket Nba, non ha mai dimenticato questa verità, anche se oggi LeBron è un gigante di 206 centimetri e un campione di fama mondiale. Anzi, come non smette di ripetere, è stata proprio la sua infanzia difficile la molla per arrivare in alto e l’origine del suo impegno a tutto campo per i ragazzi svantaggiati della sua città. Sono ben scolpiti nella sua mente i continui spostamenti a caccia di un tetto e di qualcosa da mangiare insieme con sua madre Gloria. La donna aveva solo sedici anni quando lo partorì ad Akron in Ohio il 30 dicembre del 1984, abbandonata dal suo compagno, ma determinata a portare avanti da sola la gravidanza. Senza un papà e senza un lavoro stabile della mamma, quelle continue peregrinazioni costrinsero il piccolo LeBron a saltare anche 83 giorni di scuola in quarta elementare. Un’odissea che spiega quanta soddisfazione abbia provato nel 2018 a camminare tra i corridoi della sua nuova scuola “I Promise School” voluta e realizzata attraverso la fondazione a lui intestata. «Uno dei giorni più belli della mia vita, uno dei traguardi di cui vado più fiero, e intendo tenere vivo questo impegno per sempre. Desidero che i più giovani e le loro famiglie si sentano ispirati, motivati, e desidero dare loro l’aiuto educativo e quotidiano che avrei tanto voluto ricevere anch’io, da ragazzo. Io ero uno di loro, e nemmeno troppo tempo fa».

Scrive così James nella prefazione della sua ultima fatica fuori dal parquet, un curioso romanzo per ragazzi firmato con Andrea Williams, ispirato alla sua missione sociale. Super Team arrivato in Italia grazie alla casa editrice Il Castoro (pp 224, euro 13,50 con la traduzione di Maria Laura Capobianco) racconta le vicende dell’Hoop Group, la squadra di basket di una scuola media. I protagonisti del libro, Jayden, Tamika, Chris, Anthony e Dexter, sono giovanissimi che hanno alle spalle le stesse vicissitudini degli oltre 1400 ragazzi dell’area di Akron di cui si prende cura la scuola “I Promise”. Un nome che fa riferimento alle promesse che LeBron e gli studenti fanno a sé stessi, alle loro famiglie e agli altri, di essere il meglio che possono essere in tutto ciò che fanno. Una storia che va ben oltre dunque un campo da basket, ma in cui la pal- la a spicchi può contribuire a cambiarti la vita, proprio come è stato per il fuoriclasse dei Lakers: «Io sono stato fortunato ad avere le persone giuste al mio fianco che mi hanno messo sulla retta via. Quando qualcuno crede in te, tutto cambia». Per il campione è arrivato il momento di restituire («da prima di giocare in Nba ho sempre desiderato pagare il mio debito con la comunità»), anche attraverso un libro che fa emergere il potere dello sport e della scuola nell’aprire strade nuove ai ragazzi.

Non a caso James ha sempre riconosciuto come la svolta per lui sia arrivata al collegio cattolico St.Vincent-St.Mary High School di Akron. In questo liceo ha conosciuto anche Savannah che sarebbe poi diventata sua moglie (dalla quale ha avuto tre figli) e sempre qui ha messo in mostra per la prima volta il suo talento cestistico. È da quel collegio che ha cominciato la sua scalata al trono. Negli anni sarebbero arrivati quattro titoli Nba (due con i Miami Heat, uno con i Cleveland Cavaliers e l’ultimo due anni con i Los Angeles Lakers). Oltre a una serie incredibili di record personali, come quest’anno l’aver superato i 37 mila punti in carriera che l’hanno reso il secondo miglior marcatore nella storia della Nba (scavalcato Karl Malone, ora ha davanti solo Kareem Abdul-Jabbar). L’ultima stagione in gialloviola è stata fallimentare, la franchigia di Los Angeles non è riuscita ad approdare nemmeno ai playoff, sebbene il 37enne LeBron sia ancora in corsa per il titolo di cannoniere del campionato. Ora però fa centro anche con questo libro che piazza “blocchi” di speranza e “taglia fuori” le derive di una società che sta facendo a pezzi i legami. Dal romanzo si evince forte la nostalgia per una famiglia unita e felice, da parte di ragazzi che non hanno avuto la fortuna di avere un papà e una mamma presenti. Così la formazione, le amicizie e un ambiente scolastico familiare diventano determinanti: «Come dico sempre ai miei ragazzi e alle mie ragazze, ad Akron, noi siamo una famiglia!». E “ We Are Family” era anche il primo titolo di questo libro.

Molti rischiano di finire nelle trappole della malavita e della droga. «Poteva succedere anche a me» ha sempre ammesso LeBron determinato nel regalare loro un futuro diverso, facendo in modo «che si sentano ispirati a lottare per i propri sogni, anche quando la vita li fa sembrare irrealizzabili». C’è l’invito a sentire che ognuno di noi ha una missione, un compito da svolgere. Il canestro più importante è allora rispondere alla propria chiamata e perseguirla con «l’idea che nulla, ma proprio nulla è impossibile, se uno ci mette anima e corpo». Sono tante le pagine in cui riecheggiano le convinzioni maturate da King James, anche riguardo alla fede. Nel 2016, dopo aver trionfato con i Cavaliers, ripercorrendo tutti i sacrifici del passato confidò: «Non so perché Dio mi abbia fatto prendere la strada più difficile, ma il Signore non ti fa affrontare certe situazioni senza che tu sappia farlo. Ho sempre cercato di mantenere un atteggiamento positivo invece di chiedermi perché fosse capitata proprio a me una situazione del genere. Ho continuato a ripetermi che questo era ciò che il Signore voleva che facessi». E allora sembra di sentire il campione quando nel romanzo il padre di Tamika recupera il rapporto con la figlia proprio guardandosi dentro: «Dio mi ha detto che devo imparare ad amarti meglio». Per poi aggiungere: «Quello che succederà non lo so, ma se questa esperienza mi ha insegnato qualcosa, è che il buon Dio ha sempre un disegno».