Agorà

DOPING E RIMEDI. Pene più severe, ora la bicicletta stringe i freni

Pier Augusto Stagi venerdì 15 aprile 2011
Si sono ritrovati tutti a Milano, ieri mattina, nei nuovi uffici del Coni. Il ciclismo preso a ceffoni l’altro giorno dal numero uno dello sport italiano Gianni Petrucci si è seduto attorno ad un tavolo per interrogarsi, per capire, far mente locale e soprattutto decidere cosa fare nell’immediato e in futuro. Il ciclismo dietro alla lavagna, ma anche sul banco degli imputati. Il ciclismo sport terribilmente bello, popolare e seguito, ma anche maledetto, per via dei continui scandali doping. Per via di quelle Procure della Repubblica che stanno indagando da anni. Sono dieci, da Perugia a Padova, da Modena a Mantova, per seguire con Firenze e Bergamo. Il ciclismo spiato, pedinato e decrittato. L’inchiesta americana - quella su Lance Armstrong - sta facendo tremare il mondo. Tutto ruota attorno al sette volte vincitore del Tour de France e al chiacchieratissimo medico-preparatore Michele Ferrari. Brutti segnali arrivano anche da questa inchiesta, pronta a deflagrare con tutta la sua forza. Brutti segnali arrivano anche dai Nas, impegnati ieri mattina in mezza Italia, a raccogliere sostanze e documenti nelle sedi di diverse squadre ciclistiche e non solo. E allora urgono provvedimenti. «Perché così non si può andare avanti», per dirla con Petrucci. Quindi occorre fare qualcosa.E gli Stati Generali del ciclismo convocati ieri mattina hanno partorito quanto segue: pene più severe, da due a quattro anni di squalifica per i corridori che verranno trovati positivi e radiazione a vita per tutte le altre figure coinvolte in casi di doping, dai dirigenti ai direttori sportivi, dai meccanici ai massaggiatori. Si interverrà anche nel mondo giovanile: nell’ultimo biennio da dilettanti i corridori dovranno adottare una sorta di passaporto biologico e se si riscontreranno anomalie non potranno passare professionista. Questi sono i provvedimenti urgenti che la Federciclismo presenterà al Consiglio Federale il prossimo 4 maggio, alla vigilia della partenza del Giro d’Italia. Il giro di vite viene lanciato all’indomani del richiamo forte da parte del presidente del Coni Gianni Petrucci e al clamoroso scandalo legato al coinvolgimento della Lampre di Beppe Saronni e Damiano Cunego (ma anche dell’ex iridato Alessandro Ballan che all’epoca delle indagini correva con la squadra lombarda) nell’inchiesta della Procura di Mantova che ruota attorno al medico Nigrelli e al preparatore Gelati. Tutti a Milano quindi, per condividere l’emergenza. C’erano Gianni Bugno e Amedeo Colombo per i corridori; Gianni Savio per i gruppi sportivi; Alberto Volpi per i direttori sportivi e Franco Costantino per gli organizzatori, con la partecipazione del direttore del Giro d’Italia Angelo Zomegnan. «Adotteremo criteri molto più severi anche per l’ammissione alla Nazionale azzurra e al Club olimpico - ci ha spiegato Renato Di Rocco, presidente della Federazione ciclistica -. Stiamo anche pensando di vietare la presenza nei quadri azzurri a personaggi sanzionati in passato per doping». Per la serie: se vieni squalificato, puoi tornare a correre dopo quattro anni, ma ti scordi di diventare dirigente del ciclismo, allenatore, massaggiatore, meccanico, medico o quant’altro. Con il ciclismo hai chiuso. Sul territorio italiano, in pratica, la sanzione è da considerare a tutti gli effetti una “radiazione”. Una clausola voluta espressamente da Angelo Zomegnan, direttore del Giro, vuole che chi ha avuto sanzioni per doping, non possa più correre nel nostro Paese, nonostante la corsa sia sotto l’egida dell’Unione Ciclistica Internazionale. Chiaro il riferimento al Giro d’Italia e alle corse di Rcs Sport: se sei stato beccato con le mani nella marmellata, almeno in Italia, con il ciclismo hai chiuso. In questa valle di lacrime, almeno un fazzoletto per asciugarle.