Agorà

Nuoto. Mondiali al via. Occhio a Martinenghi, la rana azzurra

Mario Nicoliello sabato 15 luglio 2017

Nicolò Martinenghi (WikiCommons)

Tra Greg, Fede e Gabri è spuntato Tete. Non solo Paltrinieri, Pellegrini e Detti, l’Italnuoto si tuffa nei Mondiali, in corso a Budapest, scoprendo la genuinità del varesino Nicolò Martinenghi.

Tra il Sette Colli e l’Europeo juniores l’erede di Domenico Fioravanti e Fabio Scozzoli ha stabilito record nazionali e primati mondiali di categoria a raffica. In acqua si estranea, lo senti parlare e capisci che hai di fronte un teenager conscio del fatto suo. «Non sono sorpreso dei risultati, me li aspettavo. Mi godo l’ascesa, ma non mi faccio condizionare». Emozionarsi e divertirsi sono le sensazione che Nicolò ama sperimentare quando si tuffa: «Mentre nuoto mi diverto. Mi scordo del mondo che mi circonda e mi concentro su quella linea nera sul fondo della vasca. Può sembrare un gesto ripetitivo e assurdo, in realtà è un modo per crescere come atleti e come uomini».

Parola di un ragazzo che compirà diciott’anni a inizio agosto, un atleta che ama definirsi «prima studente e poi nuotatore. Voglio finire nel migliore dei modi il liceo scientifico a indirizzo sportivo. Quest’anno ho avuto la media del 7,7, a settembre comincio l’ultimo anno. I professori mi supportano e perdonano quando salto le lezioni, io li ricambio con lo studio assiduo». Materie preferite psicologia e filosofia, quella meno gradita fisica: «Faccio un po’ di fatica, ma mi sto impegnando anche in quel campo». Il tutto in una giornata che è l’incastro perfetto di impegni e spostamenti: «Vivo ad Arzate, frequento il liceo a Busto Arsizio e mi alleno a Brebbia sul Lago Maggiore. Nuoto sei mattine a settimana dalle 8 alle 10 [ha un permesso per entrare in aula alle 10.30, ndr], e poi tre pomeriggi dalle 14.45 alle 17.15. Gli altri tre vado in palestra. In ciascuna seduto macino circa sei chilometri».

E pensare che Nico da piccolo preferiva il basket al nuoto: «Quando mi portavano in piscina piangevo perché non volevo vedere l’acqua, poi alle elementari ho seguito la scelta del mio migliore amico». Da allora è stata una striscia di successi: «Ho cominciato a vincere da esordiente, ma il primo titolo è stato il campionato regionale ragazzi». Da un mese le richieste di interviste si sono decuplicate: «Non vivo la notorietà come un peso, ma mi godo l’età non facendomi mancare nulla. Certo, un pensiero alle Olimpiadi ho cominciato a farlo».

Classe 1999, Martinenghi aveva tredici mesi quando ai Giochi di Sydney Fioravanti diventò il primo olimpionico azzurro del nuoto nei 100 rana. Diciassette anni più tardi, proprio un diciassettenne ha migliorato di oltre un secondo quel crono: «La rana è lo stile più tecnico e si sta evolvendo alla ricerca di particolari nel tuffo, nelle virate e nelle gambate. Sto lavorando più sulla qualità che sulla quantità. Tenere il bacino due centimetri più giù cambia tanto». Leggerezza, potenza e scivolamento sono le doti su cui sta insistendo il trentunenne allenatore Marco Pedoja, col quale Nico lavora da sei anni: «Siamo amici, ma a volte ci odiamo. È bravo perché mi capisce e sa stimolarmi».

Nato sui 200, crescendo di peso Martinenghi si è concentrato su 50 e 100 (a Budapest farà anche la staffetta mista), ma non esclude un ritorno alla distanza lunga: «Volerò in Ungheria rilassato e desideroso di fare esperienza. Sarà la mia prima volta nella nazionale assoluta, quindi mi toccherà la cerimonia della matricola col taglio dei capelli. Vorrei migliorare il personale e accedere in finale». Magari riuscendo a chiacchierare un’altra col campione olimpico Adam Peaty, col quale si è intrattenuto a Roma: «Abbiamo parlato a lungo e mi ha dato anche dei consigli. Ha ancora fame di vincere ed è disponibile con i tifosi». Selfie e autografi, in passato Nicolò li chiedeva, ora è lui a rispondere ai tifosi: «Mi è capitato al meeting di Milano, non ho potuto dire di no. Proprio lì avevo chiesto l’autografo al mio idolo Fabio Scozzoli».

Per diventare un professionista Martinenghi è entrato nel gruppo sportivo delle Fiamme Oro. Il poliziotto non invidia il coetaneo calciatore Gigio Donnarumma che ha spuntato un ingaggio molto più lauto del suo stipendio da militare: «Sono i calciatori a dover invidiare me, perché ho scelto uno sport di sacrifici solo per inseguire una passione ». La fortuna di Nicolò è avere una famiglia unita: papà, mamma e il fratello maggiore fanno di tutto per assecondarlo: «Sono determinato, ma forse un po’ testardo. Portate i bambini a fare nuoto, uno sport che aiuta la crescita fisica e mentale». Parola di un diciottenne dalle idee chiare.