Agorà

L'analisi. L'omaggio del Papa a Rafael Tello, teologo incompreso

Stefana Falasca domenica 26 aprile 2015
«È stato un uomo di Dio, inviato ad aprire strade… Come ogni profeta è stato incompreso da molti del suo tempo… Oggi, in questa Facoltà che tanto deve al suo ex professore, voglio fare memoria grata della sua vita, che è stata un dono di Dio alla nostra Chiesa». Sono le parole pronunciate il 10 maggio 2012 dall’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, alla Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica dell’Argentina per la presentazione del libro di padre Enrique Ciro Bianchi sulla teologia di Rafael Tello. Seppure teologo poco conosciuto e per molti anni appartato dall’attività pubblica, Rafael Tello, fautore di una teologia eminentemente pastorale, al servizio dell’evangelizzazione, anzi, di una «ricerca di una teologia pastorale che sia pratica e realista», è oggi riconosciuto come uno dei pensatori più originali, creativi e fecondi non solo della Chiesa argentina. Ricordando la sua attività come perito teologo della Commissione episcopale di pastorale (Coepal) che nel 1969 propose una pastorale popolare intesa come azione della Chiesa che evangelizza a partire dal popolo stesso, Bergoglio rilevava le sue innumerevoli iniziative pastorali tra le quali la più nota e che prosegue tuttora: il pellegrinaggio giovanile al santuario mariano di Lujàn. Evangelizzare a partire dal popolo, vedere il popolo come soggetto della storia immerso in un processo storico, assumerne la cultura, optare per la centralità dei poveri, sono le linee della ricerca teologica di Tello, che, come afferma Enrique Bianchi «erano quelle di un uomo intriso di sapienza evangelica che sapeva pensare le cose della vita alla luce dell’amore e dell’azione salvifica di Dio» e si può in sintesi dire che se «l’intenzionalità fondante della sua riflessione teologica è quella di comprendere come Dio si manifesti nella vita del popolo latinoamericano», ciò significa «cercare la pastorale che Dio vuole per l’America latina». Una intenzionalità che si riflette nel pensiero di Bergoglio: «Tello cercò fedelmente strade per la liberazione integrale del nostro popolo portando fino in fondo la novità evangelica senza cadere nei riduzionismi ideologici… ha saputo farlo coniugando slancio profetico con l’adesione ferma alla sana dottrina, aprendo molte vie che oggi percorriamo». Bergoglio ha interiorizzato molte delle intuizioni teologiche di Tello. Lo mostrano chiaramente queste considerazioni e si ritrovano in certi passaggi dell’Evangelii gaudium, compresa la coincidenza nella pietà mariana, seppure egli non viene esplicitamente nominato. Sono intuizioni che si dispiegano nella cornice di un proprio tratto di pensiero. Bergoglio aveva conosciuto il padre Tello a 17 anni. Uno degli ultimi incontri con lui avvenne un mese dopo la sua nomina a arcivescovo di Buenos Aires. Parlarono lungamente. La relazione Tello-Bergoglio si comprende particolarmente nella corrispondenza che intrattennero. Pochi mesi prima di morire a Luján, il 20 gennaio 2001 Tello aveva scritto queste parole al neoarcivescovo di Buenos Aires: «Per me, il problema più grande della Chiesa argentina è come arrivare a questa immensa maggioranza di cristiani cui la Chiesa istituzionale non ha presa. Credo che tu abbia una missione provvidenziale di iniziare una riforma nella Chiesa (Buenos Aires? Argentina? Più in là? Io non so). Chiedo a Dio che tu possa compierla».