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SCIENZE. La nube nera uccide i ghiacciai

Luigi Dell’Aglio sabato 2 aprile 2011
Non c’è solo il mastodontico inquinamento industriale di Cina e India a produrre la brown cloud, la «nube scura» che, vista dai satelliti, è una minacciosa spirale incombente sul Sud-Est asiatico e l’Oceano Indiano. Anche la povertà, dura a scomparire, contribuisce notevolmente ad alimentare questo "serpentone" che è una concausa del riscaldamento del pianeta. I climatologi stanno infatti studiando il comportamento di almeno 150 milioni di famiglie indiane che, nelle campagne, per cucinare il cibo sono costrette a bruciare legna e sterco secco. Spiega il professor Sandro Fuzzi, dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, che fa parte del Cnr e ha sede a Bologna: «Nell’incalcolabile numero di rudimentali focolai domestici, la combustione è assai poco efficiente, il fuoco fa molto fumo ed emette una grande quantità di particelle di carbone che, trasportate dal vento, vanno a depositarsi sui ghiacciai himalayani. A 5000 metri di altezza, nella stagione pre-monsonica, cioè nei mesi di marzo, aprile e maggio, la concentrazione di particelle carboniose e di polveri è molto consistente, e si può paragonare a quella che affligge le metropoli inquinate dal traffico. Complice la nube, i ghiacciai di alta montagna si coprono di una coltre nera e assorbono maggiormente la radiazione solare. Di conseguenza, si sciolgono e si ritirano». Il professor Fuzzi è stato chiamato a collaborare alla stesura dell’atteso V Rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental Panel for Climate Change), il massimo consesso mondiale sui cambiamenti del clima,  che verrà pubblicato nel 2014. Sullo stesso tema cruciale, l’esperto del Cnr interverrà al seminario che si tiene da oggi a lunedì in Vaticano, alla Pontificia Accademia delle Scienze, e che mette a fuoco la questione con un titolo suggestivo: «Il destino dei ghiacciai di montagna nell’Antropocene». Professor Fuzzi, il Nobel Paul Crutzen afferma che i grandi ghiacciai dell’Asia si ritirano in modo allarmante. A quale ritmo stanno perdendo massa?«I dati sono variabili nelle diverse aree del pianeta, ma la tendenza a una diminuzione della massa dei ghiacciai è un fatto. Questo fenomeno sta interrompendo il rapporto fra l’uomo e l’acqua. Si tenga conto del fatto che i ghiacciai dell’Himalaya e del Karakorum riforniscono di acqua due miliardi di esseri umani, un terzo della popolazione del globo. Anche i ghiacciai di alta montagna che si trovano sulle Ande e sulle Alpi, sono una fonte importante di acqua, rispettivamente in Sud America e in Europa. Perdere questa fonte essenziale sarebbe un enorme danno».Il riscaldamento del Pianeta non rallenta?«Il global warming è in atto da un centinaio d’anni, ma si è accentuato dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’accelerazione maggiore si registra da alcuni anni a questa parte, come già riportato nel IV Rapporto Ipcc, pubblicato nel 2007». I ghiacciai sono il simbolo della vulnerabilità del sistema Terra, esposto a una molteplicità di rischi, fra i quali le inondazioni... «Occorre considerare che, a causa del riscaldamento globale, negli avvallamenti creati in aree montane dallo scioglimento dei ghiacciai si formano laghi non permanenti, definiti effimeri. Questi bacini sono suscettibili di svuotamento improvviso per la rottura dei fragili sbarramenti di ghiaccio o morena che li contengono, con possibili rovinose conseguenze a valle».  La nube scura ha prodotto effetti in Asia?«Premettiamo che la brown cloud non è una nuvola tradizionale, fatta di minuscole particelle di acqua o di ghiaccio. In India e nell’Oceano indiano la nube scura ha fatto diminuire le piogge monsoniche e la produzione di riso (del 15% circa). Una brown cloud è sospesa anche sulla Pianura Padana; non è prodotta da focolai domestici come quella asiatica, ma da un intenso sviluppo di industrie, traffico e biomasse. E staziona su una grande valle chiusa, una delle aree più inquinate d’Europa».Lei è giunto pochi giorni fa dal Nepal. L’Italia è presente lassù con una stazione di rilevamento in primissima fila...«A 5079 metri sul ghiacciaio del Khumbu, non lontano dal campo base dell’Everest, la Nepal Climate Observatory Pyramid, considerata "stazione globale" dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale, è un avamposto di assoluto prestigio scientifico. Effettua misurazioni in continuo, raccoglie i dati e li trasmette via satellite all’Istituto Cnr di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, presso il quale vengono analizzati. Il 6 aprile partirà una spedizione scientifica diretta in Nepal. Un contributo sostanziale è assicurato da alcuni ricercatori e studenti nepalesi. Li coinvolgiamo nel progetto perché s’impegnano con molta passione, sono preparati e hanno una capillare conoscenza del territorio».