Agorà

Lirica. Michieletto, «l’esperienza di padre. E di figlio»

Pierachille Dolfini mercoledì 19 aprile 2017

Damiano Michieletto

«Un tema che torna spesso nei miei spettacoli. Talvolta inconsciamente ». Damiano Michieletto è ad Amsterdam. Prepara per l’Opera nazionale olandese il suo primo Rigoletto. E ancora una volta, raccontando «di un uomo che distrugge la cosa più preziosa che ha, sua figlia», si trova tra le mani il tema della paternità. «Che tocca tutti da vicino perché, se è vero che non tutti siamo padri, tutti siamo, però, figli», riflette il quarantunenne regista veneziano. Per lui mesi di lavoro intenso, tra nuove regie e riprese di spettacoli di successo. «Anche se non sono uno che si affeziona ai suoi allestimenti, raramente li rivedo. E non li considero nemmeno come “figli”, sono la mia visione, una proposta tra le diverse possibili di lettura di un testo».

Resta il fatto, Michieletto, che il suo nome oggi è il più richiesto dai teatri lirici, basta guardare la sua agenda dei prossimi mesi. «Ma riesco ad organizzarmi. Mi butto a capofitto nelle nuove regie mentre quando mi chiedono una ripresa mando i miei assistenti e io arrivo gli ultimi giorni per rifinire il lavoro. Metto in discussione anche ciò che ho fatto in precedenza perché tutto è sempre migliorabile: cerco di non essere autoreferenziale, ma di lavorare per riuscire a comunicare in maniera forte, diretta ed efficace con il pubblico».

Sfogliamo l’agenda, allora. Il 26 aprile a Pistoia, Capitale italiana della cultura del 2017, arriva Idomeneo, opera di Mozart che apre l’ottantesimo Maggio musicale fiorentino.
«Provo a raccontare il passaggio all’età adulta. Il sacrifico che gli dei chiedono a Idomeneo per salvarlo dal mare, uccidere la prima persona che incontrerà tornando a casa, è assurdo. Tanto più che la vittima è il figlio. Rileggo allora la vicenda come il modo che Idamante ha per smarcarsi dal suo essere figlio, per differenziarsi, quasi freudianamente, dalla figura paterna: si libera dai sensi di colpa e trova una sua indipendenza. E alla fine diventa anche lui padre, Ilia partorisce suo figlio che per tutto lo spettacolo ha portato in grembo: la circolarità della vita porta Idamante nella stessa situazione del padre».


Un altro padre è Rigoletto. Il 9 maggio ad Amsterdam debutta la sua nuova, attesissima, regia. Come rilegge il capolavoro di Verdi?
«Partendo dalla fine. Il gobbo impazzisce perché non può sopportare la morte della figlia Gilda e perché capisce che la tragedia è avvenuta anche per colpa sua, per il suo desiderio di vendetta che si è ritorto contro di lui. Tutto avviene in una stanza bianca, quasi un ospedale psichiatrico».

Non proprio la Mantova del XVI secolo del libretto…
«Quando preparo una regia ascolto l’opera e provo a trovare un’idea che renda interessante la storia per il pubblico di oggi. Per Rigoletto mi sono immaginato un flusso di coscienza, è come se gli spettatori fossero nella mente del protagonista che rivive in un incubo le vicende che hanno portato alla tragedia: Rigoletto è sempre in scena – una bella sfida per il baritono Luca Salsi –, evoca situazioni e perso- naggi che diventano la personificazione delle sue ossessioni, tutti vestiti di bianco. Nella partitura c’è la crudeltà di chi ride del dolore altrui, anche se chi soffre è un uomo che per tutta la sua vita è stato ambiguo ed estremo. Per una volta ho lasciato da parte la cronaca per provare ad indagare la mente di un uomo».

Cosa significa per lei essere padre?
«È un’esperienza imprescindibile ed è alla base del mio essere quello che sono: ho due figli di 15 e 9 anni e vivo con entusiasmo questo ruolo che nutre anche il mio immaginario teatrale. Così come lo fa il mio essere figlio: sono cresciuto in una famiglia semplice e armoniosa dove il gioco era parte dell’educazione, molto più dei libri. Forse anche per questo ho fatto il regista, portando questo pezzo della mia vita nella mia professione».

Il gioco è la cifra che caratterizza il Viaggio a Reims di Rossini che dal 14 giugno sarà in cartellone all’Opera di Roma.
«Tutto è un racconto surreale e fantastico ambientato in un museo alla vigilia dell’inaugurazione di una mostra: l’evento è l’arrivo della tela che racconta l’Incoronazione di Carlo X, occasione per la quale Rossini scrisse l’opera. Personaggi reali giocano con strane creature uscite dai quadri. Provo a raccontare in modo scanzonato l’incoronazione, che è poi un’investitura politica. E alla politica di oggi, forse non farebbe male guardarsi con ironia».

A Roma è già prenotato per La damnation de Faust di Berlioz che a fine anno, con la bacchetta di Daniele Gatti, inaugurerà la nuova stagione del Teatro dell’Opera.
«Sono nella fase in cui le idee si affollano in testa. Sicuramente è una sfida che mi affascina perché La damnation de Faust non un’opera scritta per il teatro, tutto è molto simbolico e i personaggi non sono delineati così nettamente come accade nel melodramma. Penso a Faust come a un ragazzo di oggi che vive le crisi, i bisogni e le difficoltà di chi è immerso nella nostra società».

Da dove le vengono le idee per rileggere in modo inedito opere classiche?
«Parto sempre dal libretto e cerco di fare in modo che ci sia coerenza tra le idee che metto nella mia lettura, la storia e la musica. Faccio tesoro delle cose meno riuscite perché è dagli insuccessi che si impara. E parto anche dal non avere troppo ossequio e paura della tradizione. Cosa che comporta anche dei rischi, certo. Ma se non lo si fa si resta paralizzati e non si va da nessuna parte».

Agenda
Un anno ricco di impegni

Nato a Venezia nel 1975 Damiano Michieletto si forma alla Paolo Grassi di Milano. Nel capoluogo lombardo i primi spettacoli per bambini alla Verdi. Oggi è tra i registi lirici più richiesti. Molti gli impegni del 2017. Il più atteso è il Rigoletto di Verdi che il 9 maggio debutta all’Opera nazionale di Amsterdam: sul podio Carlo Rizzi, Luca Salsi veste i panni del gobbo, Lisette Oropesa è Gilda. Scene dello storico collaboratore Paolo Fantin, che ha firmato anche l’Idomeneo di Mozart (spettacolo nato a Vienna nel 2013) in scena dal 26 aprile a Pistoia per il Maggio musicale fiorentino: dirige Gianluca Capuano, il tenore Michael Schade è il re di Creta. Il 14 giugno arriva a Roma il rossiniano Viaggio a Reims con la bacchetta di Stefano Montanari. E a fine anno, dopo aver ripreso in ottobre alla Fenice di Venezia Don Giovanni di Mozart, Michieletto inaugura la nova stagione lirica capitolina con La damnation de Faust di Berlioz diretto da Daniele Gatti.