Agorà

Intervista a Zahi Hawass. Nefertiti e Rosetta, di nuovo in Egitto?

Aristide Malnati giovedì 17 dicembre 2009
«Stavolta sono perentorio: il British Museum deve restituire all’Egitto la stele di Rosetta. È il simbolo stesso dell’egittologia e per questo dovrà essere esposta nell’ormai imminente "Grand Museum", che sorgerà a Giza, vicino alle piramidi e alla Sfinge. In questo ho l’appoggio incondizionato del presidente Mubarak. Sarebbe un modo appropriato per riparare ai torti commessi durante la fase della colonizzazione». Non usa mezzi termini Zahi Hawass, massimo egittologo al mondo e direttore del Supremo Consiglio delle Antichità in Egitto; ed anzi sta stilando una lista di reperti preziosi da riportare in patria: tra essi il busto di Nefertiti, ora al Neues Museum di Berlino, e il Papiro con il canone reale, all’Egizio di Torino («Ma non fu rubato. Non se ne parla», ribatte Elena Vassilika, direttrice del Museo). «Tutti devono tornare in riva al Nilo. Altrimenti sospendo gli scavi diretti dalle istituzioni padrone degli oggetti in questione», minaccia. «Il faraone», così lo chiamano gli americani, è più che mai incontenibile, infaticabile com’è nello svolgere attività di scavo, nel restaurare oggetti e siti in pericolo di degrado, ma anche nel promuovere l’egittologia con una presenza mediatica, che non ha precedenti nel settore.Professor Hawass, una vita dedicata all’Egitto: si direbbe che lei sia pervaso da un’energia instancabile...«Oltre che dalla passione sono spinto dalla consapevolezza che bisogna sbrigarsi. Il cambiamento climatico, l’inquinamento sempre più invasivo e soprattutto l’umidità, conseguenza diretta della diga di Assuan, non ci lasciano tempo: costituiscono una minaccia costante per oggetti fragili, come i papiri, ma anche per monumenti più solidi, bisognosi di continui restauri».Riguardo ai restauri, alcuni studiosi l’hanno criticata per quello appena completato della Sfinge: dicono che l’ha protetta dall’inquinamento del Cairo, ma non dall’umidità.«Ho operato un restauro leggero, non invasivo, rafforzando i fianchi della statua con materiale coerente con la pietra originaria e la base con materiale isolante, appunto contro l’umidità. I fatti mi stanno dando ragione: finito il restauro la Sfinge non ha più dato segni di cedimento strutturale».Sono molti gli scavi in corso. Per lo più diretti da studiosi egiziani, ma anche da esperti stranieri: una sorta di ecumenismo all’insegna di Ramesse e Cleopatra.«Sì. Sono alcune centinaia le missioni in corso con campagne annuali; molte a direzione straniera. Dai colleghi archeologi pretendiamo costanti restauri e pronte pubblicazioni di quanto riportato alla luce; non tutti sono solerti».Qualche scoperta recente degna di nota?.«Molte sono state annunciate e potrebbero arrivare presto, ad iniziare dalla tomba di Antonio e Cleopatra, in un tempio di Iside vicino ad Alessandria. Importante è il recente ritrovamento di un sigillo in lingua accadica, risalente al re babilonese Hammurabi (1792-1750 a. C.). È la prova definitiva del rapporto tra gli egizi e i babilonesi al tempo dei popoli del mare; e tale rapporto potrebbe aver influenzato anche l’episodio dell’Esodo di Mosé».Oltre a dirigere scavi importanti, lei ha promosso analisi di laboratorio, giudicate da alcuni colleghi troppo invasive. Come si difende?«Grazie alla Tac e all’analisi del Dna delle mummie abbiamo scoperto ad esempio che Tutankhamon è morto in seguito a una frattura al femore; o che i suoi genitori sarebbero stati il faraone eretico Akhenaton e la regina Sitamun; o ancora, abbiamo identificato la vera mummia di Hatshepsut; e tanto altro. Le sembra poco? Il tutto senza danneggiare i corpi e nel rispetto della pietas religiosa, legata alle mummie».A proposito di religione, è vero che lei e Faruk Hosni, il ministro della Cultura, privilegiate gli scavi e il restauro dei monumenti islamici?«Niente di meno esatto. Proprio in ottemperanza ad una legge del 2004, che sancisce pari dignità a tutte le religioni, organizziamo scavi di siti islamici, cristiani ed ebraici. Un esempio? Abbiamo appena terminato la ripulitura della sinagoga di Ben Ezra, al Cairo».È sempre più insistente la voce che lei starebbe per darsi alla politica, addirittura studiando da presidente. Conferma?«In questo momento sono viceministro della Cultura, ma più per ragioni di una migliore gestione pratica dell’attività di archeologo. Sa? Io nasco come archeologo e vorrei andare in pensione scoprendo i segreti delle piramidi, piuttosto che tra le scartoffie della burocrazia».Ecco, le piramidi: sono egizie o le ha costruite qualche civiltà misteriosa, come dicono i millenaristi esoterici?«State pure certi: le piramidi sono il prodotto del genio dei faraoni con buona pace di Dan Brown e compagnia. Credo di aver contribuito a dimostrarlo. Ho trovato la necropoli dei costruttori delle tre piramidi di Giza, databile al 2500 a. C. E l’intrico di cunicoli e pozzi funerari, legato alla piramide di Cheope: anch’esso risale al 2500 a. C. Tutto torna».