Agorà

Calcio. Mercato di riparazione: il solito falò delle vanità

Furio Zara martedì 9 gennaio 2018

Alla fiera del calciomercato sognare è un diritto. E per due soldi non si compra nessuno, come dimostra l’iperbolica cifra di 160 milioni che il Barcellona ha messo sul tavolo per assicurarsi le prestazioni del brasiliano Coutinho del Liverpool. È il terzo trasferimento più costoso della storia. Giusto per saperlo: Coutinho verrà blindato con una clausola di 400 milioni. Siamo dalle parti della fantascienza, ma va così. È partita la giostra dei sogni, “venghino signori venghino”. Tutto - o quasi è ancora in ballo, quindi vale la pena ballare sulle punte, a costo di slogarsi le caviglie e incrinare i bilanci societari. Dalle grandi squadre alle provinciali, il mercato di gennaio vale come un’opportunità, anche se quest’anno ci si muove entro il perimetro fissato dal fair play finanziario dell’Uefa.

In serie A come da tradizione è questo il tempo dei progetti abiurati, dei ribaltoni annunciati e delle rivoluzioni sempre in arrivo, da qualche parte. L’obiettivo dell’Inter si chiama Javier Pastore detto “El Flaco”, argentino dal talento cristallino che da anni - dopo l’esperienza di Palermo - si è consegnato ad un’aurea mediocrità, ballando tra le stelle (troppe) del Psg. Ma Pastore costa troppo, non è poi così convinto, per cui Spalletti ha già indicato l’alternativa: è Mkhitaryan, attaccante armeno del Manchester United. Il suo sarebbe un prestito con diritto di riscatto, perché ormai anche al calciomercato funziona così: si paga a rate, dopo un primo periodo di utilizzo. In nerazzurro può finirci anche Ramires, centrocampista brasiliano che gioca in Cina, con lo Jangsu Suning, dice niente quest’ultimo nome? Suning è anche - il proprietario dell’Inter.

A proposito della Cina: i soldi veri girano da quelle parti, come testimonia l’offerta dell’Habei Fortune per Mandzukic: biennale a 15 milioni di euro a stagione. Il Milan deve fare i conti con gli impegni finanziari per 200 milioni fatti la scorsa estate e con le ombre (va da sè: cinesi) sulla solidità patrimoniale di Li Yonghong Li, ma sognare non costa nulla. Per cui - oltre al ritorno dello spagnolo Deulofeu - ecco spuntare un nome eccellente come quello dell’inglese Theo Walcott, che sta per chiudere la sua avventura all’Arsenal dopo dodici anni di militanza con i Gunners. Il mercato si ciba di illusioni, e di quelle ne abbiamo tutti una scorta.

È noto che pochissimi sono i rinforzi veri che arrivano a gennaio, spesso tra l’altro sono i più insospettabili: trent’anni fa il Napoli di Maradona vinse il suo primo scudetto pescando al mercato di riparazione - come si chiamava in quegli anni vintage - un centrocampista riccioluto e anonimo dalla serie B. Giocava nella Triestina, si chiamava Francesco Romano, era il regista che mancava per far funzionare perfettamente l’ingranaggio della squadra di Bianchi. Maradona lo battezzò “La Tota”, come sua madre, perché «sapeva fare tutto e risolveva tutti i problemi». In questi giorni il Napoli ha già bloccato Younes e Ciciretti, spera di convincere Verdi, ha trovato l’accordo per Machach - fin dal nome promette bene: si chiama Zinedine - e porterà alla corte di Sarri l’italianissimo Inglese, (Roberto, classe 1991) prelevato dal Chievo.

Talvolta si spende per il dovere di farlo, strappando brandelli di sogni dall’altrui tappezzeria. La Juventus è a posto così com’è. O no? In casa bianconera si investe a medio-lungo raggio. I bianconeri, che a gennaio di solito comprano poco (l’anno scorso arrivò il solo Rincon, poi rivelatosi un orpello) ora lavorano per strappare Emre Can al Liverpool - ma a giugno - a parametro zero; e nel mirino ci sono i giovani Favilli, al momento in infermeria ma già bloccato per 7 milioni e Pellegri, 17 anni, enfant prodige del calcio italiano che continua, per ora, la sua crescita a Genova, sponda Grifone.

Ma sono due i gioielli italiani in vetrina: Verdi e Chiesa, luci che brillano nella nobile provincia, tra Bologna e Firenze, ma ormai pronti per spiccare il volo, al netto di un’offerta che non dovrà essere inferiore ai 20 milioni. Napoli, Juventus e Inter hanno già staccato il bigliettino per partecipare all’asta che ci sarà, se non a gennaio di sicuro la prossima estate. La Roma - che deve risolvere la grana Nainggolan dopo l’incauto e scemo video con bestemmie incorporate con cui il centrocampista dava mostra di sé a Capodanno - si dedicherà ad operazioni minori, del resto l’indebitamento finanziario di oltre 190 milioni silenzia qualsiasi sogno. Niente colpi ad effetto, meglio puntare su validi mestieranti come Grzegorz Krychowiak, centrocampista polacco in forza al West Bromwich Albion. Mercato in entrata, mercato in uscita.

In serie A ci sono fuoriclasse che fanno gola ai grandi club d’Europa. Il Real Madrid è pronto a fare follie per Icardi, ma Maurito non intende muoversi dall’Inter; e il Psg - agli emiri piace esagerare - sarebbe pronto - usiamo il condizionale perché ci imbarazza il solo pensarlo - a sborsare 170 milioni di euro per il laziale Milinkovic Savic. Intato Lotito porta alla Lazio il difensore Caceres ex Juve e fino a ieri al Verona. La Juventus ha fatto dell’Europa il suo terreno di caccia, ma anche l’ambiente giusto per uno “stage”. Così ha mandato un giovane di belle speranze come Pjaca allo Shalke 04: in bianconero non c’è spazio, meglio farlo maturare altrove per poi riprenderselo (magari pagando poi gli interessi: si chiama autolesionismo all’italiana).

Gennaio è anche il mese delle pretese, rivendicazioni, rinnovi di contratto e ritocchi all’ingaggio. A Madrid il “Penta-Pallone d’Oro” Cristiano Ronaldo batte cassa: già ora intasca 23 milioni l’anno dal Real, ne pretende il doppio, almeno per superare Neymar (30) e avvicinarsi a Messi (45). Pudore, mancanza di umiltà, fantacalcio... La verità è che il calciomercato non fa prigionieri, consuma tutto in fretta, scatena sogni per poi smontarli, brucia abbagli e utopie nel grande falò delle vanità a prezzi scontati, ma neanche troppo. Nel frullatore ci finiscono campioni per dna e brocchi patentati, a tutti si chiede solo di accendere la scintilla di una speranza, anche per una sola sera. È di speranze che si vive. E dire che non siamo ancora entrati nella fase del “Mister X”, ossia del fantasmagorico campione che viene evocato da società, procuratori e fauna varia che si aggira nel variegato mercato del pallone quando tutti i nomi sono stati spesi, ma qualche soldo da spendere resta ancora.