Agorà

Antropologia. Nelle caverne del senso religioso

Fiorenzo Facchini domenica 24 ottobre 2021

Mano ottenuta in negativo, soffiando il pigmento, nella grotta del Pech-Merle, a Lot in Francia

Mercoledì e giovedì prossimi si svolge in Vaticano, presso la Casina Pio IV, un workshop della Pontificia Accademia delle Scienze, organizzato da Yves Coppens sul senso religioso dell’uomo fin dalle origini. Sotto il titolo Symbols, myths and religious sense in humans since the first, il simposio vuole discutere la particolarità “neuronale” del genere umano, che gli ha permesso di raggiungere un livello di coscienza superiore a tutti gli esseri che lo hanno preceduto. L’uomo sa di sapere, e questa riflessione sarà subito accompagnata dalla presa di distanza dal “naturale” che lo circonda per credere in un “soprannaturale”. Il primo Uomo e il primo “Homo religiosus” – scrive Coppens presentando il simposio – sono lo stesso uomo. Fra archeologia etnologia biologia e filosofia le sessioni di studio vedranno la partecipazione tra gli altri di studiosi come F. Facchini, A. Balzeau, Ph. Charlier, M. Godelier, J.-L. Le Quellec, S. Dehaene, S. Petrosino, D. Johanson, M. Sánchez Sorondo. Info: 06.69883195.

Senso religioso e religione non si identificano. Le religioni appartengono alla storia, il senso religioso affonda le sue radici nella natura dell’uomo, nella sua capacità di relazione simbolica: una fondamentale distinzione che previene dubbi e interpretazioni ispirate da ideologie materialiste sulle origini della religione e sui suoi sviluppi. Entrambi, il senso religioso e le religioni, si muovono nella sfera del simbolismo e del sacro. Gli studi sulle origini del fenomeno religioso si sono sviluppati con diversi approcci. Quello evoluzionistico riconosce alla religione un valore adattativo, un vantaggio per la conservazione della specie. Ad esso può ricongiungersi quello sociologico che vede la religione come un fattore di coesione e ordine sociale. Un altro modello interpretativo segue un approccio di tipo etnografico cercando nella documentazione fossile (trattamento di reperti scheletrici, ritualità funerarie, raffigurazioni artistiche) analogie con il culto degli antenati o pratiche sciamaniche dei popoli di cultura semplice. L’approccio ermeneutico, proposto nel secolo scorso da alcuni studiosi delle origini della religioni, in particolare da Mircea Eliade e Julien Ries, lega il senso religioso alla capacità dell’uomo di porsi domande di fronte a eventi o aspetti della natura (ciclo del sole, della luna, volta celeste….) e alla ricerca di una relazione con qualcosa di grande che lo sovrasta. Essi parlano di ierofanie o manifestazioni del sacro nella natura, distinguendole dalle teofanie o manifestazioni dirette della divinità che si ritrovano in epoca storica nell’Ebraismo, nel Cristianesimo e nell’Islamismo. È la sfera del sacro, in cui ci si muove in relazione con qualcosa di superiore che richiede rispetto. È’ in gioco una relazione a carattere simbolico. Ma quando è nato il simbolismo? La capacità simbolica si lega alla cultura e la cultura contraddistingue il comportamento dell’uomo fin dalle origini. «Non c’è uomo senza simbolo» ( Yves Coppens). Non solo il sapiens del Paleolitico superiore, che affrescava le pareti delle grotte, non solo l’uomo che 90.000 anni fa seppelliva i morti, ma anche l’uomo del Paleolitico inferiore che fabbricava i bifacciali, l’uomo dei choppers e chopping tools della cultura olduvaiana. Gli strumenti bifacciali trovati a Konso (Etiopia), datati a 1,7 milioni di anni fa, rivelano, secondo Le Tensorer, un’armonia nel rapporto tra larghezza e lunghezza, che richiama il rapporto aureo della geometria (0,618), un rapporto che si ritrova in molti aspetti della natura e che l’uomo ha istintivamente colto come canone di bellezza. La documentazione preistorica mette in evidenza una crescita nelle manifestazioni simboliche dell’uomo, un simbolismo che ha riferimenti con la vita dell’uomo e si lega alla natura in cui l’uomo è immerso. Da sempre l’uomo deve essersi posto domande di tipo esistenziale, sul presente, sulla vita e sulla sua inevitabile fine a fronte di un desiderio insopprimibile di vivere. C’è stata una evoluzione anche per il senso religioso? Certamente sì, non comparabile con quella biologica di cui andiamo ancora ricercando i numerosi fattori. Ma il riferimento a qualcosa che sovrasta il mondo della natura e l’essere umano, espresso in alcune sue manifestazioni interpretate in modo simbolico, deve essere molto antico. Sotto questo profilo qualche spunto di interpretazione può ritrovarsi anche in alcuni comportamenti dei popoli di cultura semplice. Alcune grotte hanno conservato i segni della presenza dell’uomo preistorico nelle raffigurazioni sulle pareti di animali da lui cacciati. Le grotte di Chauvet, Niaux, Les Trois Frères, Lascaux, Altamira e numerose altre non erano luoghi di abitazione, ma frequentati e organizzati per incontri con un preciso significato, molto probabilmente rituale e sociale. Quale significato riconoscere negli animali rappresentati che appaiono selezio- nati (cavallo, bovidi…)? Per propiziare Nel Neolitico e nella protostoria i riferimenti alla sfera religiosa si fanno più evidenti e generalizzati con figure umane stilizzate, anche in forma collettiva. La figura dell’orante si ritrova nei petroglifi della Val Camonica e delle steppe del Kazakistan. Alla fine del Neolitico e all’inizio del Bronzo risalgono i templi megalitici di Malta. La religiosità, espressa in forma simbolica, tende strutturarsi in luoghi e riti. Nell’ultimo millennio a.C. la documentazione si arricchisce con le religioni del mondo sumero-babilonese, egiziano e quelle delle civiltà Non è questa la sede per affrontare il tema delle grandi religioni storiche (Ebraismo, Cristianesimo, Islamismo) o delle religioni con connotazioni filosofiche, come alcune religioni È abbastanza ricorrente la domanda sul futuro delle religioni in un mondo in cui i progressi della tecnologia sembrano oscurare l’identità di homo religiosus, rendendo superfluo ogni riferimento alla sfera trascendente. Anche le conquiste nel campo della intelligenza artificiale possono alimentare la tentazione dell’autosufficienza dell’uomo. Se l’uomo può bastare a se stesso, non c’è bisogno di pensare a qualcuno superiore a cui fare riferimento. Una idea che può venire, dalla quale però gli eventi della vita di ogni giorno, con il carattere di finitezza e spesso anche di angoscia che presentano, come la morte, dovrebbero mettere in guardia. Soprattutto l’aspetto mutevole della realtà, la imprevedibilità di eventi di ordine fisico che sembrano sfuggire alle leggi della natura. Anche il fenomeno della pandemia che l’umanità sta vivendo ha aspetti di imprevedibilità che mettono in crisi le sicurezze dell’uomo. Con la imprevedibilità si coglie la fragilità della vita dell’uomo e si fa più vivo il bisogno di qualcosa (o qualcuno) che possa offrire sicurezza.