Agorà

Scienza. Ma su Marte si poteva vivere?

Franco Gàbici martedì 10 dicembre 2013
Se la cometa Ison ci ha lasciato tutti con un palmo di naso, consoliamoci con Marte, un pianeta che non delude mai e che ha sempre stimolato la fantasia con la vecchia questione se il “pianeta rosso” in tempi lontani abbia o no ospitato la vita. E sull’argomento scende oggi in campo la prestigiosa rivista “Science” con sei articoli presentati in una conferenza stampa a San Francisco nel corso del convegno dell’Unione Geologica Americana. La notizia, detta in poche parole, sarebbe questa: su Marte sono stati trovati tutti gli ingredienti della vita. Ma andiamo con ordine e facciamo un salto indietro di poco più di un anno e riportiamoci ai primi di agosto del 2012 quando “Curiosity”, il robot-laboratorio della Nasa, si posò sul suolo marziano per raccogliere elementi per studiare l’habitat di questo pianeta sempre molto chiacchierato. Il robot, un gingillo di circa una tonnellata di peso, si mise immediatamente all’opera e già il bilancio del primo anno di lavoro effettuato lo scorso agosto fu più che soddisfacente. Durante il suo viaggio verso Marte, ad esempio, “Curiosity” aveva monitorato la radiazione cosmica fornendo preziosissime informazioni sull’ambiente che dovranno affrontare eventuali astronauti in viaggio verso il “pianeta rosso”. “Curiosity”, inoltre, aveva anche rilevato l’assenza o quasi di metano nell’atmosfera marziana e già aveva anticipato la notizia, oggi su tutti i giornali, annunciando l’esistenza di un ambiente “potenzialmente” abitabile nella baia di Yellowknife, una zona del cratere marziano Gale che un tempo ospitava un lago dalle “acque fresche” e con un grado di acidità relativamente neutro e una bassa salinità. Il gruppo di David Vaniman dell’Istituto di Scienze Planetarie di Tucson ha analizzato le rocce sedimentarie che “Curiosity” aveva estratto perforando il suolo marziano (chiamate “John Klein” e “Cumberland”) ed è riuscito a datare l’età del lago. In un primo tempo, infatti, si era stabilito che le rocce risalissero a quasi 4 miliardi di anni fa, vale a dire al periodo più antico del pianeta (detto Noachiano) mentre le ultime analisi lo fanno risalire all’Esperiano, fra 3.5 e 1.8 miliardi di anni fa. Altri dati fanno supporre che questo lago potrebbe essere esistito per decine di migliaia di anni o forse anche per centinaia di migliaia di anni. Ma l’aspetto più interessante è che il robot ha scoperto l’esistenza di carbonio, idrogeno, zolfo, azoto e fosforo, vale a dire tutti componenti indispensabili per la vita. «Siamo dunque in grado di dimostrare, scrive John Grotzinger del Caltech, che il cratere Gale ospitava un antico lago con caratteristiche adeguate a supportare una biosfera marziana basata sui chemiolitoautotrofi», dove con questo termine è indicata una categoria di microrganismi molto semplici in grado di trarre dai minerali l’energia necessaria per la loro sopravvivenza. Attenzione, però, a non prender lucciole per lanterne come spesso capita quando ci si trova di fronte a notizie di questo genere. Nessuno degli articoli pubblicati su “Science”, infatti, fornisce “prove dirette” dell’esistenza di forme di vita su Marte, ma viene posto l’accento che per la prima volta sono stati rintracciati su Marte tutti gli elementi necessari all’esistenza di microrganismi molto semplici, del tipo di quelli che si trovano anche sulla Terra all’interno di grotte o nelle sorgenti idrotermali. Concludendo, da qui a dire che su Marte hanno scoperto la vita ce ne corre. Ma intanto accontentiamoci di questa notizia e aspettiamo la prossima fase dell’attività di “Curiosity”, che continua nel frattempo le sue indagini. L’analisi di altre rocce potrebbe fornire la chiave per affermare che su Marte c’è stata vita.