Agorà

Storia. Quando la Pietà di Michelangelo attraversò l’oceano

Barbara Jatta sabato 24 febbraio 2024

La partenza della Pietà di Michelangelo da piazza San Pietro verso Napoli, il 4 aprile 1964

60 anni fa la Pietà di Michelangelo usciva per la prima e ultima volta dalla Città del Vaticano per essere collocata per sei mesi nel padiglione della Santa Sede all’Esposizione universale del 1964 di New York. Lo storico avvenimento è ricostruito da Orazio La Rocca nel volume In viaggio con la Pietà (San Paolo), di cui pubblichiamo la prefazione di Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani.

La Pietà di San Pietro non ha bisogno di presentazioni. Visitata ogni giorno da circa 40.000 persone, 14 milioni in un anno, è certamente la scultura più nota e conosciuta di tutti i tempi. La sua immagine, riprodotta e diffusa nei modi più diversi, ha raggiunto i luoghi più remoti e sperduti del pianeta. Molto si è scritto e si continuerà a scrivere per mantenere viva l’attenzione su questo capolavoro assoluto dell’arte e della fede, che da oltre mezzo millennio continua a emozionare e a commuovere con la sua sublime bellezza chiunque l’osservi. Questo libro rappresenta pertanto un ulteriore contributo alla conoscenza soffermandosi sugli ultimi sessant’anni di vita del gruppo marmoreo, che il giovanissimo Michelangelo – aveva appena 23 anni – realizzò per la cappella del re di Francia in San Pietro alla vigilia del giubileo del 1500. Un’opera che segnò l’inizio di una sfolgorante, intensa e lunghissima attività, svolta in gran parte al servizio della Chiesa e del Papa.

In Vaticano si concentrano le espressioni più alte del suo genio in scultura, architettura e pittura. Così in Basilica, dove Michelangelo trascorse gli ultimi diciassette anni della sua vita come “Architetto” della Fabbrica di San Pietro (1546-1564), oltre alla Pietà si ammirano la cupola e le straordinarie architetture riconducibili alla sua sapiente creatività, mentre ai Musei immense folle di visitatori restano letteralmente attoniti sotto la volta della Cappella Sistina (1508-1512), di fronte al Giudizio (1534-1541) o davanti agli affreschi della Cappella Paolina con la Conversione di Saulo (1542-1545) e la Crocifissione di Pietro (1546-1550).

La storia della Pietà di San Pietro nel secolo scorso, che questo libro racconta con dovizia di particolari e curiosità, s’intreccia con quella dei Musei del Papa, a cominciare dal quel lontano anno 1964 quando il gruppo marmoreo di “Nostra Donna con il Figlio morto in grembo” lasciò la basilica vaticana e la città di Roma per imbarcarsi a Napoli sulla nave Cristoforo Colombo, che, in nove giorni e alla velocità media di 24 nodi, l’avrebbe portato all’Esposizione universale di New York. Ad accompagnare la Pietà in quell’insolita trasferta, unica e irripetibile, fu il Buon Pastore del Museo Pio Cristiano. Un “compagno di viaggio”, anch’esso preziosissimo e fragilissimo, ma silenzioso e discreto; un muto testimone dei Musei Vaticani che per l’intera durata dell’esposizione rimase in disparte e lontano dal clamore mediatico.

Una più attiva e clamorosa intromissione dei Musei Vaticani nella vita della Pietà si ebbe, purtroppo, qualche anno più tardi, quando la statua venne orribilmente danneggiata e mutilata dall’insano e sacrilego gesto di uno squilibrato: era il 21 maggio del 1972. Fu infatti Redig de Campos, allora direttore dei Musei, a guidare la non facile opera di risanamento assieme a Francesco Vacchini, dirigente dell’Ufficio tecnico della Fabbrica. Un intervento entrato a pieno titolo nei libri di storia, un restauro che impose scelte non scontate, ma prese con intelligente determinazione dal direttore dei Musei, il quale, a chi si opponeva a un restauro di tipo “integrativo”, disse senza esitazione: «[…] La Pietà trae la sua forza espressiva in gran parte dalla purezza del marmo. È una statua così meravigliosamente rifinita che un semplice graffio sul viso disturba più della mancanza delle braccia sulla Venere di Milo».

L’intervento, che nel marzo 1973 ha restituito a Roma e al mondo (urbi et orbi) il capolavoro di Michelangelo nella sua ritrovata integrità, venne magistralmente eseguito dal personale specializzato dei Musei, che con piacere e riconoscenza desidero ricordare a cinquant’anni di distanza dalla conclusione delle opere di restauro: Vincenzo Federici e Nazzareno Gabrielli, del Gabinetto di ricerche scientifiche; Ulderico Grispigni, del Laboratorio restauro marmi; Francesco Dati, del Laboratorio ceramiche e bronzi; Giuseppe Morresi, del Laboratorio materie plastiche e riproduzioni artistiche. Il 21 maggio 2013 (quarant’anni dopo il restauro) i Musei Vaticani, allora diretti da Antonio Paolucci, vollero celebrare con una giornata di studi la Pietà di San Pietro. Guy Devreux, responsabile del Laboratorio di restauro materiali lapidei, curò la pubblicazione degli atti del convegno che, anche per questa ricerca di Orazio La Rocca, hanno costituito un importante riferimento.

Concludo questa breve prefazione ricordando che anche i Musei Vaticani custodiscono una fedele replica della Pietà di San Pietro, attentamente studiata da Rosalia Pagliarani, assistente al Reparto delle arti del XIX e XX secolo dei Musei. Si tratta di un calco in gesso di seconda generazione, realizzato nel 1975 dai nostri laboratori dal calco primario (oggi al Museo del tesoro della Basilica di San Pietro) eseguito sull’originale di Michelangelo tra il 1941 e il 1942 da Francesco Mercatali, già formatore dei medesimi Musei Vaticani. Proprio l’esistenza di questo calco, poco conosciuto e quasi dimenticato, ha consentito la realizzazione di una suggestiva iniziativa espositiva che, dopo Firenze e Milano, i Musei Vaticani hanno voluto presentare nei prestigiosi spazi della Pinacoteca. Parliamo della mostra su “Le tre Pietà di Michelangelo”, dove il calco della Pietà di San Pietro è collocato accanto ai calchi della Pietà Bandini e della Pietà Rondanini. Un’esposizione particolarmente felice perché – come ha detto Pietro Zander che al gruppo marmoreo vaticano ha dedicato appassionati studi e ricerche – si ha l’opportunità di vedere ciò che Michelangelo ha solo sognato. Ammirare le tre Pietà riunite insieme, una accanto all’altra, è un’esperienza che accarezza il cuore. In un solo colpo d’occhio si dispiega davanti al visitatore tutta la vita, l’arte e la spiritualità del sommo artista: dalla prima statua da lui scolpita poco più che ventenne, alla Pietà dell’età matura (aveva 75 anni), per giungere infine alla Pietà Rondanini a cui Buonarroti lavorò, ormai vecchio, fino agli ultimi giorni della sua lunga esistenza: circondato dall’affetto degli amici più cari, dai suoi servitori e da due medici, rendeva l’anima a Dio nella sua casa di Macel de’ Corvi in Roma, all’età di 89 anni il 18 febbraio 1564.