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Musica. Mistura Pura, il suono che viene dal jazz corre sul bus

Massimo Iondini giovedì 12 novembre 2020

La produttrice e dj Federica Grappasonni, il cui nome d’arte è Mistura Pura

In viaggio con Federica Grappasonni. Il suo bus però non si guida, lo si fa suonare. The blue bus è il titolo del nuovo progetto della produttrice e dj il cui nome d’arte è Mistura Pura, sintesi di un’idea, di una filosofia musicale e di una vita calata tra le sonorità del mondo, con le radici affondate nel jazz. Matrice di un cosmopolitismo dell’anima che oltrepassa le frontiere per fonderle in un comune senso della musica. «Quando si incontrano mondi diversi bisogna estrarre il succo che li contraddistingue, la rispettiva essenza e purezza, che nel mio caso è il suono. Questo è il senso del mio nome Mistura Pura, una fusione di vibrazioni musicali all’insegna della bellezza» spiega la musicista, che vive tra Umbria e Marche dopo un ventennio a Milano e l’ultima gestazione discografica vissuta nelle campagne pugliesi della riserva naturale di Torre Guaceto, sito Wwf.

Qui anni fa un terzetto (marito, moglie e madre di lui) di tedeschi induisti in cerca d’altro e altrove, calò nel Mezzogiorno addirittura con un proprio bus degli anni 70. Loro poi tornarono in Germania, il bus no. «Avevano acquistato una proprietà in Puglia per cambiare vita, su quel terreno adesso c’è un’azienda biologica che fa permacultura. E nel bus abbandonato ci ho vissuto io per far nascere questo disco, il cui titolo e primo brano è dedicato ai tre tedeschi e al bus che mi ha folgorata con tutta l’energia che contiene ed emana. Questo bus è diventato spettatore della meravigliosa natura che gli sta attorno. Io ho solo raccolto qualcosa che ho avuto la ventura di trovare, riscoprendo il valore essenziale delle cose, perché nulla è inanimato».

Meno che mai il gioiello sonoro di Federica, appena uscito anche in vinile, i cui 12 brani (dieci inediti e due rielaborazioni) sono il frutto di numerose collaborazioni con musicisti internazionali. Un lavoro caleidoscopico in cui la produttrice e dj ha guidato i suoi partner artistici nei sentieri del jazzfunk, del latin jazz, del jazz in 5/4, dell’Afrobeat con tessiture house, techno e trip hop. «È da 25 anni che lavoro in questo modo – spiega –. Prima creo lo scheletro musicale e il tema, poi chiedo a ogni musicista di metterci del suo. Quando mi arrivano le esecuzioni faccio un lavoro di editing andando a prendere le parti che secondo me sono più espressive nella direzione della sonorità che desidero ottenere. Ma la base è sempre di carattere jazzistico, il genere di musica che mi ha sempre ispirata pur con tutte le possibili contaminazioni, anche elettroniche. Mi spiace per i ragazzi delle nuove generazioni, a cui viene propinato perlopiù appiattimento e omologazione sonora».

Quotidiane minacce a una biodiversità anche musicale, che per i nativi digitali si traducono in alienanti e ripetitivi schemi targati perlopiù trap e rap. «Io non sono una vera e propria musicista – svela Federica –, suono la chitarra per accompagnare un mio originario suono mentale che traduco poi in melodia e basilare struttura armonica canticchiando e registrandomi. In questo mi avvalgo anche della grande esperienza di ascolto maturata negli anni. Io non sono una dj da discoteca, sono una dj del jazz di cui catturo il groove e la sintesi dei temi musicali. L’opposto dell’improvvisazione, che invece estende e sviluppa il tema di partenza. Per questo mi piace relazionarmi poi con i musicisti e non limitarmi a un lavoro di software o di campionamento di suoni».

L’esperienza decisiva dell’ascolto, rivolto anche a madre terra, culla e ispiratrice del suo ultimo lavoro. «Nella mia musica c’è la ricerca della purezza della natura in cui si può percepire anche l’intrinseca bellezza dell’essere umano – dice Federica –, come ci ha insegnato san Francesco e come papa Francesco ha indicato anche nella sua enciclica Laudato si’. Io con i miei mix sonori provo a raggiungere una sorta di ideale ed equilibrato ecosistema musicale. Cerco di fare tesoro della spinta essenziale dei musicisti, di riproporne l’anima e l’impulso originario per cogliere la cifra comunicativa di ciascuno intorno a un’idea condivisa. Questo spirito creativo e ricreativo mi permette di spaziare tra i generi e i ritmi usando l’arte e il gusto. Così il mio editing da dj non è un saccheggio sonoro, ma semmai costruttiva fusione». Niente muri, dunque. Laddove la musica si fa messaggio e invito all’uomo contemporaneo a ritrovare la giusta corrispondenza d’amorosi sensi con la natura.

«L’esperienza in Puglia – racconta – mi ha rimesso a posto i pensieri dopo tanti anni a Milano, dove ho sì realizzato progetti socialmente importanti come il concerto una vigilia di Natale per gli emarginati del dormitorio pubblico o quello alla Stazione Centrale per i diritti delle donne, ma mi ero anche un po’ offuscata a livello sensoriale. Ora ho riscoperto la bellezza, dando un rinnovato senso alla musica e alla stessa esistenza». E quando la nuova pandemia sarà finalmente svanita Mistura Pura si metterà in marcia con il suo ideale bus di suoni e ritmi. «I musicisti che hanno suonato in The blue bus si sono detti tutti disponibili al live. Ma in Italia la scena new jazz o heavy jazz è presente più che altro in ambiti estivi o in piccoli club in grandi città come Roma, Milano, Firenze o Bologna. In ogni caso ora come ora nessuna data è prevista. Se ne parlerà a marzo, Covid permettendo».