Agorà

INTERVISTA. Media & politica, gli emuli di Pinocchio

Rossana Sisti giovedì 13 dicembre 2012
​Come si fa a capire quando qualcuno sta ingannandoci? Come si può smascherare la menzogna? Collodi aveva scovato un metodo infallibile: il naso di Pinocchio. Nella realtà però la questione è parecchio diversa. Certo possiamo notare il rossore sul viso di chi sta per imbrogliarci, percepirne l’inquietudine da un gesto delle mani o da uno sbattere di ciglia, ma non “vediamo” la menzogna, come non “vediamo” la verità. «Il fatto è che – spiega Franca D’Agostini, filosofa, e autrice di Menzogna, appena pubblicato da Bollati Boringhieri nella collana I sampietrini (pagine 134; 9 euro) – la verità è invisibile, come la menzogna: ma mentre per la prima è un danno, per la seconda è un evidente vantaggio. Non saprò mai se qualcuno sta mentendo o no, a meno che la persona in questione non confessi, o io non abbia evidenze di prima mano. E anche in quel caso, il mentitore potrebbe convincermi che non ho visto quel che ho visto, o addirittura non sto vedendo quel che vedo. Anche i neuro-scanner, o la “macchina della verità”, non danno alcuna certezza: colgono solo l’emozione che accompagna il mentire».Dunque, nessuna soluzione? Davvero siamo vittime designate degli ingannatori, sempre e comunque? La proposta di D’Agostini è semplice: si tratta di capire come funziona la menzogna, quali sono le sue formidabili risorse, e le sue debolezze. E naturalmente per capire tutto questo è essenziale conoscere il funzionamento del concetto di verità. Ecco dunque il programma del libro: «esaminare la menzogna dal punto di vista della verità».Il primo risultato dell’analisi è l’“asimmetria” tra vero e falso: «Il rovescio della verità ha centomila aspetti e un campo indefinito», sosteneva Montaigne, «se la menzogna avesse una sola faccia saremmo in una condizione migliore». Centomila forse è un numero eccessivo ma certo è che, come spiega D’Agostini, «la verità è una, mentre il non vero ha molti aspetti diversi. In pratica, questo significa che esistono molti modi di mentire: si può mentire dicendo mezze verità strategiche, o approfittando dell’ignoranza o della fiducia di chi ascolta; si può far credere il falso per allusioni, o implicazioni, producendo false tracce, o cancellando le tracce vere». Nel libro i diversi modi di mentire sono esplorati con grande dovizia di esempi, in gran parte tratti dalla nostra esperienza recente (specie italiana). Per esempio la “premenzogna” è una versione dei fatti sviante e pregiudiziale, in cui si intrecciano mezze verità e falsità assolute. Se ripetuta con sufficiente ostinazione questa menzogna “preparatoria”, per così dire, finisce per diventare realtà di riferimento, e di lì in avanti guida e giustifica i ragionamenti dei mentitori tanto quanto quelli degli onesti. «Così funzionano le ideologie, dice D’Agostini, in quelle situazioni di inganno generalizzato che sono i regimi totalitari. Hannah Arendt ha descritto molto bene il meccanismo manipolatorio nazista, come sistematica violazione della “verità di fatto”, a vantaggio di una presunta verità fittizia che descriveva una realtà inesistente: quella degli ebrei come distruttori del benessere del popolo tedesco. Procedono così la costruzione del nemico, gli antagonismi, le avversioni sociali, che «si installano su pregiudizi già attivi in una comunità, e diventano una vera e propria prigione intellettuale e morale».Un tipo particolarmente insidioso di menzogna è poi quella per allusione, o per “implicatura”, come dicono i filosofi. «L’esempio più divertente è suggerito dal filosofo americano Josiah Royce: il capitano di una nave, preoccupato perché il suo secondo ufficiale beve troppo, registra ogni giorno, sul diario di bordo "oggi il secondo è ubriaco"; il secondo legge il diario, e scrive, una sola volta: “oggi il capitano non è ubriaco”. Evidentemente, chi leggeva poteva facilmente dedurne: “oggi no, tutti gli altri giorni sì”. Ecco dunque un modo rapido per dire il vero, lasciando intendere il falso». Nel libro si racconta anche l’aneddoto medievale di Sant’Atanasio, inseguito dai suoi persecutori, che intendono crocifiggerlo: questi non lo conoscono, e incontrandolo gli chiedono «dov’è Atanasio?», e il sant’uomo risponde «non lontano da qui». Astuzia perdonabile, o menzogna bella e buona? «Le vostre reazioni alla storiella denunciano quanto per voi è importante la verità», commenta D’Agostini.Ma perché oggi parliamo tanto di verità e menzogna, sui media, nel dibattito politico, nel linguaggio comune? La ragione è piuttosto semplice, spiega D’Agostini: «In una cultura iper-comunicativa e iper-informativa come è la nostra, diventa più facile comunicare, dunque tanto trasmettere informazioni vere quanto ingannare, fuorviare, manipolare un gran numero di persone. Per questo avere fiducia nella verità e al tempo stesso essere scettici, ossia attenti a evitare di cadere in trappola, devono diventare requisiti essenziali e primari del nostro modo di vivere. In democrazia, come in fondo sapevano i greci, dobbiamo diventare tutti filosofi, cioè essere grandi esperti di verità e non verità».L’idea di D’Agostini è che le risorse non manchino. Perché oggi, spiega la filosofia, stiamo uscendo dall’ondata nichilista che è iniziata nell’Ottocento, e ha dominato il secolo scorso. «La cultura digitale ha messo in grado ciascuno di noi di controllare grandi quantità di informazioni: ci sono dunque le condizioni per una rinascita senza precedenti della funzione-verità, sta a noi saperle usare. Crescita di informazione significa certo crescita del quantitativo di menzogne, ma anche aumento delle possibilità di confronti incrociati, smentite e smascheramenti». Del resto la menzogna da sempre si nutre di verità: il mentitore ne ha bisogno per conoscere le sue vittime, il contesto in cui agire, il linguaggio da usare… E prima o poi quel vero di cui deve servirsi gli si rivolta contro. Questo fa ben sperare. La frase di Hölderlin «lungo è il tempo, ma il vero avviene», secondo D’Agostini si può proprio intendere così: ogni vantaggio acquisito dal mentitore può trasformarsi, alla lunga, in un vantaggio per la verità.