Agorà

Tendenze. La musica cristiana è un fenomeno Reale

Angela Calvini sabato 6 giugno 2020

I Reale

Un disco di christian music italiana a un passo dallo scalzare Lady Gaga dal podio della top ten. Quasi non credevano ai loro occhi i Reale, una delle più popolari band di rock cristiano del nostro Paese, quando il Greatest Hits che festeggia il loro decennale alla sua uscita pochi giorni fa ha raggiunto la seconda posizione nella classifica degli album più venduti di Amazon Music, dietro appunto a Chromatica della popstar americana. «Itunes, invece, per una scelta commerciale, ha deciso di non metterci nella pagina delle novità, ma comunque abbiamo esordito al 33mo posto della loro classifica grazie all’amore della gente» ci racconta con orgoglio e un pizzico di amarezza Alessandro Gallo che, insieme alla moglie Federica Cadorin ha fondato una decina di anni fa i Reale («perché persone reali» ci dicono) composti oggi anche da Luca Giurisato (chitarra elettrica), Francesco Lora (chitarra elettrica), Diego Rubiliani (basso), Dario Minazzo (batteria), Marco Vergnano (sax). Ma non c’è da sorprendersi del successo di una band che, grazie alla propria coerenza e al tam tam, ha macinato centinaia di concerti, passando dagli oratori ai palasport per cantare la fede. A festeggiare il decennale, è uscito il 3 giugno Migliore, il nuovo singolo dei Reale, disponibile su tutti gli store (etichetta discografica DiPeso Records, distribuzione digitale Believe). Il singolo è l’unico inedito del Greatest Hits in cui è inserito. Ventitré brani, rimasterizzati, che ripercorrono la storia della band, trainati dal singolo, nato nel periodo di isolamento Covid.

È già su youtube il videoclip ufficiale di Migliore a cui hanno partecipato molti amici come Nek, Saturnino, Giusy Buscemi, Ziza Fernandes, don Davide Banzato, don Alberto Ravagnani, Sermig, The Sun e molti altri. «La canzone è nata da una idea di mio figlio tredicenne, Samuele, che ascoltando la demo del singolo mi ha detto: carina, ma nessuno della mia età la ascolterà mai, dovete essere più moderni! – spiega sorridendo Alessandro – Così abbiamo praticamente prodotto la canzone insieme a lui. Ha un sapore pop/indie elettronico decisamente diverso da quello a cui abbiamo abituato la gente. Migliore è un elenco di oggetti, azioni, riflessioni e nuove consapevolezze che ci hanno accompagnati in questo periodo particolare; un inno alla voglia di ricominciare, di rialzarsi, sempre». La voglia di ricominciare ha salvato tanti anni fa Alessandro e Francesca. Allora 18enni, i due si conobbero mentre affrontavano un percorso di riabilitazione nella Comunità Cenacolo di Madre Elvira, dove entrarono, sul finire degli anni 90, per problemi di tossicodipendenza. «Io sono di Padova e Francesca di Castelnuovo don Bosco – aggiunge Alessandro, oggi 38enne –. Ho corso tanto per i centri sociali del Triveneto, dove esisteva un fermento musicale bellissimo, ma lo sballo si confondeva con la creatività nei primi anni 90: io adoravo il grunge e i Nirvana e sognavo di diventare qualcuno nella musica, ma mi sono perso. Mia moglie, invece ha riscoperto il dono del canto nel coro della comunità, per intuito di suor Elvira che per noi è una seconda mamma. La prima provvidenza sono le vostre mani e i vostri doni, ci spiegava. Tornare alla musica è coinciso con la conversione, nel fidarsi di un Dio molto concreto».

Sempre su invito di suor Elvira, Alessandro ha provato a scrivere di nuovo canzoni, cantando la sua nuova realtà. «I miei bisogni e le mie priorità erano totalmente cambiati – spiega –. Non avevo più bisogno del successo, avevo voglia di pace. E’ il volto di Gesù quello di cui mi sono innamorato, il volto di un giovane di 33 anni che ha spaccato la storia. Tutti i giorni lo devi scegliere e la musica è l’arma che Dio ci ha dato per la salvezza». Qui nasce il progetto dei Reale: fare musica di qualità ma che parli di fede in maniera esplicita e della quotidianità attraverso gli occhi di chi crede, portare cioè il messaggio cristiano nelle playlist, nelle radio e nella quotidianità della gente, con qualità, rispetto e coerenza. In 10 anni con la sola forza del passaparola e della loro forza comunicativa, dei loro live coinvolgenti, la band diventa una realtà musicale concreta che attraversa anni di tournée che sfiorano anche le 90 date annuali in tutte le città d’Italia, in palasport, teatri e piazze, 5 album (di cui Travolgimi del 2018, 1° nella classifica generale iTunes), e la fondazione di una etichetta indipendente.

Il leader dei Reale però si rammarica che la realtà della christian music in Italia sia snobbata se non, addiruttura, boicottata. «Ci sono dei gruppi storici americani che vendono milioni di dischi cantando i Vangeli e nessuno si permette nel resto del mondo di non considerarli. C’è da lavorarci tanto in Italia, è un fattore culturale. Noi vorremmo che valesse la qualità musicale e il nostro sogno sarebbe vedere sullo stesso palco i big della canzone italiana e le band di christian music, senza distinzioni» aggiunge Alessandro. Che insieme a Francesca di gavetta ne ha fatta davvero tanta: usciti dalla comunità hanno lavorato come operai a Torino, con i timori di non farcela quando arrivò il primo dei loro due bambini. Invece la Provvidenza arrivò con la registrazione casalinga di un cd con le canzoni scritte in comunità, regalato a pochi amici per Natale. Da lì, riprodotto a loro insaputa, il disco fece il giro delle parrocchie: dopo un anno vennero contattati da un sacerdote per un concerto e si ritrovarono a suonare davanti a 3000 persone. Di lì i Reale non si sono più fermati, sino ad arrivare ad esibirsi per papa Francesco nel 2015 all’happening degli oratori a Torino. Solo il coronavirus ha bloccato per il momento i concerti. «La nostra è una professione al servizio di una missione trasversale, siamo chiamati dalle parrocchie, dalle associazioni, dalle assemblee di istituto – conclude Alessandro – . Noi cantiamo Dio in ogni canzone, lasciando libero l’ascoltatore, e siamo molto apprezzati anche da atei e da appartenenti ad altre confessioni religiose. In Italia, se c’è veramente democrazia, si dovrebbe anche poter cantare la propria fede. Altrimenti manca un pezzo di libertà».