Agorà

Ciclismo. Se il Medio Oriente ora fa un tour tutto suo

Giorgio Bernardelli venerdì 27 aprile 2018

Sfrecciare con una bicicletta da corsa oltre i muri del Medio Oriente. Sarà il sogno impossibile per il 101° Giro d’Italia che venerdì 4 maggio prenderà il via da Gerusalemme; già nella sua lunga marcia di avvicinamento, infatti, la carovana rosa ha toccato con mano il terreno minato del conflitto israelo-palestinese. Eppure non è affatto detto che il sogno di un giro ciclistico che in Medio Oriente non si fermi solo a Israele sia poi così lontano dal realizzarsi. Perché una gara del genere in realtà è già stata messa in calendario per il marzo 2019 e con il sostegno esplicito dell’Unione ciclistica internazionale. L’hanno chiamato “Middle East Peace Tour” ed è il frutto di un’idea dell’ex ciclista austriaco Gherard Schönbacher e dell’israeliano Ido Eindor. Sessantaquattro anni, professionista a cavallo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, negli annali del ciclismo Schönbacher figura per un record singolare: per due anni consecutivi - il 1979 e il 1980 - finì il Tour de France all’ultimo posto, aggiudicandosi quella che i francesi chiamano la lanterne rouge. Finita la carriera è diventato poi un organizzatore di corse in giro per il mondo. E adesso ha lanciato questa nuova sfida: dare vita a una corsa a tappe che attraversi i confini apparentemente impossibili del Medio Oriente.

«Volevamo creare un evento – racconta Gherard Schönbacher – che promuovesse la pace attraverso la partecipazione di atleti di tutte le nazioni presenti nella regione. È un progetto sul quale stiamo lavorando ormai da alcuni anni. E ci rende molto felici vedere che tutte le autorità coinvolte stanno sostenendo quest’idea e ci stanno offrendo il loro sostegno. Lo sport va ben oltre la politica». Insieme a un gruppetto di ciclisti e giornalisti Schönbacher ed Eindor hanno compiuto un test sulle strade dell’ipotetico percorso nella primavera dell’anno scorso. E adesso l’idea sta prendendo corpo davvero. Sul sito internet dell’iniziativa sono infatti aperte le iscrizioni alla prima edizione del Middle East Peace Tour che si terrà dall’8 al 14 marzo del prossimo anno e attraverserà la Giordania, Israele e la Palestina con arrivo a Gerusalemme. Il format sarà quello di una corsa open - aperta cioè a corridori di tutte le categorie. Tecnicamente la gara sarà inserita nel calendario dell’Unione ciclistica austriaca, con il sostegno dell’ambasciata di Vienna; con questo escamotage gli organizzatori puntano evidentemente a bypassare le questioni diplomatiche più delicate legate ai rapporti tra gli Stati. Anche se le federazioni sportive locali sono comunque state ovviamente coinvolte nel progetto e lo stanno sostenendo.

Aperto a uomini e donne di ogni età (ma con graduatorie differenziate a seconda delle categorie dell’Unione ciclistica internazionale) il “Middle East Peace Tour” si propone in tutto e per tutto come un giro ciclistico con altimetrie, tempi, distacchi, classifiche, controlli. È evidente - però che l’aspetto agonistico sarà solo una parte di questa storia e probabilmente nemmeno la più significativa. Perché la forza del progetto sta soprattutto nei luoghi che nell’arco di una settimana si andranno a toccare. La partenza è fissata per la mattina dell’8 marzo ad Amman, la capitale della Giordania: prima tappa d’assaggio con un circuito cittadino di 9,5 chilometri da ripetere sei volte con arrivo già da subito spettacolare davanti all’anfiteatro romano. Già dal giorno dopo si farà sul serio: trasferimento in pullman a Ein Yahav e da lì salita col sole a picco fino a Petra - la splendida antichissima città dei nabatei - con un dislivello complessivo di 1600 metri. Poi terza tappa fino ad Aqaba, sempre in Giordania sulle rive del Mar Rosso: ancora deserto, ma questa volta su un percorso prevalentemente in discesa. Dopo un giorno di riposo il 12 marzo si passerà in Israele: partenza da Eilat e su fino a Mitzpe Ramon, nel deserto del Negev, ripercorrendo al contrario (che però vuol dire in salita) un lungo tratto di quella che sarà la terza tappa del Giro d’Italia 2018. Quinta tappa ancora in Israele con un’altra particolarità del tutto inedita per una corsa ciclistica: per una volta l’arrivo non è fissato su una vetta ma in una località a 400 metri sotto il livello del mare, a Neve Zohar sulle rive del Mar Morto. Aperitivo al gran finale del 14 marzo, l’ultima giornata che è anche quella dal percorso politicamente più significativo. Due le semitappe: la prima - alla mattina - con partenza in Israele earrivo a Gerico, cioè nei Territori dell’Autorità palestinese; la seconda - al pomeriggio - sulle colline sopra Ramallah per arrivare poi a Gerusalemme e passare davanti alla Porta di Damasco (toccando cioè anche quella parte della città al di là della famosa Linea Verde, dove per ragioni di opportunità politica il Giro d’Italia in questi giorni non potrà mettere piede). Il progetto appare dunque molto ambizioso, anche se i punti di domanda non mancano. Non a caso il regolamento prevede tariffe agevolate per i ciclisti che si iscrivono alla corsa entro il 15 giugno 2018; ma poi consiglia anche di sottoscrivere una polizza assicurativa simile a quelle che si stipulano con le prenotazioni dei viaggi. Perché in un posto come il Medio Oriente tante situazioni possono cambiare nell’arco di una manciata di settimane e quindi non si sa mai.

Già il fatto che ci siano delle date e dei percorsi così ben definiti è comunque un fatto importante; come pure la scommessa sull’indotto turistico che le due ruote potrebbero portare in zone ancora poco frequentate dagli amanti della bicicletta. Insomma: le possibilità ci sono; ora sta solo ai politici locali impegnarsi per trasformare in realtà il sostegno promesso a parole e lasciare che il ciclismo diventi davvero un segno importante di pace anche in Medio Oriente.