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Intervista. Noa: il mio canto è un inno di pace

Angela Calvini mercoledì 21 dicembre 2022

La cantante israeliana Noa questa sera sarà in concerto a Milano per la rassegna “Musica dei cieli”

Oggi c’è sempre più bisogno di artisti come Noa, cantante, compositrice e attivista di origine israeliana, yemenita e statunitense, resa celebre dall’Oscar di La vita è bella, divenuta una delle più autorevoli ambasciatrici per la pace e il dialogo nel mondo. La splendida voce di Achinoam Nini (questo il suo vero nome), dopo avere risuonato pochi giorni fa nel Duomo di Siena, questa sera concluderà l’intenso calendario di “Musica dei cieli - Voci e musiche nelle religioni del mondo”, parte della rassegna del Comune “Milano è viva”. Il concerto di Noa, Gil Dor & Solis String Quartet si terrà questa sera alle 21 presso la chiesa Santi Gervaso e Protaso, in via Osoppo 2 a Milano dove proporrà (accompagnata dal grande chitarrista e dall’elegante quartetto d’archi) musiche del Mediterraneo, arabe, ebraiche, yemenite, napoletane e di Bach. L’artista, si racconta ad Avvenire. accennando anche al progetto Reefs of Hope che ha presentato a novembre a papa Francesco per salvaguardare la barriera corallina del Mar Rosso.

Noa, con il suo canto lei è diventata un ponte tra religioni e culture diverse. Come è riuscita ad ottenere questo risultato umano e artistico?
Io canto dal profondo del mio cuore, cerco sempre di essere onesta, non manipolo e non mento al pubblico. Forse la gente lo sente? Preferisco sempre dedicarmi a cause più grandi di me. Non sono guidata dall’ego vorace, incline all’autoglorificazione, piuttosto cerco di far risplendere la mia luce nell’oscurità, illuminando gli angoli più oscuri dell’anima, sfidando preconcetti e prospettive. Preferisco far brillare la mia luce sugli altri, non su me stessa. Cerco di proteggere i deboli ed elevare i privati del diritto di voto, cerco di essere la voce di coloro che non hanno voce. Soprattutto, suppongo, ho un’enorme quantità di amore da dare, e mi piace darlo...

Nella rassegna di Milano Musica dei Cieli proporrà un concerto che unisce le voci del Mediterraneo, Napoli, Israele e Yemen con Bach. Quale percorso artistico ha scelto?
So che per la maggior parte delle persone è difficile capire cosa faccio. Non sono facile da catalogare. Sono complessa, ma poi, non tutti gli umani sono così? Perché l’arte deve essere diversa dall’essere umano? Ciò che è chiaro, è la mia motivazione: sono una ricercatrice e una innovatrice, vivo sempre con un profondo senso di responsabilità e rispetto, per la musica, il dio della musica, per i miei simili, per la luce e l’amore dell’universo. Cerco di fare umilmente la mia parte per dare bellezza, verità, espressione artistica unica ed energia positiva a questo mondo.

Il Mediterraneo è ancora oggi protagonista delle drammatiche traversate dei migranti che arrivano in un’Europa sempre più riluttante ad accoglierli. Cosa ne pensa?
Una volta ho scritto una canzone The Balancing Act... e credo che sia così, la vita è un atto di equilibrio, come un artista circense su un filo dobbiamo attraversare l’abisso, senza perdere l’equilibrio. Dobbiamo essere compassionevoli e gentili e abbracciare gli altri, senza compromettere i nostri valori, la nostra identità, le nostre verità. Richiede apprendimento, crescita, espansione, flessibilità, forza e tanto amore.

Lei si esibisce spesso in chiese e luoghi sacri. Che emozioni prova e che significato assume la musica in questi contesti? Credo che la religione e la spiritualità siano cose estremamente private. Appartengono a ognuno di noi, cibo per i nostri cuori e le nostre anime... ed è la nostra missione, il nostro viaggio, creare un mondo spirituale dove possiamo trovare armonia, con l’altro, con la natura, con la vita stessa. La religione organizzata è importante per molte persone, ma personalmente ritengo che i concetti più importanti siano noti a tutti e possano essere praticati da tutti, gratuitamente, senza indottrinamento: amore, gentilezza, generosità, umiltà, positività, solidarietà, duro lavoro, gratitudine. Canto nel tempio del Dio della musica, ogni volta che apro bocca. In una chiesa, in un club, nella mia cucina, alla Scala. Per me è sempre lo stesso: un privilegio, un dono, un momento di grazia.

In questo momento stiamo vivendo una dolorosa guerra in Ucraina che sta mettendo a rischio la pace nel mondo. Qual è la sua sensazione al riguardo?
Questo è un periodo enormemente impegnativo per tutti noi. non dobbiamo regredire a luoghi oscuri del passato, ma persistere ostinatamente nella ricerca di nuove soluzioni, alleanze, formule, metodi e modelli comportamentali che ci porteranno nel futuro. Dobbiamo trovare un modo per vivere in armonia con la natura e stabilire la responsabilità climatica e la stabilità sociale per il benessere della nostra razza. Yitzhak Rabin ha detto, cercando la pace in Medio Oriente: “dobbiamo combattere il terrore come se non ci fosse pace, e fare la pace come se non ci fosse terrore”. Lo stesso vale per la nostra situazione oggi: dobbiamo cercare la pace con il pianeta e tra di noi nonostante le guerre e la violenza che esplode, e trattare con i propagatori della violenza come se nient’altro esista.

Tra pochi giorni festeggeremo il Natale. Per lei, che hai scelto di vivere in Israele, la Terra Santa, cosa significa? Com’è la situazione oggi nel suo paese?
Israele ora è in una situazione molto brutta. Molto brutto. Dobbiamo lottare per salvare il nostro Paese dalle minacce degli estremisti che cercano di trascinarlo verso la dittatura teocratica... questi sono tempi bui. Per questo ho partecipato pochi giorni fa a una grande manifestazione a Tel Aviv.

Lei ha cantato per tre Papi, cosa ricorda di quegli incontri? Ci sono altri concerti in programma in Vaticano?
Cantare in Vaticano è sempre un onore, un’opportunità ancora e ancora, per rompere muri e costruire ponti. Ho un enorme rispetto per Papa Francesco e spero di coinvolgerlo nel mio attuale progetto, relativo al cambiamento climatico.