Agorà

EURO2012. Più rumore fuori che in campo

Massimiliano Castellani mercoledì 13 giugno 2012
​Altro che le barzellette sui polacchi, parla FantAntonio e al barsport di Casa Azzurri manca solo la Luisona, la decana delle paste (quella sul bancone dal ’59) del Bar Sport vero di Stefano Benni, perché poi gli avventori surreali e gli argomenti da estasi del pecoreccio ci sono tutti. Nella Nazionale di Prandelli prima dell’eclisse parziale del Calcioscommesse si sorrideva, con Cassano invece, si ride sguaiatamente, come al brindisi del pranzo di matrimonio di Jessica e Ivano (di Carlo Verdone). Se avesse anche dei buoni autori (specie in Federazione), questo Cassano, in versione Lazzaro o simpatico lazzarone, potrebbe anche togliere una prima serata Rai a Fiorello che si è limitato a proporne un’imitazione, purtroppo sempre più vicina alla realtà. Ma Antonio è così, uno che ti incontra e ti saluta come il portiere del palazzo, con un "tutto bene dottò?". Un ragazzino di 30 anni, mai cresciuto (come Valentino Rossi, i geni restano eterni Peter Pan?) che per nascondere la sua timidezza, tiene sempre la monoespressione del trequartista ridens. Per la stampa sfoggia un sorriso scintillante come gli orecchini che porta ai due lobi, ma Antonio si sa, non ama i giornalisti (tranne uno, quello che gli scrive libri sulla collezione delle 5mila donne avute in carriera). E i giornalisti? La maggior parte fanno finta di amarlo, magari per avere un autografo, una foto e una maglia firmata da riportare in Italia. Sono gli stessi che quando lo giudicano si dimenticano che Antonio è il papà di Christopher (in linea con i Kevin e le Chanel) che gattona con la maglia azzurra numero 10 per le tribune degli stadi polacchi o viaggia in braccio a mamma Carolina che sulla schiena oltre al numero si è ritrovata la dolce dedica di Antonio, “il mio amore”. Ed è solo per amore verso il calcio giocato e non quello chiacchierone e chiacchierato, se Cassano è qui. Questione di cuore: «Tante volte ho pensato - ammette -. Che ci sto a fare qui io? Non sono un credente, ma ho avuto la grazia (giallo per la “cassanata” teologica n.d.r.) della guarigione e allora adesso che ci sono, questi Europei voglio giocarmeli da protagonista. Non sono mica venuto a perdere tempo...». Se Balotelli non avesse perso l’attimo fuggente , forse gli avrebbe servito l’assist per segnare alla Spagna: «Con la stecca che c’hai Mario, gli ho detto: ma tira no? Io la palla la do sempre, perché non mi piace fare gol…». Un modo per dire, sono un altruista, semmai non ve ne siate ancora accorti, «dopo 10 anni di Nazionale e 14 di Serie A». Ad Antonio come a Prandelli, non piacciono quei censori che oggi condannano senza appello e domani sono pronti a salire sul carro dei vincitori. «Prima dell’amichevole con la Russia stavate tutti con noi, poi dopo quel 2-0 assalto a Fort Apache». Via l’etichetta. «Prima cominciate voi giornalisti che a me date da sempre del matto, così come a Balotelli. E togliete a Totò Di Natale l’etichetta di quello che manca i grandi appuntamenti. Per me Di Natale è il cecchino». Come spiegare il calcio ai bambini, come lui, che è «nato stanco e vivo per riposare». Le menti riposano anche al barsport, dove dalla briscola e tressette all’improvviso si passa a parlare di sesso. È una trappola Antonio, ma tu ci caschi nonostante «il mister me lo aveva detto» che sarebbe arrivata la domanda. Ci sono omosessuali in azzurro? «Spero non ce ne siano, comunque è un problema loro». Boom, ecco pronti i titoli dei giornali. Poi in tarda serata, fa un passo indietro e precisa: «L’omofobia è un sentimento che non mi appartiene, non volevo offendere nessuno e non voglio assolutamente mettere in discussione la libertà sessuale delle persone». Una scivolata e poi un tentativo di salvataggio sulla linea. Poteva difendersi con un dorato silenzio, o seppellirci con una risposta ipocrita: invece ha dato fiato a quello che è. Prendere o lasciare.Meglio guardare avanti. L’immediato futuro azzurro prevede di «battere la Croazia e andare il più avanti possibile», quello rossonero è sempre più incerto. «Thiago Silva al Paris Saint Germain? Io sarò ignorante, ma se dipendesse da me non lo darei mai via per nessuna cifra, perché non si cede il difensore più forte del mondo… Io non so se rimango o vado via». Per oggi Antonio è meglio andare via. Sinceramente, hai detto troppo.