Agorà

Intervento. Oltre la Shoah: i «Giusti» sono ancora tra noi

Gabriele Nissim mercoledì 25 maggio 2016
Ma chi sono gli uomini «Giusti»? Evitiamo subito degli equivoci: essi non sono né santi, né eroi, ma hanno una peculiarità che in modo diverso si ripropone sempre nella storia. Si presentano infatti sulla scena quando esiste uno spazio vuoto; agiscono quando le istituzioni non solo si dimostrano impotenti, ma prendono una strada pericolosa; si manifestano in controtendenza, quando l’orientamento dell’opinione pubblica si fa trascinare dalla paura, dall’indifferenza, o addirittura diventa facile preda dell’ideologia dell’odio e del nemico da combattere. La genesi delle loro azioni non nasce da un’idea di rivoluzione, o da un progetto di cambiamento del mondo. Anzi,  molto spesso non sono nemmeno consapevoli della portata delle loro azioni. Li guida un sentimento spontaneo di misericordia e una sorta di istinto del bene che li spinge a promuovere atti che non si sarebbero mai sognati di fare nella loro vita. Trovano improvvisamente un coraggio e una forza di cui probabilmente essi stessi non si erano mai resi conto. Fino a ieri erano persone del tutto normali, che come tutti avrebbero pensato alla loro vita e al loro benessere e che avrebbero fatto solo il minimo necessario per gli altri, o per il bene comune. Improvvisamente scatta in loro qualche cosa di miracolosamente umano. Non vogliono che attorno a loro si compiano atti di ingiustizia e non accettano che possa svilupparsi un processo di distruzione politico, sociale, umano. Questi uomini, fortunatamente, non appartengono solo al passato, ma sono anche in prima fila nella difesa morale dell’Europa e della nostra civiltà umana. Sono coloro che si impegnano nella resistenza al terrorismo e al fondamentalismo islamico totalitario e omicida, che si rifiutano di farsi prendere dall’odio verso i migranti, che si battono contro i muri, che prestano soccorso alle barche degli extracomunitari, che cercano di costruire esperienze di dialogo e di convivenza con gente di cultura e di religione diversa. Tutti costoro li possiamo chiamare i «Giusti dei nostri tempi». Mi piacerebbe che la comunità europea promuovesse in questa Giornata il valore delle loro azioni e li facesse conoscere ai suoi cittadini come un esempio morale da seguire. Queste figure esemplari sono tante, ma ne vorrei ricordare alcune. Pensiamo al coraggio di tre musulmani che hanno avuto la forza e il coraggio di salvare degli ebrei e dei cristiani dalla furia omicida dei terroristi. Lassana Bathily non soltanto ha salvato i clienti del supermarket kosher di Parigi, ma oggi è diventato un testimone della lotta al terrorismo e spiega nelle sue conferenze che non si può uccidere in nome di un Dio che appartiene a tutta l’umanità. Mahadi ben Abdessalam, la guida tunisina che durante l’attacco terrorista al museo del Bardo ha nascosto una trentina di turisti italiani nei sotterranei. Salah Farah, musulmano keniota insegnante e vicepreside che ha pagato con la vita l’aver rifiutato di obbedire agli ordini dei terroristi di al-Shabaab, che durante l’assalto a un autobus volevano dividere i passeggeri cristiani dai musulmani per poterli poi massacrare come infedeli. E a chi oggi in Europa cerca strumentalmente di presentare tutti gli immigranti musulmani come potenziali terroristi, è importante ricordare la straordinaria figura di Antoine Leris, giornalista di France Blueche, dopo avere perso la moglie nella strage del Bataclan, ha avuto il coraggio di dire che mai avrebbe accettato di farsi trascinare dall’odio verso lo straniero e chi professa una religione diversa. Ci sono poi grandi esperienze di uomini «Giusti» che a Lampedusa, a Malta e nell’isola greca di Lesbo sono impegnati nella salvezza dei migranti che arrivano sulle coste del Mediterraneo e che senza il loro aiuto andrebbero incontro a morte certa. Uomini come questi sono i «Giusti del nostro tempo» e possono forse arrestare la china pericolosa che sta prendendo la comunità europea. Oggi l’Europa, sempre più divisa ed egoista, è incapace di dare risposta alle crisi politiche e sociali che lacerano l’Africa e il Medio Oriente; si dimostra indifferente allo sterminio del popolo siriano, schiacciato in una morsa tra l’Isis e il dittatore Assad; non è capace di diventare un punto di riferimento morale per chi nel mondo arabo si ribella al fondamentalismo islamico e alle dittature. Sembra paradossale, ma se ieri i nazionalismi in Europa vedevano negli ebrei i nemici dell’umanità, oggi i nuovi nazionalismi vedono, invece, negli uomini più sofferenti del pianeta, in fuga dalla siccità e da regimi criminali, i nuovi nemici da cui difenderci. Chi ci chiede aiuto e assistenza, invece di ispirare sentimenti di amore e solidarietà, viene presentato come il pericolo maggiore per la nostra esistenza. I movimenti xenofobi riescono a trovare consenso nell’opinione pubblica alimentando la paura e il sentimento di incertezza verso il futuro che circola tra tanta gente che sembra perdere la fiducia nelle istituzioni europee. La loro forza nasce dal vuoto dell’Europa. Possiamo allora sconfiggere la paura e lavorare per una strada nuova?