Agorà

Concerti di Capodanno. A Vienna o a Venezia, il brindisi è italiano

Pierachille Dolfini venerdì 29 dicembre 2017

Myung-whun Chung

Guardando al 2018 alle porte il pensiero di Myung-whun Chung va «a tutti i bambini del mondo. È a loro che auguro un anno lieto in cui trionfi la pace. E nel quale ci sia anche tanta bella musica». Un 2018 che il direttore d’orchestra, ambasciatore dell’Unicef, inizierà al Teatro La Fenice di Venezia, dove è ormai di casa. Ci sarà lui, infatti, sul podio di orchestra e coro della Fenice per il Concerto di Capodanno che, dopo l’Angelus di Papa Francesco, Rai 1 trasmetterà in diretta alle 12.20 del 1 gennaio. Un appuntamento che dal 2004, l’anno della riapertura dopo il rogo del teatro lagunare, ha preso il posto sul piccolo schermo del Concerto di Capodanno di Vienna dove quest’anno a fare da padrone di casa ci sarà Riccardo Muti. Per augurare buon anno nella capitale austriaca i valzer della famiglia Strauss, a Venezia, invece, il melodramma, un marchio di fabbrica tutto italiano che la Fenice ha scelto come biglietto da visita per il concerto che grazie alla Rai, ma anche ad Arte, Zdf e Wdr sarà trasmesso in molti paesi, compresa la Corea del Sud, patria di Chung.

«Attraverso le telecamere della Rai l’incanto della musica d’opera possa essere goduto da migliaia di persone e la bellezza che deriva da queste note immortali viene diffuso in modo straordinario » riflette ancora il direttore che ha impaginato un programma che si apre, a telecamere ancora spente, però, con la Sinfonia n. 9 “Dal nuovo mondo” di Antonin Dvorák. Seconda parte, quella che inizia in contemporanea con la diretta su Rai 1, dedicata al melodramma: si parte con il preludio della Carmen di Bizet per poi passare al coro Di Madride noi siam matadori” della verdiana Traviata. Verdi anche con il “Questa o quella per me pari sono” del Rigoletto e con i ballabili dell’Otello. A danzare, ma solo per il pubblico televisivo, il Corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma con Eleonora Abbagnato e Benjamin Pech. Omaggio quindi a Gioachino Rossini, per i 150 anni della morte che si ricorderanno nel 2018, con la sinfonia da L’italiana in Algeri, una storia di immigrazione al contrario. I trascinanti ritmi del finale della Danza delle ore dalla Giocondadi Ponchielli lasceranno spazio alle malinconie di Giacomo Puccini con O mio babbino caro dal Gianni Schicchi e Un bel dì vedremodalla Madama Butterfly.

Sul palco il soprano Maria Agresta e il tenore Michael Fabiano al quale sarà affidato l’acuto con il “Vincerò” che chiude il Nessun dorma dalla pucciniana Turandot prima del doppio finale verdiano con il Va’ pensiero dal Nabucco e il Libiam ne’ lieti calici dalla Traviata. Tanta Italia. «Il sovrintendente Fortunato Ortombina mi definisce un direttore italiano. Non so se sia vero, ma credo di amare l’Italia più di molti che italiani lo sono davvero » riflette Chung che in questi ultimi anni ha consolidato sempre di più il suo rapporto con la Fenice inaugurando le ultime stagioni lagunari (ed è già prenotato per il 2018 con il verdiano Macbeth) e comparendo in cartellone per diversi titoli. «Un rapporto, quello con la Fenice e con Venezia che, invece di affievolirsi, si fa sempre più profondo» dice ancora Chung che molti vorrebbero come direttore musicale del teatro.

Melodramma anche al Musikverein con i Wiener Philharmoniker. Perché a Vienna tra il Bel Danubio blu e la Marcia di Radetzky spunta l’opera italiana, quella di Gioachino Rossini e di Giuseppe Verdi. Remixata, naturalmente, in stile Strauss a ritmo di valzer e quadriglia. La porta Riccardo Muti che il 1 gennaio sarà per la quinta volta sul podio del Concerto di Capodanno più famoso del mondo: la prima volta del direttore italiano nel 1993, poi nel 1997, nel 2000 per il passaggio al nuovo millennio e nel 2004. Quasi un record perché sul podio della Sala d’oro degli Amici della musica sono saliti più volte di Muti (e di Zubin Mehta, anche lui a cinque Concerti di Capodanno) solo Clemens Krauss, Lorin Maazel e Willi Boskovsky.

Le telecamere di Orf, la televisione austriaca, porteranno immagini e note da Vienna in novanta paesi per oltre 50 milioni di spettatori. Immagini e note che in Italia arriveranno in differita (dalle 13.40 su Rai 2) per lasciare spazio alla diretta dalla Fenice di Venezia. Accade dal 2004 che, coincidenza vuole, è anche l’ultima volta di Muti sul podio viennese. Il direttore d’orchestra non fa polemica sul duello Venezia-Vienna, ma, seppur da difensore e promotore del melodramma italiano e del suo valore universale, sottolinea che forse il Va’ pensiero del Nabucco e il Brindisi della Traviata non sono così adatti per fare gli auguri di buon anno come i valzer della famiglia Strauss che risuonano nel Concerto di Capodanno dal 1939. Muti ha scelto il Guglielmo Tell galop di Johann Strauss padre per rendere omaggio a Rossini, autore del quale nel 2018 si ricordano i 150 anni della morte. Ma anche la Quadrille Un ballo in maschera di Johann Strauss figlio, ispirata all’omonima opera di Verdi, per dire che proprio il melodramma italiano era popolarissimo a Vienna. C’è poi un omaggio all’Italia con il valzer Rose del Sud, ma anche con l’ouverture dal Boccaccio di Franz von Suppé.

E poi Wiener Fresken e Eingesendet di Josef Strauss, Myrthenbluten, I racconti del bosco viennese di Johann Strauss figlio e la Stephanie-Gavotte di Alphons Czibulka. Pagine che alternano valzer e polke, atmosfere gioiose a momenti più malinconici e meditativi. Perché, riflette Muti, è musica allegra, ma che ha in sé anche qualcosa di tragico nell’annunciare la fine imminente di un impero. Pagine che il direttore ha scelto personalmente negli archivi della Società Johann Struss di cui è membro onorario. Così come è socio onorario dei Wiener, orchestra che ha diretto in quasi 500 concerti, ininterrottamente dal 1971 quando Herbert von Karajan lo chiamò a Salisburgo. E proprio al direttore austriaco, allergico agli scherzi, Muti si rifà per spiegare che non ci sarà nessuna gag tra lui e gli orchestrali: niente fischietti, niente coriandoli, niente berretti da capostazione. Ci saranno invece le danze registrate nei più bei palazzi di Vienna, il tradizionale “Prosit”, che arriva tradizionalmente quando il pubblico del Musikverein interrompe le prime note del Bel Danubio blu, e il battimani ritmato sulle note della Marcia di Radetzky.