Agorà

Amarcord. Nostalgia dei veri patron

MASSIMILIANO CASTELLANI sabato 30 aprile 2016
«Presidente, il portiere ha bisogno dei guanti». Risposta del Presidente al mister: «Ma perché bisogna comprare i guanti solo al portiere? Qui sono tutti uguali. Li devono avere pure gli altri...». Dialogo realmente accaduto tra l’allenatore del Catania anni ’70 e il presidente del club etneo Angelo Massimino. Formidabili quegli anni, «quando la rucola non c’era», direbbe Enrico Vaime, e il calcio veniva gestito a livello famigliare da personaggi come Massimino in cui si identificava un’intera città. Così Costantino Rozzi era sinonimo di Ascoli, Romeo Anconetani di Pisa, Edmeo Lugaresi di Cesena, Antonio Sibilia di Avellino, Domenico Luzzara di Cremona. Queste erano le piccole signorie delle provinciali del pallone italico. Pochi mezzi economici a disposizione certo, ma in compenso molta fantasia - titoli ai giornali da vendere - , tante idee e quella marcia in più che permetteva a un Franco D’Attoma, patron del “Perugia dei miracoli” (fine anni ’70) di strappare (alle buste) Paolo Rossi alla Juventus dell’Avvocato. Dopo queste maschere popolari di provincia che rendevano il calcio uno sport più umano e più vero, il diluvio universale. Molti di quei club dei presidenti “pane e salame” hanno conosciuto l’onta delle retrocessioni nei dilettanti e ripetuti fallimenti societari ripartendo da zero sotto nuove proprietà, spesso sospette. L’ultimo erede di quella stirpe mitologica dei presidentissimi da campanile può considerarsi il “mangiallenatori” Maurizio Zamparini, discutibile e discusso, quanto capace di traslocare il Venezia a Palermo e lasciando così i lagunari al loro destino di inabissati. Il Venezia Football Club è appena tornato in Lega Pro, ma come testimonia la dicitura è gestito dagli americani (presidente Joe Tacopina) che a loro volta l’hanno acquistato dai russi, amici intimi di Putin ( Yuri Korablin). Nell’ultimo decennio orde di mecenati, più presunti che veri, provenienti da ogni dove, hanno sedotto e poi abbandonato le “piccole”; altri hanno scalato i vertici dei grandi club. Pallotta alla Roma, Thohir all’Inter e ora sono attesi i cinesi al Milan. Al di là dei risultati del campo, ad ogni stagione aumenta il rimpianto per il passato, per le ex signorie romaniste, le famiglie Viola e Sensi, ma anche quella “nostalgia Chinaglia” che provano i tifosi laziali rispolverando vecchie bandiere e i sogni di gloria dell’era, forse irripetibile, dei Cragnotti. Al Parma (ben tornato in Lega Pro!) la presidenza di Nevio Scala non può che rimandare alla memoria dei fasti nazionali ed europei della società dei Tanzi. Come vedete, stiamo parlando di una grande bellezza tutta italiana, che ha reso grande una squadra e una città e poi anche “rovinato” e sciupato il sogno. Ma era ancora il calcio italiano e degli italiani, il «campionato più bello e difficile del mondo» e non una terra arida, triste (come gli stadi vuoti) più solitaria e straniera del passato. © RIPRODUZIONE RISERVATA