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NUMERI & FEDE/7. L’infinito è logico? L’aritmetica dice di sì

di Luigi Dell'Aglio domenica 13 gennaio 2008
La matematica permette di indagare con successo gli aspetti logico- razionali del­la realtà. «Offre alla scienza il modo di scoprire, ad ogni passo, straordinarie strutture logiche nell’universo, che fanno luce su armonie inattese e mostrano le­gami profondi fra fatti e feno­meni che a volte ci sembrano del tutto estranei fra loro. Chi crede, chi ha già fatto qualche passo nel cammino della fede, non trova contrasto fra questi ri­sultati scientifici e la propria fe­de, ma anzi un’armonica, bellis­sima consonanza. La matemati­ca ci costringe ad alzare lo sguardo: per ogni problema ci fa cercare una logica che lo inqua­dri e ne renda conto. E questo porta a prospettive impreviste e sempre più elevate» . È il pensie­ro del professor Antonio Mari­no, ordinario di Analisi matema­tica all’Università di Pisa. Mari­no si rifà a Ennio De Giorgi, uno fra i maggio­ri matemati­ci del ’ 900. De Giorgi a­veva messo in risalto u­no degli a­spetti più sorprendenti della scienza di Pitagora e di Euclide: «… per stu­diare le cose più concrete, bisogna passare attraverso la riflessione su con­cetti che sembrano superare la nostra esperienza sensibile». Tramite la matematica, dun­que, la scienza ci può spiegare l’Universo? «La matematica è lo strumento logico che permette di studiare ' come' si svolgono certi feno­meni. Quando si dice che la Scienza spiega il "come" e il "perché" delle cose, bisogna sta­re attenti ai termini: in sintesi la scienza dice il "come" ma non il "perché". Per fare un esempio, consideriamo la forza di gravità: alla base dell’analisi scientifica classica dei fenomeni che ricon­duciamo al concetto di forza di gravità, abbiamo la legge di gra­vitazione universale e la legge fondamentale della dinamica newtoniana. Entrambe sono formulate in termini matemati­ci, anzi Isaac Newton inventò apposta – a modo suo e in con­correnza con Pierre Simon de Laplace – gli elementi fonda­mentali di quello che chiamia­mo ' calcolo differenziale', sen­za il quale le leggi della dinami­ca non possono essere espresse e direi nemmeno pensate». Che cosa ci dice questo esem­pio? «Anzitutto il fenomeno che con­sideriamo ha una struttura logi­co- razionale che ci permette di studiarlo, così razionale da essere esprimibile solo in termini matematici. In secondo luogo, grazie a questa analisi fisico­matematica, possiamo dire "co­me" si comportano due corpi "dotati di massa" esposti alla re­ciproca attrazione ( il Sole e la Terra o la Terra e una mela, co­me quella mitica che sarebbe caduta sulla testa di Newton). La scienza ci dice "come", con qua­li leggi, certi fenomeni si svolgo­no, almeno dal punto di vista che lo scienziato di volta in volta si propone. E quelle leggi, espri­mibili solo in formule logico­matematiche, permettono alla scienza di svolgere un suo com­pito essenziale: fare previsioni, a volte deterministiche a volte solo probabilistiche. In questo senso diciamo che la scienza "spiega"». Ed è sufficiente? «La scienza getta sguardi lumi­nosi sull’universo. A volte è in grado di ricondurre tante leggi particolari ad una più semplice legge generale. E questo è un al­tro bellissimo scorcio sulla ra­zionalità del creato. Ma il pro­blema del vero "perché" resta: perché Terra e Sole si attraggo­no? Cioè, perché esiste quella legge fisica? Perché esistono le leggi fisiche? O se si vuole: per­ché è possibile organizzare parti della nostra conoscenza in for­mule logiche senza le quali gli oggetti stessi non sono nemme­no concepibili? Questa doman­da è filosofica e non ammette ri­sposte scientifiche, non nel sen­so rigoroso della scienza di oggi. Tanto meno trova risposte defi­nitive sul piano strettamente lo­gico perché ogni sistema logico parte da assiomi "ragionevoli" ma non dimostrati. La risposta dipende della proprie inclina­zioni. Si può ad esempio dire che quella razionalità la inven­tiamo noi ma non c’è davvero, o altre cose, ma non si tratta di af­fermazioni scientifiche. Qualcu­no dice che è inutile porsi do­mande alle quali non è possibile rispondere». E come risponde chi crede? «Trova completa armonia fra la propria fede e il fatto che la mente umana possa cogliere la razionalità nel creato, dato che li pensa entrambi frutto di quello che potremmo chiamare il pen­siero creatore di Dio. Direi che in questo universo logico sem­bra di scorgere un aspetto del Logos che pervade il creato, qualcosa dell’intelligenza del linguaggio, del Verbo: quell’ar­monia logica che si scopre nello studio di un problema e condu­ce poi essa stessa a fare nuove congetture e nuove scoperte. Ma mi sento di dire che tutti gli stu­diosi, di qualunque credo o cul­tura, sono accomunati dalla me­raviglia per l’orizzonte scientifi­co che loro si prospetta, e avver­tono il senso di una comune im­presa. Nell’ambito scientifico non trovano posto contrapposi­zioni filosofiche o religiose». La matematica fa uso del con­cetto di infinito nella pratica quotidiana. Come le riesce pos­sibile? «La matematica fa un uso quasi costante dell’insieme infinito dei numeri. Il calcolo differen­ziale e il calcolo integrale ( il "calcolo infinitesimale") sono fondati sull’intero insieme infi­nito dei numeri. Ora gli studi sull’infinito matematico hanno portato a scoperte assai sor­prendenti, che sembrano con­trastare il senso comune, fra i quali un incredibile risultato: in parole assai grossolane, quale che sia il nostro progresso, l’in­sieme infinito dei numeri natu­rali ( 0,1,2, ... ) mantiene e man­terrà sempre qualcosa che non possiamo compiutamente e­sprimere in modo formale. Ep­pure la matematica si fonda sul­l’uso di questo infinito». È questa la risposta all’enigma? «La risposta è solo una ragione­vole fiducia. In questo campo come in tutta la scienza. Ogni studioso compie un atto di fidu­cia a priori: egli studia un qual­che aspetto dell’universo, fidan­do in un’organizzazione razio­nale della natura, in un suo mo­do di essere esprimibile con del­le leggi, e anche nutrendo fidu­cia nella capacità di conoscere dell’uomo. È un altro elemento di un comune percorso, nel qua­le sono coinvolte non solo le qualità strettamente logico- ra­zionali dello studioso, ma altre, forse tutte, le facoltà del suo es­sere persona pensante».