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ANTEPRIMA CINEMA. Harry Potter diventa grande tra fantasy e romanticismo

Francesco Bolzoni sabato 11 luglio 2009
Harry Potter e il principe mezzosangue diretto dal regista David Yates può definirsi il prefinale, riuscito parti­colarmente nell’ultimo capitolo, della saga sul maghetto che sarà al centro anche degli ultimi due film della serie raccolti sotto il ti­tolo di I doni della morte attualmente rea­lizzati dallo stesso Yates. L’opera, sicuro blockbuster dell’estate (questo sesto capi­tolo è in arrivo il 15 luglio dopo l’anteprima di domani a Giffoni), non dice molto su quel «principe mezzosangue» autore delle anno­tazioni di un vecchio libro che Potter utiliz­za nelle lezioni del divertente professor Ho­race Lumacorno tornato controvoglia alla scuola di magia (ben caratterizzato da Jim Broadbent) durante la creazione di filtri e descrive, con scansioni per certi versi epi­che, l’eroico destino del direttore della scuo­la di magia di Hogwarts, Albus Silente ( Mi­chael Gumbon). Bisognerà a questo punto, per fare un po’ di chiarezza sulla vicenda, tornare al film che diede origine alla saga del maghetto: Harry Potter e la pietra filosofale che uscì nel 2001. L’abile Chris Columbus, specializzato in rac­conti su bambini terribili (suo l’ormai stori­co Mamma ho perso l’aereo), lo aveva rica­vato dal primo romanzo di J. K. Rowling che, grazie al passa parola (poca la pubblicità per i primi volumi della saga), era diventato po­polarissimo tra i ragazzi che si scambiavano il libro. Il protagonista della storia era un or­fanello di undici anni raccolto e maltrattato dagli zii (due «babbani», cioè umani comu­ni) alla morte (misteriosa) dei genitori, en­trambi maghi. Harry Potter veniva invitato a seguire i corsi di magia nella scuola di Hogwarts. Qui diventava amico per la pelle con la saggia e un po’ petulante Hermione (Emma Watson) e il rosso di capelli Ron (il simpaticissimo Rupert Grint). Harry (Daniel Radcliffe), gli occhiali rotondi, una cicatrice a forma di saetta sulla fronte coperta dai ca­pelli, a suo tempo provocata dal nemico dei genitori, il terribile Voldemort, cominciava a vivere portentose vicende bene organizzate da Columbus (seguito negli altri film da Alfonso Cuarón e Mike Newell) con i com­pagni del cuore e con gli antagonisti guida­ti dal biondino Draco Malfoy (Ton Felton) che, in questo episodio, è stato arruolato nel­la squadra di Voldemort (la figura del bion­dino assume uno spessore di ambiguità as­sente nei precedenti episodi che ne fa un personaggio di ottimo spicco). In Harry Pot­ter e il principe mezzosangue l’aspirante ma­ghetto e i suoi amici e nemici sono, adesso, sui diciassette anni. Poniamo che chi cominciò a familiarizzare con loro avesse nel 2001 dieci anni: sarebbe adesso un giovanotto alle prese con i primi innamoramenti, i timidi baci, il sogno di un eterna felicità. Come appunto Harry e la ra­gazza Ginny ( Bonnie Wright), Hermione e Ron, che vediamo coinvolti in una spirale di gelosie, sentimenti repressi o manifestati che, grazie alle sottolineature delle immagi­ni, il regista rappresenta con una vivezza di annotazioni che sembra mancare nel libro della Rowling. Il risvolto sentimentale fa di Harry Potter e il principe mezzosangue una sorta di romanzo di formazione, di film a­dolescenziale assai conveniente all’età dei primi lettori dei romanzi della Rowling che attualmente sono letti con piacere anche da­gli adulti. Harry Potter e il principe mezzosangue, oltre che di primi amori, racconta le nuove insi­die di Voldemort di cui il professore Albus Silente rievoca la crudeltà derivata dallo scarso affetto ricevuto alla nascita (il padre scompare e muore la madre) e nell’adole­scenza come allievo di Hogwarts. Il male, che va affermandosi alla scuola dei maghi, do­mina anche nella città dei babbani (all’ini­zio del film vediamo saltare in aria il Mille­nium Bridge di Londra). E Albus Silente è co­stretto ad affrontarlo con l’aiuto di Harry, trasforma­tosi da aspirante maghetto nel Prescelto, sfidandolo nella sequenza emozio­nante della pericolosa di­scesa nella grotta dei mi­steri dove il professore e Harry sono assaliti da tur­be dei «risurgenti» di Vol­demort, tipo vecchio film sui vampiri che Yates colo­risce con bravura. Albus Si­lente verrà riportato alla scuola di magia dove av­verrà un evento catastrofi­co (che non sveliamo), con un finale però aperto. Que­sta scena importante e si­gnificativa trae calore e sa­pore dalle precedenti che fanno del film di Yates un racconto di fantasy, di a­zione e insieme una com­media.