Agorà

INCONTRO COL MAESTRO. Pappano: io, la fede e il dolore

Pierachille Dolfini venerdì 26 marzo 2010
Il dolore lo ha conosciuto presto Antonio Pappano. «Mia sorellina è morta a soli 8 mesi» racconta il direttore d’orchestra. E la voce gli si incrina. «Un mistero forse troppo grande da comprendere per un ragazzo» confessa con un filo di emozione. «L’ho affrontato con più consapevolezza quando è scomparso mio padre» racconta il musicista, classe 1959, che oggi si divide tra Italia e Inghilterra. Non solo per gli incarichi che ricopre, direttore musicale a Santa Cecilia e al Covent Garden di Londra. Ma perché in questi due paesi affondano le sue radici. Genitori originari di Benevento emigrati in Inghilterra. «Poi, a un certo punto abbiamo fatto le valigie e siamo partiti per l’America che ci ha accolto».In questo suo lungo emigrare, maestro Pappano, non si è mai sentito straniero?Mai. Gli Stati Uniti sono il paese dell’immigrazione: hanno inscritto nel dna la cultura dell’accoglienza. Non mi sono mai sentito respinto. E come me anche gli italiani che sono emigrati e hanno avuto la grande fortuna di essere accolti. Mi fa male vedere che di questo sembra essersi persa la memoria: l’Italia oggi ha il dovere di rendere ad altri quello che è stato fatto tempo fa nei confronti di molti suoi cittadini.Cosa occorre perché questo avvenga?Più collaborazione. Quella che manca al mondo di oggi dove si ragiona per schemi contrapposti, per gruppi di appartenenza. La tv ci mostra un partito contro l’altro, un’idea contro l’altra. E questo non è edificante. Perché sembra che l’unica ragione di vita sia quella di combattere l’altro e non costruire il bene di tutti. Purtroppo la politica, in Italia come in qualsiasi altro paese del mondo, in questo ha grandi responsabilità.Raccontava del dolore, di come è entrato nella sua vita…E di come continui a bussare alla mia porta. In questo periodo mia suocera sta passando un momento difficile. E negli ultimi mesi ho visto andare via molte persone a me care, ancora giovani. Fatti che inevitabilmente ti interrogano.E come ha cercato di rispondere?Con l’obbligo del lavoro. Della vita. Continuare nella nostra quotidianità aiuta. Poi ho la fortuna di fare musica. E di trovare nei brani che dirigo un’energia che aiuta a continuare.Trova conforto solo nella musica?Sono profondamente credente. Per educazione familiare. Ma anche perché nella mia vita ho seguito un percorso che mi ha portato ad avere la certezza che come uomo ho bisogno di credere. Sono convinto che la componente spirituale dell’uomo vada continuamente alimentata. E sono convinto che in quanto credenti il nostro compito sia quello di rendere attuale il grande insegnamento di Cristo, di farlo rivivere nel nostro cammino di uomini.La musica può aiutare a comprendere il mistero della morte?È una domanda alla quale non esiste una risposta certa. Da musicista dovrei dire di sì. Ma come uomo i dubbi sono molti. Anche perché il tema della morte è stato declinato in mille modi nella storia della musica. Penso che ciascuno debba mettersi in ascolto del messaggio presente in ogni partitura cercando di prendere quell’aspetto che in quel momento più lo colpisce, farlo proprio e meditarlo.Ha qualche pagina da suggerirci?Ritengo che nella vita una delle cose più importanti sia quella di affrontare ogni situazione con il sorriso. Anche per questo non penso a grandi pagine tragiche, ma alle Sinfonie di Haydn. Anche perché meditazione non deve per forza far rima con musica lenta o cupa. Meditare significa elevare lo spirito. E Haydn in questo è stato un maestro. Così come Bach, un autore che riprendo periodicamente in mano, anche se non devo dirigerlo.È sempre riuscito ad avere questo sorriso, questa libertà o come artista ha anche dovuto fare i conti con il compromesso?Inevitabilmente. Ma quando ho dovuto piegarmi di fronte ad altri ho sempre cercato di trovare il bene nel male e mi sono chiesto: Che cosa posso imparare da questa situazione? Cosa sto perdendo dicendo sì? Se il prezzo era troppo alto rinunciavo. Errori, certo, ne ho fatti. Perché è anche nella natura dell’uomo vedere un bene prezioso, ma poi scegliere il male. Più volte mi sono ripromesso di non lavorare più con alcune persone, ma poi me li sono trovati ancora di fronte. Anche perché la mia natura è di essere una persona generosa, di dare sempre una nuova possibilità alle persone. E capita che dica sì anche quando artisticamente so che dovrei dire no.