Agorà

L’ultimo inganno del reality. Poveri ragazzi del «GF»: sei mesi da reclusi per credersi vincitori

Mirella Poggialini martedì 19 aprile 2011
Chi abbia vinto ieri sera, dei quattro superstiti dei trentacinque ospiti che hanno vissuto nella undicesima casa del Grande Fratello, non è – anche se a qualcuno potrà sembrare strano – il fatto più significativo di questa edizione, che appariva ormai decotta e che gli sforzi di squadra di molti altri programmi di Mediaset hanno ricondotto, in questi ultimi mesi, al successo di pubblico. Quello che conta è che un gruppo di aspiranti alla fama, al successo e al denaro – il premio di 300.000 euro – abbia resistito a una carcerazione «record» per la tv (183 giorni, cioè 4392 ore, 263.520 minuti, 15.811.200 secondi) con una tenacia degna di miglior causa, segno di una esasperazione del desiderio di notorietà e quattrini in grado di far accettare qualunque sacrificio. E davanti a questa prigione lussuosa, ma comunque serrata, il pubblico via via è stato coinvolto, anche tramite una rete astuta di interventi mattutini e pomeridiani in altri programmi, nei litigi e nelle cosiddette passioni dei protagonisti del gioco: pronti a interpretare, con la massima accentuazione possibile, ardori repentini e tradimenti focosi, secondo un copione di maniera che ha colpito evidentemente in modo trasversale molti spettatori "emozionabili", sedotti dai toni forti e da tanto finto «romanticismo».Mediaset ed Endemol adesso fanno finta di niente, ma questo GF 11 si è caratterizzato per un altro pessimo primato, quello delle bestemmie, di cui si è costellata l’edizione. Bestemmia come parte del linguaggio corrente, come volgare esposizione di un temperamento che si esprime attraverso la violenza e la sguaiataggine: e quindi segno di un modo di essere, di vivere e di esprimersi in cui affonda ogni principio di civiltà e di dignità. Non è un bel mondo, quello dei "giovani" che il GF 11 ci ha presentato con insistita sollecitazione: in questi sei mesi abbiamo visto un mondo squallido e spento, malgrado villanzoni a iosa, urli e scenate, rabbie finte o vere e patetiche imitazioni di sentimenti autentici.Un mondo purtroppo che alcuni considerano «d’esempio» e che da certe scene traggono ispirazione e legittimazione. La trasgressione – come violenza o rifiuto, offesa o provocazione – appare così come una conquista di libertà: quella di bestemmiare, per esempio, o di intrecciare meschini rapporti che offendono il senso dell’amore e lo riducono a squallida macchietta o a patetica parodia di tragedia. Stupisce, in fondo, che tanti se ne coinvolgano: che malgrado una diffusa ostentazione di sicurezza molti siano attratti e conquistati dalla recitazione sopra i toni dei concorrenti-attori.«Se un programma va bene, è giusto proporlo», è stato detto. Ma le dinamiche del gruppo, le tensioni che esprime, l’esasperazione dei toni e dei modi con i quali i rapporti si rappresentano sono forme deviate del convivere e non lasciano in chi assiste alcun messaggio positivo. A meno di volersi illudere che una trita storia di occasionali e imbarazzanti coppie multiple sia davvero un prodotto tv di cui andare fieri.