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Musica. Longobardi: «Nel canto degli uccelli di Messiaen la meraviglia del creato»

Alessandro Beltrami giovedì 5 novembre 2020

Olivier Messiaen nella sua casa di Petichet, 1980 circa

Tra il 1956 e il 1958 Olivier Messiaen lavorò a una raccolta monumentale per pianoforte, Catalogue d’Oiseaux. Negli anni precedenti, nel corso di spedizioni sul campo, aveva raccolto e trascritto centinaia di canti d’uccelli, in parte confluiti nei 13 pezzi, ciascuno dei quali è dedicato a uno uccello di una particolare provincia francese. Il canto è calato nel suo ambiente con le caratteristiche atmosferiche, paesaggistiche, colori, temperature, profumi, lo scorrere del tempo, oltre agli altri uccelli che completano l’habitat.

I sette libri del Catalogue insieme ai successivi La Fauvette des jardins (1970) e Petites esquisses d’oiseaux (1985) sono i protagonisti di tre concerti del pianista Ciro Longobardi che domani (ore 20.30), sabato (ore 18) e domenica (ore 12) eseguirà l’integrale della “musica ornitologica” per pianoforte di Messiaen, per la prima volta in Italia, in diretta streaming dal Teatro Valli di Reggio Emilia per il Festival Aperto. Il live di Longobardi (in diretta sul sito iteatri.re.it e sui canali YouTube e Facebook) “completa” quindi la sua incisione del Catalogue d’Oiseaux per Piano Classics, vincitrice nel 2019 del prestigioso Premio Abbiati.

Maestro Longobardi, il suo approccio alla scrittura di Messiaen appare spesso molto personale rispetto a quello di altri pianisti, anche specializzati nella sua opera. Che tipo di percorso ha fatto?

«Non mi sono posto particolari problemi di confronto. Certamente ho ascoltato l’interpretazione di Yvonne Loriod, moglie di Messiaen e sua prima interprete. Il mio approccio ha come valore primario la chiarezza. In linea di massima la musica di Messiaen è estremamente chiara nelle intenzioni. Potremmo dire che è persino sovrabbondante nelle indicazioni, dal punto di vista dei commenti testuali che da quello prettamente musicale. Se si riesce a seguirla ecco che si sottolinea la diversificazione timbrica su cui è strutturata. Si tratta di renderla senza fronzoli, in aderenza alla unità della forma».

Nel Catalogue Messiaen si pone la sfida di rappresentare gli uccelli nel loro habitat. Il risultato non è però quello che potremmo definire “musica impressionista”. Che “ecosistema musicale” è quello di Messiaen?

«Sicuramente il debito con Debussy e Ravel è percepibile ma non si tratta di musica impressionista o simbolista. E neppure a programma, per quanto le indicazioni di tipo ambientale siano numerose. Approcci di questo tipo possono fuorviare l’ascolto. Questa musica va molto al di là. Io credo che la risposta migliore l’abbia data uno degli interpreti di Messiaen, Peter Hill. Secondo il pianista e musicologo inglese, in queste partiture Messiaen fotografa il momento di passaggio dalla osservazione della natura all’immagine interiore».

La fede cattolica in Messiaen è centrale e coessenziale alla musica stessa. Nella musica ornitologica è però meno evidente rispetto a brani esplicitamente religiosi. Dove e come è possibile riconoscere questo elemento?

«Messiaen considera gli uccelli come i più importanti musicisti creati da Dio sulla terra. Mi sembra però che l’aspetto del suo “credo” nel Catalogue resti più a monte. Resta invece ben percepibile sotto forma di stupore nei confronti del creato. Nella complessità del linguaggio Messiaen mantiene un aspetto quasi naïf, l'incanto di un bambino. È come se dicesse: “guardate un po’ qui, ma come è possibile questa bellezza?”».

Il Catalogue d’Oiseaux viene redatto alla fine degli anni ‘50. La centralità e la profondità del rapporto con la natura da una parte è estremamente insolito per la cultura, non solo musicale, di quegli anni, dall’altra rende questa partitura singolarmente attuale.

«Messiaen allora ebbe notevoli problemi, l’ambiente musicale non capiva questa passione per il canto degli uccelli. Brani per pianoforte e ensemble orchestrale come Réveil des oiseaux e Oiseaux exotiques venivano accolti con scetticismo e indifferenza. Questo definitivo abbracciare l’osservazione della natura, benché si possa riscontrare in nuce nelle musiche precedenti il conflitto mondiale, fu intrapreso per superare un periodo di crisi alla fine degli anni 40. I suoi allievi, che comprendono i principali esponenti della “nuova musica”, da Boulez a Stockhausen, lo incalzavano e lo spingevano a definire il suo ruolo nell’ambito delle avanguardie. La risposta di Messiaen si è rivelata profetica, dal punto di vista culturale e da quello più strettamente musicale. Questo linguaggio può essere un’indicazione per la musica del futuro. Non è un caso che a differenza di quella di colleghi e allievi, la sua sia viva oggi nelle sale da concerto».